Game over
Finalmente si è chiusa una pagina nera della storia italiana durata 18 anni. Con le dimissioni di Silvio Berlusconi e la fine di un regime populista mediatico l’Italia si avvia a riprendere le sue libertà perdute e a pensare con la propria testa per costruire il futuro. E’ questo l’obiettivo principale che ci troviamo di fronte e che sarà guidato dal prof. Mario Monti, un uomo dalle capacità indiscusse e soprattutto con quel senso dello Stato che è mancato al premier azzurro, costretto a lasciare il potere da una sua manifesta incapacità. Basti pensare alla manovra economica cambiata per tre o quattro volte per cercare di quadrare i conti con i propri interessi e quelli della parte peggiore del Paese che non paga le tasse e ha portato l’Italia all’attuale disastro. E’ stato necessario un intervento esterno, quello dell’Europa, per liberarci del caimano, perché l’opposizione di centrosinistra debole e divisa non è riuscita ad aggregare una formazione compatta e a individuare un leader accettato da tutti. Comunque siamo al game over, alla fine del gioco (perché questo è stato il berlusconismo), come si leggeva su alcuni cartelli dei cittadini nella manifestazione di giubilo (con qualche sbavatura, anche se comprensibile) davanti al Quirinale. Del resto cosa poteva aspettarsi chi per anni ha seminato odio, spaccando l’Italia in due? Era, perciò, prevedibile il moto liberatorio il dies irae, mozartianamente ribattezzato dalla folla rappresentata da chi ha dovuto subire per anni senza poter reagire e senza poter esprimere liberamente le proprie opinioni per colpa del totale controllo dell’informazione televisiva, che ha portato il nostro Paese al 73° posto per la libertà di stampa. La folla romana ricordava un po’ quella delle primavere arabe, che hanno celebrato la fine delle dittature, non è stato né piazzale Loreto né l’Hotel Raphael con il lancio delle monetine a Craxi, altro personaggio discutibile, al quale vergognosamente Molfetta ha dedicato una strada, insieme a quella per Almirante. Comunque se Berlusconi è finito, e sarebbe ora di condannarlo all’oblio, il modo migliore per sconfiggerlo, non è finito, però, il berlusconismo, con tutto quello di negativo che questo comporta. Una mano in questo senso ce la offre la crisi economica che spazza via quella società opulenta, già condannata profeticamente, nella metà degli anni Settanta, da Pier Paolo Pasolini e Augusto Del Noce, una mutazione antropologica, una società dell’apparire che è stata la vera sostanza del berlusconismo, la mercificazione dell’esistenza con tutti gli edonismi reganiani e i bunga bunga berlusconiani a suon di fanciulle «minorenni portare in sacrificio al drago», propinanti da una televisione diseducativa e orwelliana. Il crollo del comunismo ha inaugurato l’era della globalizzazione, del capitalismo senza regole, che punta unicamente al massimo profitto anche attraverso quei meccanismi finanziari che creano ricchezza senza lavoro. E nell’Italia paese del «servo encomio e del codardo oltraggio», è mancata in questi anni una posizione critica della Chiesa, risvegliatasi solo recentemente. Anche durante il fascismo il Vaticano ebbe una posizione meno tollerante di quella di questi anni, nei quali ha ottenuto il riconoscimento di interessi, in parte anche legittimi, ma a prezzo di rinunciare a criticare e giudicare questo sistema politico e anche a trascenderlo. Come tutto questo sia potuto accadere, come gli italiani abbiano potuto concedere tanto credito a un «uomo della provvidenza» in un secondo nefasto ventennio è inspiegabile se non si pensa ai versi del Poeta: «Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!». Ora tutti dovranno pagare l’alto prezzo degli errori, dell’ignoranza e dell’arroganza di pochi, con grandi sacrifici, come fu alla fine del fascismo. Da Roma a Molfetta la situazione non cambia. Ci ritroviamo con un SSP (sindaco, senatore, presidente) Antonio Azzollini che ha mutuato in loco molte delle caratteristiche del suo padrone, non affrontando i problemi reali, favorendo la tolleranza e il mancato rispetto delle regole, accentrando ogni forma di potere, circondandosi di personaggi di bassa qualità, perfino imputati con processi in corso nel ruolo di amministratori di una città che in passato è stata il vanto della provincia per la qualità della sua classe dirigente. Ora la Corte Costituzionale ha decretato l’incompatibilità fra la carica di parlamentare e quella di sindaco, e Azzollini dovrà scegliere, anche se continua a prendere tempo e ad accentrare le cariche. La scelta dovrebbe essere facile dal momento che come sindaco resterebbe in carica fino al 2013, mentre come senatore rischia di decadere in caso di elezioni anticipate. Ma i suoi amici dicono che la scelta ricadrà sull’incarico parlamentare, soprattutto perché gli garantisce l’immunità da eventuali azioni giudiziarie collegate alle vicende sia dell’edilizia, sia del porto, per le quali sono in corso inchieste della Procura della Repubblica di Trani. E così, nell’attesa, continua a recitare la parte del sindaco che pensa alla città e che vuole creare il futuro ai nostri giovani. Quale? Quello di scaricatori di porto, naturalmente. Sempre se il nuovo porto si farà, grazie alle moderne tecnologie per la movimentazione delle merci, si potranno occupare solo pochi giovani. Magari i laureati li metteranno a fare i portuali. Forse Azzollini, impegnato sempre a Roma a votare le leggi ad personam di Berlusconi e a collaborare alle stesure di manovre fasulle, ha dimenticato che la disoccupazione giovanile di Molfetta è prevalentemente intellettuale. Cosa facciamo fare a questi giovani, solo gli operatori del call-center? Ma le bugie del sindaco hanno sempre le gambe corte e anche quella del lavoro della mega-draga si è rivelata un bluff. Come spieghiamo nell’articolo all’interno della rivista, “Quindici” ha trovato un’ordinanza della Capitaneria di porto che consente il dragaggio solo fino a 2 metri di profondità, per evitare il rischio bombe. E tutto il can can del sindaco con piccoli alunni festanti invitati a salutare l’opera faraonica dell’era azzolliniana? Solo una fiction, in perfetto stile berlusconiano. Ecco finisce Berlusconi, ma il berlusconismo continua a danneggiare la gente. E l’altra farsa della sicurezza delle lame, tanto da costruirci dentro perfino le abitazioni, reato per il quale il suo fedelissimo ing. Rocco Altomare sta scontando mesi di carcere? E’ bastata una pioggia più forte per trasformare le strade in fiumi, col rischio di qualche sciagura. E se le precipitazioni dovessero aumentare (come previsto dai geologi), cosa accadrebbe? Intanto l’ing. Altomare sembra orientato a patteggiare la pena, riconoscendo la propria responsabilità. In questo modo si chiuderebbe tutta la vicenda con un unico colpevole e salverebbe i politici da eventuali responsabilità (non tutti hanno l’immunità parlamentare). Questo il quadro non certo roseo del berlusconismo locale, ma anche qui il gioco sta finendo. E speriamo presto di poter dire col Poeta «e quindi uscimmo a riveder le stelle?».
Autore: Felice de Sanctis