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Facchini: il “dietro le quinte” Sequestri anche a Roma
15 marzo 2012

Dopo la sentenza del TSAP, Quindici ha intervistato il dott. Guglielmo Facchini, medico ricercatore e portavoce dei proprietari dei suoli attraversati dalle lame ad alta pericolosità idraulica del Comune di Molfetta, che sullo scorso numero di febbraio, aveva dimostrato l’appartenenza di Lama Martina-Cupa all’Elenco delle Acque Pubbliche, attraverso il confronto incrociato di una serie di decreti leggi mai abrogati. Dott. Facchini, la sentenza del TSAP stravolge la pianificazione urbanistica a Molfetta. Cosa il Comune sarà costretto a rivedere? «Innanzitutto, secondo il Putt/p e la normativa nazionale le lame e le relative fasce di rispetto non sono edificabili, ma devono essere salvaguardate e valorizzare come patrimonio paesaggistico. Con la sentenza, dovranno essere rivisti e adeguati al PAI e alla normativa paesaggistica nazionale ed europea molti permessi di costruire nella zona ASI, il Pirp che viola altri vincoli paesaggistici indipendenti dal PAI, il Pip3 che è inedificabile perché collocato nella zona della fascia fluviale e di rispetto di Lama Scorbeto e di altri affluenti di Lama Marcinase, il comparto 21 (autoporto, ndr) posizionato alla confluenza di alcuni affluenti di Lama Marcinase, tra cui le lame Scorbeto e Pulo, i comparti dall’1 al 12 attraversati da Lama Martina-Cupa, il comparto 13 e 18 e così via». Cosa accadrà alle opere già costruite? «Secondo la normativa europea e nazionale, devono essere demoliti quei manufatti che rappresentano un ostacolo idraulico al regolare deflusso delle acque, per poi essere ricostruiti in una zona priva di vincoli paesaggistici. In questo modo, minori sarebbero le spese rispetto alla costruzione di un’opera di mitigazione idraulica. A breve dovrebbe essere anche redatto un decreto legge sulla problematica idrogeomorfologica della penisola italiana, come si apprende da fonti vicine al ministro Corrado Clini. Quindi, le direttive esecutive in materia sono imminenti. Ma è probabile che se il manufatto sorge in zona ASI, le spese saranno a carico del Consorzio, mentre se ricade nella zona artigianale potrebbero pagare le spese il Comune o la Provincia». La zona industriale, l’area vicina a via Berlinguer e i comparti dall’1 al 12 sono soggetti ad allagamenti durante piogge continue e intense. E il rischio più concreto è quello di un’onda di piena. Non sarebbe opportuno predisporre delle opere di mitigazione per queste aree? «Ad esempio, per via Berlinguer l’AdB e la Regione hanno segnalato più volte l’urgenza di progettare e realizzare delle opere di mitigazione, ma il Comune, dopo aver assicurato di provvedere, non ha mai recepito queste indicazioni e ha continuato a costruire nelle lame. Inoltre, sono illegittime le opere di mitigazione delle lame progettate dal Consorzio ASI e dal Comune, perché anche in questo caso violano alcune disposizioni nazionali. Sarebbe anche opportuno ripristinare i tombini otturati nella zona ASI e Pip3 e obliterati della SS 16bis e della linea ferroviaria, situazione aggravata dall’urbanizzazione selvaggia dell’amministrazione Azzollini-Altomare e delle precedenti». L’iter del procedimento del ricorso è stato piuttosto complesso e polemico. Cos’è accaduto ‘dietro le quinte’? «Sin dall’inizio, durante il tavolo tecnico, l’amministrazione di Molfetta, nella persona dell’ing. Rocco Altomare, ha arrogantemente e con inedita violenza imposto il suo punto di vista, senza però alcun riscontro scientifico, offendendo anche i tecnici dell’AdB. In un secondo momento, con la perizia del Comune firmata dal prof. Orazio Giustolisi, poi sequestrata dopo la mia denuncia, mai contestata perché ben articolata sotto il profilo scientifico, si è voluto far credere che le aree a pericolosità idraulica fossero inferiori rispetto a quelle individuate nel PAI. A quel punto, sono state anche fornite alla città e alla stampa una serie di notizie artificiose sull’andamento del tavolo tecnico. Fallita la concertazione, il TSAP ha nominato il prof. Maurizio Giugni come consulente tecnico d’ufficio. Con la sua perizia si è tentato di spalleggiare il Comune, ma lo scorso 23 giugno, mentre a Molfetta si svolgeva l’operazione “Mani sulla città”, la Forestale ne ha sequestrato il fascicolo a Roma. Infatti, contro la perizia di Giugni era stata depositata una denuncia per evitare che anche a Molfetta si perpetrasse uno scempio paesaggistico come nel leccese, dove il PAI è stato rielaborato secondo le richieste del Comune con gravi danni all’ambiente e accrescendo il rischio inondazione». Dott. Facchini, quanto è concreto il rischio idrogeologico a Molfetta? «Da domani a 25 anni dovrebbe esserci una ondata di piena. Potrebbe accadere anche domani. I calcoli statistici dei miei geologi e dell’AdB sono abbastanza attendibili perché elaborati su eventi storicamente documentati a Molfetta. Ad esempio, io ricordo l’inondazione del 1956, quando Lama Marcinase e Lama Sedelle sembravano il fiume Po, Lama Scorbeto un fiume in piena e l’acqua che scorreva su Lama Martina-Cupa era arrivata al ponte della ferrovia. Ricordo Lama Scorbeto nell’inondazione del luglio 1968. Il rumore delle acque di questo importante affluente di Lama Marcinase copriva le voci dei presenti e il letto del fiume trasportava alberi, massi e altri oggetti verso il mare a Cala san Giacomo. All’epoca, però, non era stata ancora attuata l’urbanizzazione aggressiva e negligente degli ultimi decenni. Non oso pensare cosa potrebbe accadere oggi, con gli alvei che sono stati obliterati, deviati e ridotti». Abbiamo saputo che la situazione idrogeomorfologica di Molfetta è stata presentata al prof. Enrico Larcan, ordinario del Dipartimento di Ingegneria Idraulica, Ambientale, Infrastrutture Viarie e Rilevamento, del Politecnico di Milano. Qual è stata la sua valutazione? «Il prof. Larcan, famoso luminare in campo internazionale e consulente del Tribunale di Trani, non solo ha giudicato ineccepibile il PAI dell’AdB, ma, guardando la situazione attuale, ha intuito la gravità del rischio idrogeologico a Molfetta, aggravato dalla linea ferroviaria e dalla SS 16bis. Ha auspicato che si provveda urgentemente a stappare i tombini ostruiti e a demolire i manufatti che ostruiscono il deflusso delle acque in caso di piena, prima che a Molfetta accada l’irreparabile con possibile perdita di molte vite umane».

Autore: M. l. F.
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