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Francesco Picca al consiglio provinciale col pensiero a Salvemini nel novembre 1903 Pagine di storia
15 novembre 2003

Il Consiglio comunale eletto nelle amministrative del 23 marzo 1902, in cui fu personalmente impegnato Gaetano Salvemini, allora 29nne professore all'Università di Messina, nella sua prima seduta del 1° aprile, martedì dopo Pasqua, nominò Sindaco della città l'avv. Francesco Picca (1863-1934)(nella foto), "il cui nome - scrive Fra Rosario ("Corriere delle Puglie", 3 aprile 1902) - incontrò il plauso generale del paese per la sua integrità di carattere e di costume". Nel susseguente mese di luglio, il giorno 10, morì la madre al Picca. Gaetano Salvemini, da Altamura dov'era Commissario d'esami, fece visita all'amico, rimanendo qualche giorno a Molfetta. Il giorno 15 egli "intervenne con la valida e sapiente cooperazione sua e del Sindaco Picca a conciliare con soddisfazione generale un minacciato sciopero dei pastai, in seguito al licenziamento di due operai appartenenti alla lega di quei lavoratori" ("Corriere delle Puglie", 18 luglio 1902). Dopo questo intervento, la sera del 21, in vista delle elezioni provinciali del 25 luglio, si riunirono numerose le rappresentanze dei partiti popolari, vincitori delle elezioni comunali, e proclamarono il Sindaco Picca e l'uscente consigliere Gioacchino Poli (Fra Rosario) candidati al Consiglio provinciale, contro i candidati avversari: l'uscente cav. Sergio de Iudicibus e Giovanni Fontana ("Corriere delle Puglie”, 23 luglio 1902). Con 957 e 912 voti rispettivamente, Francesco Picca e Gioacchino Poli riuscirono eletti Consiglieri alla Provincia di Bari ("Corriere delle Puglie", 26 luglio 1902), dove il Picca fu nominato Presidente del Consiglio di Amministrazione dell'Istituto provinciale pei sordo-muti, funzionante a Molfetta in via Giovene (angolo via Mameli), mentre era in costruzione il grandioso edificio in via Fornari. A riguardo di questa nomina, così il Picca informò Salvemini con la lettera (inedita) del 31.12.l902: "Ti assicuro che sono... oppresso da tanta fatiga tra il Comune, il Consiglio provinciale dove non sono andato che una sola volta... e l'Istituto dei sordomuti, del quale in mancanza di altri consiglieri prov. mi è toccata la presidenza". Come tale, in seno al Consiglio provinciale, dove fu eletto anche tra i revisori del conto provinciale 1902 Francesco Picca fece prevalere il suo dissenso dalla proposta, avanzata subito dopo la morte di Giovanni Bovio, avvenuta a Napoli il 16 aprile, di dare il nome del filosofo e uomo politico tranese all'Istituto di Molfetta, osservando che esso aveva già il nome di Lorenzo Apicella e che "il gran nome di Bovio" poteva darsi ad un altro istituto ("Corriere delle Puglie", 26 maggio 1903). Nelle tornate di novembre del Consiglio provinciale, presiedute da Nicola Balenzano, Francesco Picca fece dei personali interventi, brevemente riportati dallo stesso quotidiano barese del 21 e del 30 novembre 1903, sui quali egli così riferì a Salvemini l'11 dicembre seguente, in una lettera (inedita) su carta intestata Istituto Provinciale Apicella pei sordo-muti. Molfetta. Presidenza: "Carissimo Gaetano. (...) In questo tempo io ho avuto molto da fare tra il Municipio, questo Istituto di sordomuti e il Consiglio provinciale... (dove) impegnammo con i socialisti una lotta accanita, assidua per la refezione scolastica, figurati in una votazione riportammo 17 voti contro 17, ma finimmo poi per essere sconfitti numericamente su tutte le partite, ma moralmente possiamo darci il vanto di aver vinto, perché la stessa deputazione riconobbe la giustizia della nostra proposta. L'istesso Presidente, Balenzano, che mi credeva un addomesticato, chiese spiegazione a (Mauro) Balacco della mia attitudine battagliera su ciascun articolo del bilancio; e quando per indicare le economie a formare il fondo della refezione proponemmo la soppressione del concorso per il monumento ad Imbriani a Corato e colsi questa occasione per protestare energicamente contro la inettezza del Governo italiano e la efferatezza della sbirraglia del governo austriaco per i fatti di Insbruc, successe un vero pandemonio. La forza e il coraggio per parlare a quel modo mi venne dato dal ricordo tuo, pensando che potevi trovarti in quello sbaraglio e chi sa che ne sarebbe successo di te, che non hai quella calma dell'altro professore, così vigliaccamente insultato". Era successo che, nel settembre precedente, su suggerimento di Cesare Battisti e Scipio Sighele, gli universitari organizzati nella "Società Studenti Trentini" avevano preso l'iniziativa di istituire a Innsbruck una "Università libera italiana", in cui i corsi sarebbero stati affidati a docenti fatti venire dall'Italia. Salvemini fu invitato dal Battisti e dalla moglie Ernesta Bittanti a tenervi delle lezioni, sulla Rivoluzione francese, a partire dal mese di novembre. Della cosa egli mise al corrente l'amico Picca quando nel mese di ottobre fu per alcuni giorni a Molfetta, dove, fra l'altro, la sera del 18 tenne una conferenza sul proletariato moderno e il 24 partecipò a una Assemblea dell'Unione Socialista "Leonardo Mezzina". Il 3 novembre, Ernesta Bittanti scriveva da Trento a Salvemini che, il 31 ottobre, doveva inaugurarsi l'Università con le lezioni del prof. Angelo De Gubernatis, al quale però il governo austriaco, "per mezzo della polizia, annunziò, quando il treno che lo portava era giunto a Trento, che l'Università era stata proibita, e gli consigliò di ritornare nel Regno. Egli volle continuare. Ad Innsbruck gli studenti tedeschi lo accolsero a fischiate. Poi, la polizia invase l'aula dove De Gubernatis doveva parlare, gli intimò di tacere, sgombrò l'aula. Ci furono tumulti in strada e dei feriti. Il 27 novembre Salvemini scrisse da Messina alla Bittanti che non sarebbe andato più a Innsbruck, mancando di comunicare la sua decisione al Picca, il quale il 31 ottobre gli aveva scritto: "Hai letto che ad Inspruk (sic) hanno proibito l'apertura della Università? Ci vai, o no?". Perciò, il pensiero, che egli ebbe in Consiglio provinciale che l'amico "poteva trovarsi in quello sbaraglio". A lui, a proposito della discussione avuta in Consiglio provinciale, il Picca riferì anche: "In quella discussione però mi accorsi di una cosa nei tuoi compagni socialisti, che mi parve non fossero rimasti contenti di quella puntata; credo sia per l'eterno difetto del vostro partito, che tutto quello che da voi non viene non è mai buono, ed in fatti quando in altra circostanza mi feci a proporre l'adesione al congresso dei Sindaci a Roma per la soppressione delle spese di competenza dello Stato, che gravano sul bilancio della provincia per oltre 80 mila lire, non uno di essi si fece a caldeggiarla, mentre poi quando si è trattato del sussidio alla Camera di lavoro in Bari non solo mi sono impegnato nella discussione, ma mi son messo in aperta rottura col mio amico e correligionario Balacco. Essi badano sempre alle persone, io alle cose e tiro dritto". "E non cedendo, detto fu chiancone", scrisse di lui, ne Il Borgo, Sergio Azzollini. Pasquale Minervini Centro Studi Molfettesi _________________ Errata corrige: Nell'articolo di Pasquale Minervini su “Gaetano Salvemini ed Ettore Cicciotti per le elezioni di Molfetta del 1900” a causa della correzione automatica del computer - che ha considerato una ripetizione il “che che faccia” della lettera che Cicciotti scrisse a Salvemini il 21 luglio del 1900 (seconda colonna, rigo 41), sopprimendone uno -, il periodo è risultato di scarsa comprensione. Lo riproponiamo integralmente, scusandoci per l'involontario errore. “Caro Salvemini, ho avuto la sua lettera, dalla quale ho visto, prima di tutto, che è molto arduo per una persona estranea al luogo dirimere una controversia come quella di Molfetta, senza sicurezza di far male che che faccia e qualunque consiglio dia”.
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