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Il bastone del pellegrino Successo dello spettacolo teatrale dell’Istituto alberghiero
15 giugno 2000

Finché nelle nostre società le pietre angolari della speranza verranno considerate pietre di scarto, ognuno di noi sarà condannato a sopportare il peso di quei macigni che, messi all'imboccatura dell'anima, rigida ed inesorabile come fosse un sepolcro, ci privano di una memoria spiritualmente eversiva. C'è il macigno della guerra, quello dell'intolleranza civile, quello dell'ipocrisia sociale ed individuale, che, come una maschera, nasconde l'uomo a se stesso e agli altri; c'è la codardia di chi non ha il coraggio di cambiare. Queste sono state le riflessioni che l'I.P.S.S.A.R. (Istituto Alberghiero) di Molfetta ha voluto sollecitare con il suo spettacolo teatrale dal titolo: “IL BASTONE DEL PELLEGRINO”, testo liberamente adattato ed elaborato dalla professoressa Linda Panunzio, coadiuvata, validamente e brillantemente, nella regia e nel coordinamento artistico dai colleghi Antonio Allegretta, Maria Adelaide Altamura, Carmela Aurora, Teresa De Leo e Caterina Gadaleta, tutti docenti dell'Ipssaar. Alla base del lavoro c'è stata un'attenta e personale rilettura dell'opera “PIETRE DI SCARTO” di DON TONINO BELLO, ed è parso un atto dovuto per un'umanità che si sente quasi catapultata nel 2000, per di più anno Giubilare, perché ancora esitante nel suo cammino evolutivo; in quanto non sa più a quale bastone appoggiarsi. Quali i valori odierni? Quali le certezze? O, forse, viviamo di e con un'umanità, che ha paura di camminare, d'incontrare se stessa, di confrontarsi con l'altro. Così, i due protagonisti dell'opera “IL BASTONE DEL PELLEGRINO”, vogliono rappresentare queste due anime (speranza o sepolcro) della società. L'uno, l'uomo della scontata quotidianità di tanti, incontra l'altro, il pellegrino, l'uomo che vuol camminare, conoscere, riflettere, distruggere ciò che è già precostituito, ma inutile socialmente e moralmente per la negativa sua immobilità. Per giungere, finalmente, ad una vita più vera e più valida, perché nata da un cammino vissuto intelligentemente. L'uomo che si stacca da sé per ritrovarsi. Si parla, perciò, dei mali più evidenti della nostra società, utilizzando oltre alle parole ed ai pensieri di DON TONINO, in perenne dialogo con le anime di tutti, anche letture storiche e l'emblematico concetto di maschera, espresso da EDUARDO DE FILIPPO ne “IL FIGLIO DI PULCINELLA”. Lo spettacolo ha cercato di comunicare, ad un pubblico attento e coinvolto, momenti di riflessione, di poesia, di musiche ed immagini suggestive, utilizzando fantasiosamente espedienti scenici come linguaggio gestuale, pittura eseguita dal vivo sul palco, ombre cinesi. E' indubbio, comunque, che la buona riuscita del lavoro sia scaturita essenzialmente dall'accordo culturale e collaborativo del team dei docenti., che ha saputo trasmettere ai ragazzi la voglia di esplorare il pianeta teatro, come espressione della propria personalità e del proprio pensiero. E i ragazzi hanno partecipato con quell'attenzione e quell'entusiasmo che solo loro sanno dare, ben rappresentando quella primavera di rapporti nuovi, cui, certo, DON TONINO pensava quando scriveva "Il loro anelito di vita muti in serbatoio di speranze questa allucinante vallata di tombe che è la terra".
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