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Il bispensiero antidemocratico
15 settembre 2009

Raccontare deliberatamente menzogne ed allo stesso tempo crederci davvero, dimenticare ogni atto che nel frattempo sia divenuto sconveniente e poi, una volta che ciò si renda di nuovo necessario, richiamarlo in vita dall’oblio per tutto il tempo che serva, negare l’esistenza di una realtà oggettiva e al tempo stesso prendere atto di quella stessa realtà che si nega, tutto ciò è assolutamente indispensabile. Sono parole di grande attualità, se si pensa agli avvenimenti di questi giorni e alla possibile strategia messa in atto dal premier Berlusconi per tacitare ogni forma di dissenso, con un attacco senza precedenti verso la libertà di stampa in Italia.
Eppure queste parole sono contenute nel libro 1984 di George Orwell, la cui prima edizione fu pubblicata nel lontano 1949. È il cosiddetto «bispensiero» (ispirato al Materialismo dialettico leninista), raccontato dalla fantasia dello scrittore inglese, un pensiero che esige che la mente si adatti senza resistenze alla realtà così come definita dal partito e cancelli ogni dato divergente ed ogni forma di obiezione. Come recitano alcuni slogan del partito «chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato».
In questo modo tutti gli altri erano completamente, ciecamente fiduciosi nei dettami del Partito, il quale letteralmente si impossessava del passato, fino a dire che un dato avvenimento non era mai successo; e se tutti i documenti circolanti avessero riportato la medesima storia che il Partito imponeva, «la menzogna diventava verità e passava alla storia». C’è il rischio che questa minestra possa venire condita con salsa P2 del cuoco Licio Gelli, e diventare un reale pericolo per la democrazia. Il sogno autoritario del Gran Maestro della loggia massonica prevedeva una situazione simile a quella che esiste oggi in Italia, immersa in una condizione di intolleranza sociale e politica che vede come protagonista il premier e i suoi alleati della Lega di Bossi, i quali, oltre a manifestare sentimenti di razzismo verso gli immigrati e i meridionali, disprezzano anche l’unità nazionale e i diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione repubblicana.
Un comportamento non certo da liberali, di cui si riempiono la bocca, ma che in realtà nasconde una politica assolutista di tipo fascista o stalinista o nel migliore dei casi populista peronista che porta, chi governa oggi a Roma, a screditare chiunque sia visto come nemico, utilizzando un potere mediatico senza precedenti che si serve delle televisioni, ma anche della stampa di proprietà del presidente del Consiglio (ah!, il conflitto di interessi!) affidata a giornalisti che usano la penna come una clava per tramortire o uccidere gli avversari.
E la vicenda del direttore dell’Avvenire Dino Boffo è sintomatica, al punto che non si è esitato a colpire un uomo che aveva difeso Berlusconi per 15 anni, e che solo per aver espresso il sentimento di disagio dei cattolici di fronte al comportamento morale del premier, è stato massacrato a colpi di lettere anonime e falsità, per aver osato criticare chi si sente ormai intoccabile. Ecco che la solidarietà a Boffo, anche di chi come noi, non ha sempre condiviso le sue posizioni, è convinta e sentita, sia perché abbiamo provato sulla nostra pelle i linciaggi mediatici e interessati, messi in atto da personaggi sconsiderati, sia perché non si può non avvertire il pericolo per la democrazia di una deriva populista e autoritaria che sembra non arrestarsi. Avete osato parlare di moralità del sultano per il suo harem di escort? Ed ora i sudditi e i servi del padrone dimostrano a tutti che nessuno può scagliare la prima pietra in termini di morale, tantomeno il giornale dei vescovi. Nell’editoriale di giugno scorso avevamo ricordato la questione morale e ci chiedevamo come mai una parte della gerarchia cattolica continuasse a coprire coloro che offendono i principi del cristianesimo, violando perfino alcuni comandamenti. Esprimevamo l’opinione di tanti cattolici sconcertati per il comportamento della Chiesa in questa circostanza, un comportamento che ha fatto allontanare molti fedeli e che rischia di farne perdere altri per strada. Occorreva una parola di condanna chiara e decisa, senza tentennamenti, senza prudenze clericali, ma è bastata qualche critica da parte di Boffo, per scatenare l’ira di chi si crede ormai al di sopra di tutto e padrone dell’Italia, come se fosse la sua azienda.
Ecco la necessità di una condanna anche contro la corsa farisaica a dichiararsi figli della Chiesa, per poi agire moralmente in modo dissoluto, dando un cattivo esempio anche alla società. Perché un giornale locale come Quindici ha deciso di parlare di questi argomenti nazionali che, giustamente, abbiamo sempre lasciato ai media nazionali e a collegi giornalisti più autorevoli di noi? Perché siamo già all’emergenza e il clima di intolleranza e di scarsa democrazia che si respira anche in Italia, ha contagiato anche la nostra Molfetta, come dimostrano i recenti comportamenti del vassallo-sindaco- senatore berlusconiano che oltre ad andare avanti per la sua strada, anche quando sbaglia, dimostra tutto il suo potere premiando e punendo i suoi valvassini.
L’ultimo esempio è quello della «cacciata» del presidente dell’Asm, Francesco Nappi «interrato» in un cassonetto dalla sera alla mattina (vedi la vignetta del nostro bravo Michelangelo Manente). Non siamo mai stati teneri con Nappi, né ci sogniamo di fare una difesa di ufficio, ma una spiegazione ai cittadini della revoca del suo incarico andava fornita: questo vuol dire essere sindaco di un paese democratico. Quello che ci preoccupa è il «cinismo delle élite», condividiamo quello che scrive Carlo Galli su Repubblica. Le nostre élites (magistrati, imprenditori, professionisti, docenti, scienziati, giornalisti, intellettuali, gerarchie religiose, ecc.) sembrano essersi in parte arrese a vivere passivamente la situazione attuale, in parte adagiate nelle loro corporazioni a salvare i propri interessi chiudendo entrambi gli occhi su infrazioni e illegalità, rinunciando all’orgoglio del merito, abbandonando quel controllo sociale indispensabile a mantenere viva la coscienza democratica. E questo cinismo delle élites si è trasmesso all’intero corpo sociale, come sottolinea Galli ed è una delle più gravi tare del Paese, l’origine della sconnessione fra morale e politica ed è l’origine del tentativo della politica di polverizzare la società, di governarla attraverso la combinazione fra propaganda e populismo, facendo appello, con fare plebiscitario, a una generica «gente» senza avere alcun controllo, scavalcando le istituzioni e distruggendo quello che resta delle élites autorevoli.
Se non vogliamo che questo Paese e questa città si trasformino in deserto morale, è indispensabile che l’opposizione di centrosinistra assuma un ruolo più deciso, accantonando litigi e inutili protagonismi, mettendosi alla testa di un movimento civile che chieda giustizia e libertà, che contrasti, con tutti i mezzi legali, questa deriva del potere politico, e, nella difficoltà di utilizzare il mezzo televisivo, ormai tutto sotto controllo di Berlusconi, promuovere una rete di controinformazione su internet, sui mille giornali locali liberi e non condizionati da interessi politici o economici tutte le associazioni della società civile, i movimenti piccoli e grandi per una riscossa nazionale.
Quindici, come tutti, nel proprio piccolo farà la propria parte, prima che sia troppo tardi.  

Autore: Felice de Sanctis
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