I “vestiti nuovi” del corso Umberto
I vestiti nuovi del “corso Umberto”. Chi di noi non ricorda la famosa fi aba di Hans Christian Andersen, il quale raccontava di un imperatore troppo attento a curare il proprio aspetto esteriore, per rendersi conto che queste sue manie avrebbero poi fi nito per danneggiarlo. Questa storia, terminata comicamente con la sfi lata del re svestito, eppure convinto da imbroglioni di indossare capi pregiati, materialmente inesistenti, dovrebbe spingerci ad andare oltre le apparenze, oltre la ricerca del bello ad ogni costo. Questa breve premessa risulta utile per ricollegarci alla notizia del restyling del nostro caro, storico corso Umberto, che, trascurato oramai da anni dalle diverse amministrazioni e dai cittadini, ora dovrebbe assumere un nuovo volto. Il progetto, presentato lo scorso marzo, prevederebbe un vero e proprio stravolgimento dell’architettura della via. Partendo dalla pavimentazione sino al più piccolo ramo di oleandro, tutto sembra destinato a sparire, a divenire solo un ricordo, una vecchia foto ingiallita che forse un giorno guarderemo con nostalgia. C’è chi aff erma con convinzione la necessità di andare avanti, di sciogliere i nodi che ci legano al passato, nella speranza di trovare così le giuste soluzioni a delle problematiche che affl iggono la nostra città. Le domande sono: basterà un progetto tanto innovativo a risolvere il problema dell’incuria e della cattiva gestione della cosa pubblica? Riuscirà una nuova pavimentazione, delle nuove aiuole, forse anche delle curiose porte di accesso ad attirare più gente, a sollevare i commercianti dal peso di una crisi interminabile? Che fi ne farà tutto ciò che ai molfettesi è caro, le storiche basole, gli oleandri? Noi di Quindici, diversamente dal re della fi aba di Anderson, ci siamo rifi utati di accettare solo l’apparente bellezza di un progetto, decidendo così di porre questi leciti interrogativi ai cittadini, veri protagonisti di tutta la vicenda Passeggiando lungo il corso Umberto in una bella domenica di primavera abbiamo fermato alcuni passanti, più o meno consapevoli della cosa, tutti allibiti dall’idea di un cambiamento tanto radicale. «Per il corso è meglio l’aspetto attuale, abbiamo davanti ai nostri occhi basole di 100, 200 anni, memoria storica di ciò che è stato. Non dobbiamo dimenticarci che il presente si regge anche sul passato. Queste sono le nostre radici, e poi, che fi ne faranno le basole che verranno sollevate?!». Queste le aff ermazioni di un primo anziano signore, incuriosito dalla nostra indagine e contrariato dal progetto. Continuando la nostra passeggiata ci siamo imbattuti in una coppia di giovani genitori che alle nostre domande, anche sulla situazione del commercio a Molfetta, ci hanno così risposto: «Restaurare il Corso, anzi, stravolgerlo non migliorerà di certo la situazione dei commercianti. I negozianti molfettesi si devono rendere conto che la causa dei loro mali sono i prezzi esagerati, del tutto fuori da ogni logica concorrenziale». «I commercianti devono stare attenti alle loro valutazioni, potrebbero ricevere un danno da questo restauro anziché un benefi cio, infatti, bloccando le traverse laterali si renderà l’accesso al salotto della città ancora più diffi cile. Bisogna considerare che non tutti possono coprire lunghe distanze a piedi, e che se la gente non può arrivare dalla periferia in macchina, tenderà a non uscire più a Molfetta. Il risultato sarà quello di spostare ulteriormente l’asse commerciale verso l’outlet e l’ipercoop, e il centro sarà ancora più desolato», queste poi le aff ermazioni di un’altra coppia, concorde con la prima e preoccupata dalla possibilità che il traffi co a Molfetta aumenti: «otterremmo di fatto una città più divisa in tanti grandi quartieri tra loro non collegati ». Ancora più radicale il pensiero di una signora di mezza età, ignara del tutto: «Non devono assolutamente toccare le basole, troppe volte le abbiamo viste sparire sotto i nostri occhi: piazza Municipio, le vie del centro storico… anche il Corso è troppo! A proposito delle aree verdi, il Comune si dovrebbe preoccupare di fornire delle aree di parcheggio ulteriori. Se si riuscisse a fare questo la gente sarebbe incentivata ad uscire di casa per raggiungere agevolmente il centro della città». A questa preoccupazione si aggiunge poi quella del marito della donna: «Siamo sicuri che poi l’acqua piovana riuscirà a defl uire ordinatamente, anche se i marciapiedi saranno tolti e tutto il calpestio si verrà a trovare sullo stesso piano?». Più perplessa una giovane che ci chiede: «Ma quando inizieranno con i cambiamenti? Pensavo dovessero semplicemente alzare il piano della strada, ma di tutto il resto non ero a conoscenza. No, non sono d’accordo, subirò danni notevoli durante il periodo dei lavori, che a questo punto spero siano il più breve possibile». Fermiamo un ultima persona che all’idea del cambiamento ci sembra più favorevole: «l’idea di cambiare il corso non è male, di certo non è originale, l’hanno già fatto in altre città, ma il cambiamento non è per forza negativo. Restaurare il corso va bene, ma a questa operazione straordinaria si deve far seguire la manutenzione e la cura ordinaria». Manutenzione, rispetto del passato, attenzione al traffi co, queste le pretese che emergono dai pensieri dei cittadini, la cui voce dovrebbe essere ascoltata e considerata, anche col rischio che qualcuno, come il bambino della fi aba, possa accorgersi che non tutto è accettabile, e gridare fuori dal coro che il re è nudo.
Autore: Alessandra Lucivero