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Iena ridens o iena felice?
01 marzo 2014

“Felice come una Pasqua”, “Godere come un riccio”, altre locuzioni come queste due, indicano particolari condizioni di serenità, piacere spirituale e materiale. Cosa ci può essere di più felice della Pasqua, per i Credenti? La Pasqua, la resurrezione del Cristo? Sulla seconda locuzione (più prosaica), lasciamo l’interpretazione alla fantasia di chi ci legge, precisando che, anche in questa “immagine”, c’è un po’ di verità. Sono usate ed accettate, queste locuzioni, nel gergo parlato comune.

Da oggi, possiamo aggiungerne un’altra: “Felice come una iena”!

 Questo è stato il commento della Senatrice Paola Taverna del M5S, alla domanda del giornalista che chiedeva la sua opinione sull’espulsione di alcuni suoi Colleghi di  Movimento, a causa del fatto che, questi ultimi, non hanno condiviso il comportamento nella forma e sicuramente anche nella sostanza, del signor Grillo durante il colloquio – parola grossa, ma va bene lo stesso – con il premier incaricato, durante le consultazioni per la formazione del Governo (Ne abbiamo già parlato in una nota precedente).

Nella iconografia comune la Iena, forse immeritatamente, gode l’immonda fama di opportunista,  mangiatrice di carogne, aggressività ferina in condizione di superiorità, codardia specie in presenza di competitori più grandi di lei – suoi normali comportamenti. Insomma viene percepita come una creatura tutt’altro che felice, anzi piuttosto sinistra!

Ciascuno di noi è evidentemente libero di usare, nei limiti del lecito, il linguaggio che vuole; di inserire le locuzioni che preferisce, a supporto delle proprie tesi, specie quando hanno fondamento. Tuttavia l’ “uscita”, il lapsus (involontario?)  della signora Taverna potrebbe nascondere anche un’interpretazione più… maliziosa.

Da come viene percepita la iena, anche se gli etologi ne descrivono l’estrema attenzione per le cure parentali verso i propri cuccioli, come quasi tutti gli altri animali superiori, e avendo nelle cronache parlamentari ascoltato la veemenza della Signora, sia quando ricopriva la carica di Presidente del gruppo di Senatori M5S, sia durante i dibattiti nei quali interviene per conto del suo Gruppo, si stenta a parlare di lapsus più o meno volontario: sembra, questa locuzione, nell’ordine delle cose del Movimento.

Continuiamo pertanto ad essere sempre più preoccupati, sia per l’atto – extra parlamentare – di espulsione di Parlamentari eletti democraticamente, che vengono giudicati e condannati, in una sorta di ordalia medievale, dai signori Grillo e Casaleggio, non prima di aver esaurito il “sacro” rito della rete, sia per il fatto che non vi sia verso per condurre azioni di recupero dei Parlamentari M5S che, certamente potrebbero, solamente se abbandonassero ovvero attenuassero la loro sterile – allo stato – vis oltranzista, portare benefici alla dialettica parlamentare, per il bene comune.

© Riproduzione riservata

Autore: Tommaso Gaudio
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1°parte. - Al di fuori della politica l'uomo ha fatto miracoli: ha sfruttato il vento e l'energia, ha trasformato sassi pesanti in cattedrali, è riuscito a controllare e vincere quasi tutte le malattie, ha cominciato a penetrare i misteri del cosmo. “In tutte le altre scienze si sono registrate notevoli progressi” ebbe a dire una volta John Adams, secondo presidente degli Stati Uniti “ma non in quella del governo, la cui prassi è rimasta immutata.” Esistono quattro tipi di malgoverno, spesso combinati fra loro: la tirannia, l'eccessiva ambizione, la inadeguatezza e la decadenza, e, infine, la follia o la perversità. Ma follia e perversità, potrebbe obiettare qualcuno, fanno parte della natura umana, e allora per quale ragione dovremmo aspettarci qualcosa di diverso dagli uomini di governo? La follia dei governi preoccupa perché si ripercuote con effetti più negativi su un maggior numero di persone; di qui l'obbligo per i reggitori di stati di agire più degli altri seconda ragione. Tutto ciò è risaputo da tempo immemorabile, e allora perché la nostra specie non ha pensato a prendere precauzioni e a cautelarsi? Qualche tentativo è stato fatto, a cominciare da Platone, che propose di creare una categoria di cittadini destinati a diventare professionisti della politica. Secondo lui la classe dominante, in una società giusta, doveva essere costituita da cittadini che avevano imparato l'arte di governare, e la sua soluzione, affascinante ma utopistica, erano i re filosofi: “Nelle nostre città i filosofi devono diventare re, oppure chi è già re deve dedicarsi alla ricerca della sapienza come un vero filosofo, in modo da far coesistere in una sola persona potere politico e vigore intellettuale.” Fino a quando ciò non fosse accaduto, riconosceva Platone, “le città e, io credo, l'intero genere umano non potranno considerarsi al riparo dai mali.” E' così è stato. (continua)
2°parte. - Il conte Axel Oxenstierna, cancelliere svedese durante la terribile Guerra dei Trent'anni, parlava con ampia cognizione di causa quando disse: “Renditi conto, figlio mio, che ben poco posto viene lasciato alla saggezza nel sistema con cui è retto il mondo.” Lord Acton, uomo politico inglese del secolo scorso, usava dire che il potere corrompe, e di ciò ormai, siamo perfettamente convinti. Meno consapevoli siamo del fatto che esso alimenta la follia, che la facoltà di comandare spesso ostacola e toglie lucidità alla facoltà di pensare. La perseveranza nell'errore, ecco dove sta il problema. I governanti giustificano con l'impossibilità di fare altrimenti decisioni infelici o sbagliate. Domanda: può un paese scongiurare una simile “stupidità difensiva” come la definì George Orwell, nel fare politica? Altra domanda, conseguente alla prima: è possibile insegnare il mestiere ai governanti? I burocrati sognano promozioni, i loro superiori vogliono un più vasto campo d'azione, i legislatori desiderano essere riconfermati nella carica. Sapendo che ambizione, corruzione e uso delle emozioni sono altrettanto forze di controllo, dovremmo forse, nella nostra ricerca di governanti migliori, sottoporre prima di tutto i candidati a un esame di carattere per controllarne il contenuto di coraggio morale, ovvero, per dirla con Montaigne, di “fermezza e coraggio, due virtù che non l'ambizione ma il discernimento e la ragione possono far germogliare in uno spirito equilibrato.” Forse per avere governi migliori bisogna creare una società dinamica invece che frastornata. Se John Adams aveva ragione, se veramente l'arte di governare “ha fatto pochissimi progressi rispetto a 3000 o 4000 anni fa” non possiamo aspettarci grandi miglioramenti. Possiamo soltanto tirare avanti alla men peggio, come abbiamo fatto finora, attraverso zone di luce vivida e di decadenza, di grandi tentativi e d'ombra. (fine)







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