Edipo non si acceca più
In altri tempi avremmo potuto esordire con un’affermazione del genere di “A chi non è noto il mito di Edipo?”. Oggi, alla luce della follia e del delirio scatenati sui social e nelle piazze, oltre che nelle sedi del dibattito politico, non siamo tuttavia portati a stupirci più di nulla. Edipo, vittima dell’ambiguità di oracoli che segneranno il suo destino, si rende artefice inconsapevole del parricidio e dell’incesto con la figura materna, per poi scoprire la verità e preferire la via dell’accecamento alla terribile consapevolezza del reato, pur involontariamente commesso. Purtroppo, dobbiamo registrare che quel barlume di coscienza ancor vivo in quella figura che destò l’interesse di Freud oggi non ha più ragion d’essere e che il re protagonista della tragedia di Sofocle oggi è figura ormai inattuale. Perché l’Edipo asintomatico del 2020 non avverte alcun rimorso di coscienza al rischio del parricidio che si annida nella sua condotta. Tutto è sacrificato sull’altare dell’economia e dell’eugenetica. Il 1° novembre leggevo che “Una delle ipotesi prospettata dalle Regioni è quella di limitare gli spostamenti degli over 70 per cercare di ridurre la diffusione del coronavirus: in particolare lo avrebbero chiesto Lombardia, Piemonte e Liguria”. Le dichiarazioni del governatore Toti sulle vittime “individui non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese”, poi, sono ormai pagina ben nota e sembra persino strano che, seppur in modo poco convincente, egli abbia cercato di rimediare. Se Machiavelli, infatti, nel Cinquecento asseriva che “Debbe (…) avere uno principe gran cura che non li esca mai di bocca una cosa che non sia piena delle soprascritte cinque qualità, e paia, a vederlo et udirlo, tutto pietà, tutto fede, tutto integrità, tutto umanità, tutto religione”, oggi tale concetto appare del tutto superato. Non si avverte più alcun bisogno di dissimulare il cinismo più esasperante, perché si è ben compreso che parlare alla ‘pancia’ di un popolo allo sbando è certamente più fruttuoso che fare appello al poco di razionalità che resta. Basta evocare Lampedusa per suscitare il facile applauso di chi ha dimenticato – o forse ignora – il passato trapunto di migrazioni di tanti nostri connazionali! Resta da chiedersi che fine abbia fatto quella gente che, secondo le leggende care già a Nevio, doveva discendere da Enea, colui che fuggendo da Ilio in fiamme si caricò sulle spalle il padre Anchise, di certo ritenendolo non meno ‘indispensabile’ del figlio che aveva accanto e, anzi, indirizzandogli queste parole: “Comunque accadranno le cose, uno e comune il pericolo, unica salvezza ci sarà per entrambi”. A tratti sembra che l’Italia viva più dell’eredità di Alboino che di Eurialo e Niso. Del resto, questi ultimi nomi (e quello del pius figlio di Venere) oggi sono ignoti ai più, perché la cultura latina, nella maggior parte degli indirizzi di studio, è stata penalizzata da tagli nei quadri orari, in quanto portatrice di un sapere non ritenuto ‘indispensabile’ allo sforzo produttivo del Paese. Come se il Colosseo, la Città Eterna, come del resto le vestigia di un Rinascimento oggetto di culto più all’estero che da noi, fossero voci non incidenti nel bilancio dello Stato. Eppure le famiglie dei più piccoli invocano che non siano chiuse le scuole. Non è facile stabilire se sia il sacro furore della cultura – improvvisamente di nuovo oggetto d’interesse per questo Paese – o semplicemente la necessità di trovare un comodo parcheggio per figli che si sa sempre meno come gestire o fanno ombra alle nostre ambizioni di eterna adolescenza. Resta difficile comprendere come riuscire a mantenere aperto a oltranza persino in lockdown, contenendo i contagi, un aggregatore sociale come la primaria, intorno al quale ruotano intere famiglie, oltre che docenti e molti anziani (abbiamo dimenticato i nonni chiamati, in luogo dei genitori, a prelevare i bambini di scuola elementare all’uscita? Non sono le stesse persone che desideriamo lasciare a casa?)… Un positivo reca con sé corollari di quarantene, isolamenti fiduciari, tamponi, ansie e in qualche caso anche morti, che, se sul ristretto numero di contagiati non sembrano poi così incidenti, sulla grande quantità attivano l’effetto Bergamo. Si dice che i bambini siano abilissimi a rispettare le norme di contenimento, ma siamo certi che queste dichiarazioni corrispondano realmente alla gioiosa realtà del mondo infantile, fatta di dita nel naso, occhi che prudono e vengono grattati senza tante precauzioni, cibi succulenti e caramelle arpionate senza preoccupazioni igieniste? Non sarebbe forse meglio una soluzione più drastica e temporanea, che magari affrontasse in modo deciso la situazione, permettendo anche agli adolescenti, alle loro famiglie e ai loro docenti di tornare alla didattica in presenza, prospettiva che si allontana sempre più se continua questo stillicidio delle chiusure a singhiozzo e a macchia di leopardo? E quando il virus sarà entrato nelle case attraverso i più piccoli, ammesso che, come sembrano dirci le statistiche e come ci auguriamo, non ne paghino in prima persona le conseguenze, che ne sarà dei genitori fragili e degli anziani? Si risponderà che i nonni appartengono al passato: bisogna preservare il futuro. Mai, del resto, guardarsi indietro come Orfeo: il rischio è di essere dilaniati e smembrati dalle Baccanti, che in questo momento pullulano in Italia! Eppure Montale diffidava degli “uomini che non si voltano”. Eppure l’impulsivo Turno che si volge a guardare i compagni rutuli per l’ultima volta prima di andare a morire ci appare umano, forse anche troppo, ma decisamente migliore di chi avanza senza tentennamenti, convinto d’essere invincibile e che, se qualcuno cadrà nel cammino, in fin dei conti si trattava di un debole, di certo non ‘indispensabile’ al consesso di questa tanto ‘umana’ società. © Riproduzione riservata