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Esiste ancora il libro sul comodino? INCHIESTA - Il rapporto tra i molfettesi e la lettura
15 marzo 2007

Nell'era di Internet, del www o dell'informazione ottenuta nel giro di qualche secondo, grazie all'innovazione dell'ADSL, è più che lecito chiedersi: si riesce ancora a tenere gli occhi aperti e a condurre una strenua battaglia contro il sonno per poter leggere un buon libro, in ricordo delle vecchie favole che recitava la mamma prima della nanna? I più risponderebbero con la solita frase di rito: “Non ho tempo per pensare a queste cose”, evitando così la grana del seccatore ed alludendo, nemmeno molto sottilmente, al fatto che l'antico rito dell'otium latino, una full immersion nelle pagine di un buon testo, sia evidentemente una perdita di istanti preziosi, da dedicare magari alla visione di un qualsiasi programma televisivo, reality show compreso (che diviene molto più interessante ed educativo). Sappiamo leggere e non leggiamo: perché? Pigrizia? Svogliatezza? Vita troppo frenetica? “Manca l'educazione alla lettura”: questo è il coro di voci che si è alzato dai commessi delle tre librerie di Molfetta; Corto Maltese, il Ghigno e Pagina Tre si coalizzano, nonostante la concorrenza, per combattere l'obiettivo comune: la lontananza dalla attività intellettiva. Dall'inchiesta condotta emerge che è proprio la fascia adolescenziale che abbandona la diritta via del contatto con la letteratura immediatamente dopo il termine delle scuole dell'obbligo; anzi, i ragazzi tra i 13 ed i 16 anni non mettono neppure piede in quegli enormi negozi con tante scaffalature, se non per acquistare le odiose ed odiate antologie scolastiche, di cui farebbero volentieri a meno. “La lettura di un libro non deve essere una costrizione, ma deve nascere dalla curiosità”, afferma la giovane commessa de Il Ghigno. Gli adulti? quei pochi che si avventurano nei meandri tortuosi dei ripiani colmi e stracolmi sono gli affezionati, quegli evergreen instancabili, ma inevitabilmente in via d'estinzione. I romanzi di autori contemporanei come Paulo Coehlo o Margaret Mazzantini fanno da padroni sui miti della tradizione classica, ancora etichettata con lo stereotipo di “mattone”, il famoso peso della cultura di cui parlano in molti. Ad un tratto si sente esclamare: “I libri più venduti sono quelli legati alla pubblicità”ed il fenomeno mediatico diventa funzionale anche alla commercializzazione della cultura: ma non a sufficienza. Questa, infatti, è un'azione solo momentanea: crollato il fenomeno “Codice Da Vinci” e tutto il polverone sollevato sulla questione su una probabile discendenza di Cristo, e diventato rauco il grido delle ragazzine alle parole “Tre metri sopra il cielo”, le stesse che ora aprono di nuovo i polmoni per lanciare l'urlo per il sequel “Ho voglia di te”, l'effetto benefico dei mass media svanisce in un nonnulla. Paradossalmente, però, e lontani da ogni minimo sospetto, i lettori più accaniti sono i pargoli, i più piccoli, che con le loro faccine innocenti chiedono a San Nicola o a Babbo Natale un libro del topolino più avventuroso della carta stampata, Geronimo Stilton, accompagnato dalle collane de “Il Battello a vapore”. I piccoli, ancora semplici, genuini, e con i loro occhi limpidi e cristallini, mantengono vivi i contatti con l'isola che non c'è e che la maggior parte degli adulti si ostina a non cercare più, offuscati dalla vita frenetica ed estenuante che non lascia un attimo di tregua; abbiamo abbandonato il cammino della seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino. Leggere, quindi, significa tornar bambini? Forse, e dopo tutto che male ci sarebbe? Sarebbe come combattere con Capitan uncino anziché col datore di lavoro rompiscatole, o come salire su un vascello di pirati piuttosto che restare imbottigliati nel traffico dell'ora di punta, o tornare a casa, per scappare alle grinfie del drago sputafuoco... Leggere vuol dire vivere la vita con fantasia oppure rendere la fantasia vivibile: in fondo la magia aiuta.
Autore: Maria Rosa Rainone
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