Buon 2013 a tutti! Il 2012 appena passato è stato il nostro annus horribilis?
Non lo sappiamo ancora, solo perché conosciamo quel che abbiamo alle spalle, ma il futuro, immediato e remoto, sono ignoti e, nella situazione attuale, poco prevedibili. Ipotesi non tanto azzardate vedono altre turbolenze, anche se “in fondo al tunnel si intravede la luce” – è uno slogan che viene spesso ripetuto per dire timidamente che forse qualcosa sta cambiando, in meglio, si spera.
Abbiamo parlato di annus horribilis, a causa anche di quanto ci è costato economicamente – almeno ai cittadini così detti fedeli allo Stato (quelli che le tasse le pagano sempre e comunque) – in termini di erosione del “portafoglio” disponibile. Il risparmio delle famiglie, voce importante nell’economia nazionale, subisce continue riduzioni: siamo costretti ad attingere al risparmio per far fronte ad alcune delle scadenze sempre più onerose.
Il risultato spicciolo di queste situazioni, si può condensare nel concetto ormai accettato quasi da tutti: i ricchi sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri! Può apparire una semplificazione rozza, ma sembra sia così: sembra sia scomparsa la famosa “middle class”. La classe intermedia, la borghesia che, seppur non ricca, aveva una posizione sociale, economica soddisfacente per le esigenze della vita corrente: il polmone verde dell’economia di una Nazione.
Nelle cronache leggiamo spesso di personalità (in genere persone che hanno rendite autonome medio-alte, se non ricche) che, ritenendo ingiuste o troppo onerose le imposte e le tasse che il loro stato di benestanti induce, addirittura lasciano la loro Patria per trovare domicilio non solo fiscale, in Paesi dove il carico fiscale è meno oneroso, ovvero dove le agevolazioni sono più vantaggiose. E’ un fenomeno – che a tutti gli effetti, si può etichettare come e-migrazione, con le dovute proporzioni – che nulla ha a che vedere con l’immagine che abbiamo storicamente dell’emigrante.
I nostri Padri, i nostri Nonni nei primi decenni del secolo scorso, lasciavano famiglia, affetti, Patria per avventurarsi in Paesi lontani (U.S.A., Argentina, Venezuela, Australia e, persino, nazioni europee come la Svizzera, la Germania – del dopoguerra – il Belgio) in cerca delle opportunità che in Italia erano loro negate. In certi casi erano accolti con diffidenza, se non con ostilità. Alcuni, molti, non solo hanno fatto fortuna, a volte anche in modo illecito, ma sono tornati dopo anni di sacrifici, ricchi ed opulenti, con una gran voglia di ostentare e giustamente la propria ricchezza conquistata.
Il fenomeno emigratorio ha, senza dubbio, apportato benefici notevoli anche all’economia globale della Nazione: il reddito da rimesse degli Emigranti ha costituito per lungo tempo un’importante voce nel bilancio dello Stato. Il “costo” pagato dagli Emigrati è stato in certi casi molto pesante, anche in termini di tragedie immani. Come dimenticare la disgrazia delle miniere di Marcinelle (Belgio): 1956, oltre cento vittime di nazionalità italiana, eufemisticamente definiti dispersi, perché sepolti dal crollo delle gallerie minerarie; di Monongah (Md U.S.A.): 1907, oltre trecento vittime di nazionalità italiana; Dawson (NM U.S.A.) 1913, oltre 140 vittime di nazionalità italiana.
Oggi assistiamo ad un altro tipo di migrazione: quella dal “Sud del mondo”. Quella che costringe moltitudini di disperati, diseredati, poveri, prima ad indebitarsi con individui senza scrupoli, per procurarsi le risorse per il costo del “passaggio” e poi, sempre spinti dal miraggio che in qualche modo spingeva anche i nostri genitori: quello di migliorare la propria condizione, ad affrontare il “nuovo” mondo, dove sono quasi sempre …accolti con riluttanza, se non ostilità.
Ma tornando alla nuova moda di e-migrare per sottrarsi alla mannaia di un fisco ritenuto a ragione in alcuni casi troppo rapace, ci viene spontaneo rilevare la simmetria ma di segno opposto fra l’emigrazione per trovare fortuna e cambiare il proprio stato e l’e-migrazione per …conservare, il più possibile, la propria “fortuna” e non cambiare il proprio stato.
Possono essere considerati due fenomeni uguali e contrari, in tutto e per tutto.
Infatti se abbiamo detto che l’emigrazione dei primi decenni del secolo scorso, pur con il suo carico di rimpianto, dolore per la separazione, incognita per un futuro in una Terra “aliena”, aveva come obiettivo quello di trovare quanto non era disponibile in Patria. Apportava, ha apportato benefici concreti, ha arricchito – in certi casi – famiglie che altrimenti sarebbero vissute in condizioni di indigenza; ha, in qualche modo, fatto ricadere alcuni di tali benefici anche sulla Comunità.
L’attuale trend invece sortisce un effetto uguale ma contrario: sottrae ricchezza alla Nazione di origine (l’e-migrante che deposita, per carità, lecitamente il proprio patrimonio all’estero, ovvero lo impiega in parte o totalmente per acquistare beni immobili, o fare investimenti) perché sottrae ricchezza allo Stato, quindi di fatto genera un danno che sopportiamo tutti.
La conclusione della riflessione può forse cristallizzarsi in un’esigenza di più equa redistribuzione degli impegni dei Cittadini verso lo Stato sempre, non possiamo mai sottacerlo, nella logica semplicissima di contribuire tutti al bene comune, ponendo a disposizione quanto si ha, secondo le proprie possibilità. Non è bello che lo Stato esageri con le imposizioni fiscali, invocando la necessità di ripianare bilanci dissetati da scelte scellerate. Tanto quanto è poco dignitoso sottrarsi a certi obblighi agendo come i nuovi e-migranti.
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