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Govani talenti crescono “La fortuna con l'effe maiuscola”, sabato e domenica presso l'auditorium Don Bosco
15 marzo 2013

MOLFETTA - “Il teatro è il racconto della lotta quotidiana che fa l’uomo per dare un senso alla propria esistenza”.

Scritta nel 1942 a due mani da Eduardo De Filippo e Armando Curcio, “La fortuna con l’effe maiuscola” non risente minimamente del tempo trascorso.
Sabato 9 e domenica 10 marzo, presso l’auditorium Don Bosco, sotto l’abile regia di Giuseppe Pasculli, il CGS “Don Tonino bello” ha portato in scena questa spesso poco rappresentata commedia attraverso il brio e l’ingenuità di alcuni giovani interpreti oratoriani.
L’impegno profuso ha permesso di trasporre il linguaggio napoletano popolare e colorito in vernacolo molfettese, a dimostrazione dell’universalità della commedia umana che da secoli si ripete invariata: l’arroganza dei nobili e dei ricchi e la fame e la miseria dei poveri, destinati a pagare anche quando la fortuna sembra loro arridere.
Mentre vengono descritti i sentimenti che albergano nel cuore, la commedia racconta la fatica di vivere in un mondo in cui la legge è uguale per tutti, ma non tutti sono uguali per la legge.
Se a tutto questo aggiungiamo il messaggio educativo di Don Bosco, il mix è perfetto e sicuramente ben riuscito: messi insieme a costruire, i ragazzi imparano ad accettarsi, a scoprirsi, ad inserirsi.
Quando parliamo di protagonismo dei giovani, non c’è miglior mezzo per dimostrarlo e renderlo concreto ed efficace che quello dell’esperienza teatrale.
Educativo non è tanto il teatro “per”, quanto il teatro “dei” ragazzi e giovani, quello da loro ideato, interpretato e realizzato.
La comicità e l’amaro senso della vita di De Filippo si uniscono alla speranza cristiana in un domani migliore.
Una nota speciale di merito, oltre che alla totalità del corpo attoriale, va, infine, al giovane e talentuoso Leo Pasculli. Nella parte di Enricuccio, figliastro disabile di Giovanni e Cristina, ha saputo abilmente far emergere tutta la comicità del personaggio senza mai trascendere nell’eccessivo, valorizzando, spesso anche inconsapevolmente, quella dolcezza, simpatia e buffa tenerezza di un soggetto tanto impacciato, quanto svantaggiato.
“Giovani talenti crescono”, dunque, e affermano in una società frammentata e nella liquidità di un mondo confuso, alcuni riferimenti sicuri.
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