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Il declino di Molfetta ha nome inciviltà
15 settembre 2017

Un’estate è nuovamente trascorsa e il viaggio attraverso la Puglia, nella nostra regione ormai consacrata tra le mete turistiche maggiormente di moda in Italia, mi ha offerto l’occasione per riflessioni alle quali ora intendo dare voce, in queste poche righe. La Puglia ha saputo bene capitalizzare i suoi tesori. Non solo centri come la suggestiva Alberobello, Ostuni, la città bianca dagli scorci mozzafiato, Polignano con l’incanto della scogliera, ma anche le città a noi più vicine sembrano trasfigurate. Il passeggio a Giovinazzo, città che colpisce, oltre che per le considerevoli bellezze, anche per la cura della pulizia, si rivela molto piacevole; Bisceglie ha puntato considerevolmente non solo sugli aspetti balneari, ma anche culturali e appare, nel complesso, una bella cittadina. Molto si potrebbe anche dire della “perla dell’Adriatico”, Trani. Spostandoci nel Salento, citerò l’esempio di Brindisi, profondamente mutata nel nuovo millennio: un profilo più signorile, lo scenario del lungomare Regina Margherita che risalta con eleganza, accanto ad alcuni simboli della città, la Scalinata virgiliana e il Monumento al Marinaio. In tutto questo, è triste dirlo, si ha l’impressione che Molfetta rimanga tristemente ai blocchi di partenza. Sarebbe troppo facile colpevolizzare le amministrazioni che si sono succedute nel tempo. Comodo, perché ci assolverebbe tutti e convoglierebbe sdegni e filippiche verso la classe politica e ci esenterebbe da un esame di coscienza. La verità è che finché i molfettesi non ameranno realmente la loro città, questa, pur vantando gemme d’arte e un patrimonio naturalistico che nulla avrebbe da invidiare ai centri vicini, non potrà seriamente candidarsi a meta turistica. Se dopo aver passeggiato per le vie di Alberobello o aver ammirato il panorama ostunese, un molfettese, tornato in città, volesse ricrearsi con una bella passeggiata sul Lungomare Marcantonio Colonna, il risveglio sarebbe ben amaro. Bottiglie, escrementi canini, cicche di sigaretta… Le famiglie con passeggino potranno tenersi in forma con un po’ di sollevamento pesi, perché spesso gli scivoli per i non deambulanti sono tranquillamente e comodamente occupati da vetture parcheggiate. Giusto per aprire la parentesi del parcheggio selvaggio o del nonparcheggio mordi e fuggi: non vi è mai capitato, sulle arterie principali della città, di trovare uno dei due sensi della carreggiata occupato da macchine lasciate in sosta selvaggia da gente che si è fermata nei negozi a fare la spesa? Gente per cui parcheggiare nelle vicinanze e fare due passi sino all’esercizio commerciale è una fatica insostenibile… Tornando al Lungomare Colonna, la passeggiata si conclude in maniera brusca tra sentori di urina (solo di cani?); a quel punto il malcapitato cede e muove verso altre mete. Quali? Il Centro storico? Splendido, non c’è che dire, ma anche qui l’impressione del degrado è considerevole e angoli un tempo mozzafiato, come via Sant’Orsola, vanno assumendo sempre più un fascino decadente. Gli spettacoli di maggior tristezza sono quelli offerti da via Volpicella o da via San Domenico, per non parlare dell’area circostante la Chiesa del Cuore Immacolato di Maria. In molti tratti, chi passeggia è costretto a scendere dal marciapiede per evitare l’addensamento di escrementi di animali di vario genere. Infinita è la querelle sulla Scalinata tra via Sen. Palummo e via Ugo Bassi: basti dire che, sul primo gradino, nella settimana di ferragosto, troneggiava un considerevole reperto organico, rimasto come souvenir per almeno tre giorni. Se poi si volesse parlare di via Bari, basterebbe dire che, per tutto l’anno scolastico, i genitori che entrano ed escono da scuola con i loro figli debbono fare lo slalom tra rifiuti e deiezioni canine. E per quest’ultime molto si potrebbe fare, perché non è da pensare che solo i cani randagi depongano il “superfluo e soverchio peso del ventre”; lo faranno – si suppone – anche quelli dotati di padrone. Esseri umani anche i secondi (il riferimento è ai cani). Siccome sembra che le copie del galateo dei proprietari di animali domestici siano esaurite e che non si attendano a breve nuove edizioni (il compendio online sembra non essere stato ancora approntato), c’è sempre l’opzione, antipatica ma salutare, di procedere a multare i buoni selvaggi che non colgono l’opportunità – abituati a vivere a stretto contatto con la più ruspante natura – di munirsi di paletta e bustina di plastica. Qualora questo non dovesse avvenire, non ci sarebbero attenuanti. In tale direzione la nuova amministrazione potrà fare tantissimo e tantissimo ci aspettiamo, affinché si possa parzialmente sopperire con la tolleranza zero alla carenza di senso civico. Il male di Molfetta ha un nome ben preciso, “inciviltà”, ma, per favore, non attribuiamo, come al solito, la colpa alla scuola. Perché i docenti, molto impopolari per i loro leggendari tre mesi di vacanza, hanno, tra l’altro, il compito di istruire le giovani generazioni, concetto spesso dimenticato, sebbene di vitale importanza; educare, invece, spetta principalmente alle famiglie. Francamente la cosa mi preoccupa non poco, dato che mi capita di vedere madri che garriscono al cellulare o inviano faccine sorridenti, incuranti dei figli che infastidiscono i passanti, insultano bambini e perfino adulti, schiaffeggiano il ventre di donne incinte, perché la ricerca di esperienze selvagge comincia presto. Magari, se qualcuno li rimprovera, queste madri lo rampognano con un “Si faccia gli affari suoi!” Non c’è poi da stupirsi se quei piccoli (come anche altri: il fattore educativo non può incidere al cento per cento) cresceranno bibliofobici, xenofobici, omofobici e magari, orgogliosamente smartphone-dipendenti, si divertiranno a postare su youtube i video del pestaggio di un extracomunitario, consumato per il desiderio di sottrarsi al tedio del vivere quotidiano. La città muore, ma non ce ne frega niente, perché i primi a esser morti alla bellezza e alla civiltà siamo noi.

Autore: Gianni Antonio Palumbo
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