Gilberto Zorio, l'Arte Povera a Molfetta
Installazione dell'artista nel Torrione Passari
Il Torrione Passari ancora “casa” privilegiata dell'arte contemporanea: Gilberto Zorio (nella foto, l'artista con una delle sue installazioni), tra gli esponenti di prima classe dell'Arte Povera, ha presentato una sua installazione, in cui ha riproposto alcune delle idee guida che hanno contraddistinto la sua carriera.
L'Arte Povera è una Neoavanguardia, che si è sviluppata a partire dal 1968; una data non casuale, ma che coincide con quella delle grandi contestazioni studentesche e dei lavoratori, in polemica con il benessere “effimero” seguito al boom economico. L'idea di fondo era quella di cercare un'arte che fosse pura sensibilità, senza toccare la sfera materiale, provando anche a non realizzare nulla di commercializzabile: è per questo che ci si spinge verso l'utilizzo di elementi poveri, o, addirittura, all'oggetto d'arte inteso come puro titolo, o una frase scritta a macchina, come faranno gli esponenti del Concettuale. È in questa atmosfera che si sviluppa a Torino il movimento dell'Arte Povera, di cui Gilberto Zorio è uno dei protagonisti.
L'utilizzo dei raw materials, dei materiali poveri, è uno degli aspetti fondamentali: non dobbiamo, però, pensare solo ad oggetti, ma anche ad elementi vegetali, organici, minerali, fino ad un minimo utilizzo di tecnologia, come neon e lampadine, da intendere non come strumenti tecnologici, ma addirittura banali. È chiara l'idea di contrapporsi all'arte “ricca”, con l'intento, allo stesso tempo, di rompere gli schemi e denunciare le contraddizioni della società contemporanea. Ed allora, l'installazione di Zorio al Torrione Passari, dove l'artista ha assaporato i sali marini sulle pareti, esplorando le superfici palmo a palmo, si colloca proprio su questi binari. L'arte di Zorio non è un'opera, che bisogna per forza spiegare, a cui bisogna cercare di dare un'idea, non è un simbolo, che si deve tradurre assolutamente, ma un processo.
Le due stelle presenti a Molfetta, sono un elemento che Zorio utilizza fin dal 1972: perché dell'arte gli interessa la forza, l'energia, la processualità. Ed ecco anche Marrano che gira, quest'otre che, mentre si sgonfia, emana un sibilo, un accompagnamento all'Inno dell'Internazionale, le cui note sono segnate su un pentagramma proiettato sullo stipite d'ingresso.
Zorio non vuole presentare opere finite, ma “in fieri”, come, anni fa, aveva fatto nella sua Pila, cioè due vasche di piombo con soluzioni acide e acqua, collegate con una sbarra di rame.
L'installazione di Zorio rientra nella rassegna “Protagonisti dell'arte”, curata da Giacomo Zaza: si è trattato di un evento molto importante, con uno dei padri delle tendenze contemporanee, che Molfetta ha avuto l'onore di ospitare.
Michele Bruno
michele.bruno@quindici-moletta.it