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Erri De Luca parla delle “Rose di Sarajevo” nella Cattedrale di Molfetta
Don Angelo Mazzone, Erri DeLuca, Pietro Centrone
15 maggio 2025

 MOLFETTA - “Il seme conosce la via per riuscire a fiorire: anche al buio sa che deve tendere alla luce, penetrare la coltre e andare verso l’alto. E’ attrazione celeste, come per il fuoco, così per gli uomini. Bisogna tendere all’alto”.

Non è necessario sprecare parole, inutili panegirici: Erri De Luca incanta. Nella splendida cornice della Cattedrale di Santa Maria Assunta di Molfetta, ospite della Società Operaia di Mutuo Soccorso presieduta dal dott. Pietro Centrone, il tempo si chiama Erri de Luca, la sua vita non comune, le sue prese di posizione, il coraggio inconsapevole ma necessario a se stessi, semplicemente lui.

Le rose di Sarajevo, il tema della conversazione con Erri de Luca. Don Angelo Mazzone, presidente della Fondazione Museo Diocesano e profondo conoscitore delle opere di Erri De Luca, sottolinea le analogie tra l’ateo scrittore ed il venerabile ed indimenticabile Vescovo Antonio Bello, entrambi portatori di un messaggio di pace nella Sarajevo dilaniata dalla guerra.

Le rose di Sarajevo è il nome poetico attribuito ai solchi sull’asfalto lasciati dalle schegge delle mine lanciate ed esplose ad altezza d’uomo durante la guerra, mine che hanno ucciso, solchi riempiti di resina rossa come il sangue innocente versato.

La società moderna ci impone il coraggio ma non bisogna essere coraggiosi. Occorre adattarsi alle circostanze, sospendere le fobie, afferma de Luca. Bisogna assumere la forma e la costanza delle gocce d’acqua delle quali non si spreca nulla poiché solo unendosi formano il mare.

E l’incanto prosegue grazie alla voce ipnotica che ammalia nel racconto di episodi ed aneddoti di una vita vissuta intensamente per poi tornare all’essenza: lo scambio tra, l’intensità dei rapporti come quelli tra poeti e narratori incontrati nel suo cammino.

Chi scrive una storia è ospite e si deve alzare dalla tavola prima di essere sazio, avere il senso dell'anticipo, andarmene prima, prosegue De Luca e conservare una fedeltà civile ed una fedeltà amorosa poiché entrambe permettono di avere coscienza e rispetto degli ideali, dei diritti e la forza di opporsi ai soprusi.

E’ un privilegio, prosegue, essere ascoltati poiché siamo come ospiti, del vostro tempo, della vostra attenzione, dell’ascolto che si riserva ad un racconto, conclude.

E le parole sussurrate rimbombano potenti anche dopo, come solo potenti possono essere parole di pace e speranza.

© Riproduzione riservata

Autore: Beatrice Trogu
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