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Franco d’Ingeo e Leonardo Minervini: le opere dei maestri in una mostra presso la Sala dei Templari di Molfetta L’arte che dà lustro a Molfetta nei suoi luoghi più cari
L'intervento del sindaco Tommaso Minervini
16 novembre 2020

 MOLFETTA - “L’arte spazza la nostra anima dalla polvere della quotidianità”, Pablo Picasso. Di questi tempi credo che in pochi siano in disaccordo con il pensiero del geniale artista. L’allarme dell’emergenza sanitaria torna a suonare più forte, le saracinesche dei locali tornano ad abbassarsi presto, il contatto sociale torna a lasciare maggiore spazio a quello virtuale, la spensieratezza lascia nuovamente posto alla preoccupazione.

L’unico luogo sicuro in cui le nostre emozioni possono rifugiarsi senza remore o timori è proprio l’arte, in tutte le sue forme.

L’arte non ha vincoli, non ha limiti, prescinde da qualsiasi cosa. Semplicemente esiste ed è ovunque.

E l’antica ed emozionante cornice della Sala dei Templari ne ha ospitato e tornerà ad ospitare un pezzo di essa. Qui infatti lo scorso settembre si è aperta una nuova stagione artistico-culturale, con la mostra di due artisti contemporanei e di casa nostra quali Franco d’Ingeo e Leonardo Minervini.

Il primo è stato un ritrattista figurativo ma anche paesaggista, divisosi per lavoro tra Bari, Roma e Parigi, le cui opere hanno una forte componente psicologica e comunicativa (un esempio lo ritroviamo nelle grandi pietre pugliesi la cui architettura portò sino a Roma). La sua passione per la ricerca lo ha condotto a sperimentare, intorno agli anni ’60, nuove tecniche di pittura attraverso le mescolanze di frammenti di ghiaie e sabbia ai colori ad olio, elemento che diverrà predominante nella struttura compositiva delle sue opere (ad es. ‘La spirale’ 1956, misto sabbia e collage su masonite 70x90 cm. ‘Composizione di frammenti’ 1986, tecnica mista 28x34 cm).

Franco d’Ingeo tornerà poi a Molfetta ove trascorrerà gli ultimi della sua vita e dove morirà, nel marzo del 2011, all’età di 90 anni.

Il secondo, Leonardo Minervini, studierà, dopo aver frequentato il liceo artistico di Napoli, presso la Scuola di Pittura dell’Accademia di Belle Arti della stessa città. Dove diventa allievo del maestro Carlo Siviero. Pittore elegante dall’impronta novecentistica, Minervini è stato anche uno scultore legato alla curiosità della materia e ai contorcimenti della forma e che, nell’età della maturità, viaggiò per tutta la penisola alla ricerca di sempre nuovi paesaggi da dipingere (ad es. ‘Biblioteca’ 1932, olio su tela 100x120 cm. ‘Giovane’ 1937, gesso h 41,5 cm).

Le opere dall’aria abbastanza canonica ma anche innovativa di questi due maestri dell’arte, rappresentano un interessante contributo alla nostra città che vanta un sempre più ricco repertorio artistico e culturale, e un crescente interesse popolare nei confronti di quest’ultimo, dato evidenziato anche dall’assessore alla cultura Sara Allegretta in occasione dell’inaugurazione della mostra medesima (presentata dal prof. Gaetano Mongelli e dal prof. Gianni Antonio Palumbo, apprezzato redattore di "Quindici" e con la presenza del sindaco Tommaso Minervini) e da non sottovalutare affatto, considerando il tasso di analfabetismo culturale non troppo basso di cui a volte si sente parlare.

Attualmente tutti i musei e i siti culturali sono purtroppo chiusi, in rispetto delle norme anti-assembramento previste dall’ultimo dpcm emanato dal Governo ma, con la speranza che la situazione generale possa nuovamente stabilizzarsi e giungere definitivamente al termine, alla mostra vi si potrà accedere fino al 10 gennaio 2021.

L’invito è quello di recarsi, appena possibile, a visitare i luoghi d’arte e di cultura per sostenerli, dato che sono tra i più penalizzati dalla pandemia, e per ritrovare dal vivo quelle emozioni e quella bellezza sconfinata che solo l’Arte sa donare.

UNA LETTURA CRTITICA DELLA MOSTRA, SCRITTA DA GIANNI ANTONIO PALUMBO, POTETE LEGGERLA SUL NUMERO DELLA RIVISTA MENSILE "QUINDICI" IN EDICOLA DA IERI.

 © Riproduzione riservata

Autore: Francesca Perchiazzi
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