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Il Coordinamento molfettese contro la guerra : "Fermiamo questa guerra"
31 marzo 2011

MOLFETTA - Il Coordinamento molfettese contro la guerra in un comunicato stampa, mostra tutta la sua indignazione per quanto successo in questi giorni.
"Dopo una vergognosa campagna mediatica, che ha negato fin dal principio qualsiasi ipotesi di soluzione diplomatica, eccoci oggi sprofondati nel baratro della guerra.
Sotto le bombe muoiono così non solo i cittadini Libici ma gli ideali stessi che hanno portato in piazza tanti giovani nei Paesi arabi.  La prima vittima di una guerra è sempre la verità, perché solo con la menzogna e l’inganno è possibile giustificare l’uso della forza contro i popoli al fine di depredarli delle loro risorse. Anche nel caso della Libia i motivi che spingono gli Stati Uniti, la Francia, la Gran Bretagna e anche l’Italia a far rullare i tamburi di guerra riguardano le immense ricchezze del sottosuolo: gas e petrolio.  
In Libia oggi è in corso un'autentica guerra civile, con uno scontro politico tribale e tra fazioni, in cui si mescolano anche le giuste aspirazioni dei giovani a liberarsi da ogni forma di oppressione e di ingiustizia sociale. I tratti autoritari e repressivi del regime di Gheddafi e le violenze degli scontri armati di questi giorni non ci faranno cadere nel tranello bellico.
Noi ripudiamo la guerra e affermiamo la nostra contrarietà ad ogni tipo di intervento armato in Libia, ivi compresa la no-fly zone.   Non vogliamo assistere in silenzio ad una nuova “guerra umanitaria”, che ha anche lo scopo di mettere sotto tutela le lotte dei popoli del Nord Africa e del Medio Oriente che si trovano a combattere gli stessi nemici della grande finanza e del grande capitale contro cui siamo costretti a scontrarci noi quotidianamente, l’esito delle loro lotte ( nel bene e nel male) ci coinvolge direttamente.  Chiediamo l’immediato cessate il fuoco. Facciamo appello alla comunità internazionale affinché si ponga fine ad ogni ingerenza straniera e rilanciamo l’ipotesi di una soluzione diplomatica che, veda protagonisti i Paesi del sud del mondo ad iniziare da quelli africani e sudamericani.  
Facciamo inoltre appello a tutte le forze sociali contrarie all’intervento italiano, affinchè si metta in campo una massiccia mobilitazione nazionale, per l’uscita dell’Italia dalla guerra e per impedire l’utilizzo delle basi militari italiane nel pieno rispetto dell’art. 11 della costituzione.   Riteniamo infine vergognoso, l’atteggiamento del governo italiano, servo e complice del Rais libico per un verso nonché razzista e cinico nei confronti dei migranti che scappano da situazioni di povertà e guerra. La vicenda Lampedusa ci racconta come questo governo ha utilizzato la disperazione dei migranti e quella dei lampedusani per ottenere maggiore forza contrattuale nei confronti degli stati cobelligeranti e per far crescere in italia pulsioni xenofobe a puro scopo elettorale.  
C’e’ bisogno inoltre, anche a sinistra, di ridiscutere completamente le leggi che in questi anni hanno ridotto la questione migranti ad una semplice questione di ordine pubblico aprendo la strada a soluzioni raccapricciati che prendono ad esempio il nome di Cie (centri di identificazione ed espulsione), vere e proprie carceri piene di gente che ha commesso un solo “crimine”, quello cioè di cercare un futuro migliore per se e per le proprie famiglie. 
Ci chiediamo inoltre perché in Italia come nel resto del mondo in un periodo di crisi come quello attuale, si continua a tagliare le spese sociali (sanità, scuola, servizi sociali, cultura ecc) ma il denaro per le Guerre non manca mai. Questa guerra, ad esempio, costa all’Italia più di 1.7 milioni di euro al giorno, insomma nei primi giorni l’italia ha già speso più di 12 milioni si euro. 
Facciamo appello ai movimenti, alle associazioni, ai comitati, alle forze politiche e sindacali e a tutte le cittadine e cittadini affinché si adoperino a far crescere le mobilitazioni unitarie contro la guerra, anche anche qui a Molfetta.  Vi invitiamo perciò a partecipare al presidio cittadino, Venerdì 1 aprile ore 19.00 Corso Umberto (altezza galleria "Patrioti Molfettesi")."

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La situazione ci ripropone la questione della vera natura dell'uomo e della civiltà La pace non può essere costruita sui valori dei vincitori. Il problema della pace scuote i fondamenti dell'uomo della società e della realtà stessa. Per questo motivo, il problema della pace non è solo una questione puramente politica o semplicemente morale o esclusivamente religiosa. E' significativo rilevare che la metanoia, nel mondo influenzato dalla civiltà cristiana, è stata interpretata o come “rivoluzione”, sottolineando il cambiamento politico necessario, o come “penitenza”, insistendo sull'aspetto morale, o come “pentimento”, fissandosi sul lato religioso. Se niente ci viene dato, ma tutto è costruito, non potremo allora ricevere la pace come un dono. La grande tentazione attuale è proprio quella di voler costruire la pace così come si fabbrica tutto il resto. Ne deriva una riflessione profonda sulla pace che ci fa indagare sui fondamenti stessi della cultura basata sulla tecno scienza. Non si tratta, è evidente, di voler tornare indietro o di provare nostalgia per un paradiso perduto. Si tratta di essere coscienti del cambiamento antropologico nel quale siamo chiamati a essere attori e spettatoti. La sfida è grande. Ci mancano persino le parole. Solo i poeti riescono a esprimere l'inesprimibile. La pace è un mistero che supera la comprensione umana perché è l'ordine della realtà. Non arriverà grazie a una qualche manipolazione della coscienza volta a cambiare la struttura sociale. Si deve sentire il profumo di quella pace interiore. Si incomincia con se stessi – l'anima, il corpo e l'intelletto. Questi non sono solo una finestra dalla quale cercare un punto di vista sicuro, ma un ponte che interagisce come parte della realtà.
Nella situazione attuale dell'umanità, nella quale la cultura tecnocratica sta infiltrandosi nei luoghi più reconditi della terra, risulta poco realistico parlare di pace senza mettere in atto il disarmo culturale di questa civiltà dominante. Questa pace però è qualcosa più che la tranquillità spirituale o l'assenza di guerra; è qualcosa che va oltre qualunque dicotomia e penetra in tutte le sfere della vita. La pace non è esclusivamente individuale né meramente collettiva, la pace è tanto assunto politico quanto valore religioso, sia naturale che culturale.- Questo disarmo però non può essere attuato da nessun decreto regio né tantomeno da nessuna iniziativa puramente tecnica: è un compito integralmente umano. Non si tratta di una vittoria sulla modernità – poiché nella vittoria è insita la sconfitta. Perché ci sia pace in terra, dobbiamo cercare di disarmare la cultura dominante, dobbiamo superare le filosofie (e le teologie) che imperano ai nostri giorni. Sono proprio questi sistemi ideologici che giustificano e sostengono le parassi politiche, commerciali, economiche e anche di pensiero prevalente oggigiorno in quello che viene visibilmente chiamato “primo mondo”. La guerra è una forma di violenza istituzionalizzata. Il primo esercito permanente, come organismo specializzato nella violenza, nasce a Babilonia nel momento in cui la società da matriarcale si trasforma in patriarcale. La preistoria non conosceva le guerre anche se esisteva la violenza. La civiltà fondata sul potere ebbe inizio verso il 3000 a. C.. Da allora in poi il numero delle guerre e delle loro vittime è aumentato in maniera progressiva. Nessun popolo ha mai concepito guerre e lotte di potere devastanti quanto quelle intraprese dall'uomo del XX secolo. La violenza nasce dalla non equità del potere. Le civiltà sono state costruite sul potere e lo scatenarsi della loro violenza si è tramutato in guerra e marasma. Fermiamo la guerra? Fermiamo la cultura dominante!

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