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Ieri festa della Repubblica anche a Molfetta, il sindaco Natalicchio: rispondere ai bisogni dei cittadini
03 giugno 2015

MOLFETTA – Anche a Molfetta ieri è stata celebrata la Festa della Repubblica. Dopo il tradizionale corteo (foto) e la deposizione di una corono al Monumento ai caduti, c’è stato il discorso del sindaco Paola Natalicchio nella villa comunale.

Vi proponiamo il testo intero di questo discorso di alto profilo istituzionale:

«Cara Molfetta,
torniamo a celebrare in piazza, in questa mattina di sole, la nostra Festa della Repubblica. Lo facciamo dopo aver ascoltato ieri il concerto diretto dal nostro maestro Riccardo Muti al Quirinale, nel Salone dei Corazzieri. Lo facciamo riflettendo insieme, nella nostra Villa Comunale, sulle parole che ne sono seguite, pronunciate dal nostro Presidente e Capo dello Stato, Sergio Mattarella alle quali, come sindaco di questa Repubblica, ho il dovere di ricollegarmi.

Oggi, 2 giugno, ricordiamo il ritrovamento della libertà e della democrazia, dopo la vergogna del fascismo, dell'autoritarismo, delle leggi razziali e dell'imperialismo d'accatto di Benito Mussolini. Ricordiamo l'uscita dal buio ma anche la scelta referendaria forte, di cambiamento, di emancipazione della monarchia. Ricordiamo il riconoscimento del diritto di voto delle donne in questo Paese.

Oggi, 2 giugno, però, più di tutto, ricordiamo cosa significa, profondamente e intimamente, la parola che oggi festeggiamo. Repubblica: cosa pubblica. E dunque oggi è l'occasione non rituale ma profonda in cui riflettere sulla cosa pubblica. Su come servirla meglio, su come esercitare al meglio il nostro attaccamento alla bandiera tricolore di questo paese e anche a quella biancorossa di questa città.

La nostra Repubblica è fondata sul lavoro, recita la Costituzione. E allora le istituzioni da lì devono partire. Il Governo soprattutto: accelerare l'uscita da questa crisi feroce, trovare la risposta alla disoccupazione giovanile, riattivare le attività produttive e assicurare segnali a sostegno di tutti i protagonisti dello sviluppo economico di questo Paese e dei nostri territori. I commercianti, gli imprenditori industriali, i protagonisti di ogni settore produttivo come il comparto pesca e agricoltura o la buona occupazione che può arrivare dal turismo e dalla cultura.
Ma, al tempo stesso, assicurare protezione sociale a chi il lavoro lo perde, magari a 50 anni e con una famiglia da mantenere, e diviene esodato economicamente e socialmente. E assicurare inserimento lavorativo ai giovani, spesso specializzati in lunghi percorsi di formazione, e poi bloccati, fermi al palo delle mancate opportunità, ai giri di giostra di un precariato destabilizzante e ansiogeno, acrobatico e insopportabile, che scoraggia i percorsi di autonomia, che impedisce l'acquisto di una casa, che ritarda l'esperienza della genitorialità e della costruzione di una famiglia, che rende incerta la costruzione del futuro di tanti ragazzi e ragazze di questa repubblica e di questo paese, per i quali ancora non siamo riusciti a immaginare percorsi concreti di reddito minimo garantito come accade, ordinariamente e da tempo, in tanti pezzi di Europa.

La nostra Repubblica è fondata sull'istruzione. Sulla scuola buona, così distante dalla legge sulla buona scuola. La scuola buona degli insegnanti che dopo anni di alta formazione e pellegrinaggi da supplenza a supplenza, in giro per l'Italia, oggi non hanno certezze occupazionali. La scuola buona che tiene uniti quegli insegnanti ai presidi e ai ragazzi, in un principio di collegialità e cooperazione che tiene insieme le comunità scolastiche, senza dividerle come rischia di accadere oggi con una riforma divisiva. La scuola buona che è scuola pubblica e che attende ancora un piano per l'edilizia scolastica completo e adeguatamente finanziato che ci faccia sentire sicuri davvero quando la mattina mandiamo i nostri ragazzi in aule spesso fatiscenti e in strutture obsolete. Che i Comuni devono riparare, aggiustare e far funzionare ogni giorno, nonostante i tagli ai bilanci comunali stiano svuotando le casse delle nostre città, anche quest'anno, in un rassegnato silenzio generale.

La nostra Repubblica è fondata sulla sanità e sulla promozione della salute per tutti. Su ospedali che non possono essere smontati, ma anche su servizi adeguati per l'assistenza domiciliare garantita. Su pari opportunità di cura, di qualità della vita e di autonomia per tutte le persone con disabilità e per le loro famiglie, affaticate da percorsi spesso in ripida salita ma soprattutto preoccupate per un apartheid sociale che spesso la disabilità rischia di produrre nelle loro vite e in quelle dei propri cari. Sulla difesa e la promozione dei diritti dei bambini e degli anziani. Sul contrasto alle diseguaglianze di genere, all'omofobia e alla violenza sulle donne. Sull'inserimento sociale attivo delle fasce deboli e con bisogno-fragilità.

E' questa la nostra Repubblica. Quella del servizio pubblico ai bisogni di tutti. Della difesa dei nostri beni comuni, fondamento della cosa pubblica. Dell'abbraccio stretto tra i diritti civili e quelli sociali. Della difesa del nostro welfare con le unghie e con i denti.
Quella, come ha detto ieri il Presidente Mattarella, della coesione e della solidarietà.

La costruzione di questa Repubblica non è finita 69 anni fa ma continua ogni giorno. E non riguarda solo i sindaci, i consiglieri, i presidenti. Né riguarda solo la protesta contro le leggi sbagliate o la costruzione e l'approvazione di buone leggi, come quelle sulla corruzione e sui reati ambientali pure sono state. Riguarda ogni singolo cittadino. Quello che ogni giorno fa ogni singolo cittadino per la bandiera tricolore e per quella biancorossa. Il servizio civico diffuso, la partecipazione attiva e costruttiva alla promozione sociale e culturale, lo sforzo verso l'innovazione e l'inclusione, la solidarietà verso gli ultimi e il ripudio di ogni forma di discriminazione. La Repubblica di ogni giorno di cui ognuno di noi, nessuno escluso, ha un pezzo di responsabilità.
Buon 2 giugno.
Viva l'Italia e forza Molfetta.
Paola Natalicchio».

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