Dopo 17 anni il futuro del porto è ancora incerto
CRONOLOGIA. Tutte le tappe di una vicenda controversa giudiziaria, amministrativa e politica
La storia della realizzazione del nuovo porto commerciale di Molfetta è costellata di ritardi nei lavori, incrementi di prezzi, sequestri del cantiere, indagini giudiziarie. L’opera faraonica fu decisa da Antonio Azzollini, ex senatore, ex presidente della commissione bilancio del Senato ed ex sindaco della città adriatica (imputato assolto), con una gara indetta nel 2006 per un importo base di 63,8 milioni di euro. Dopo un anno l’appalto fu aggiudicato all’Associazione temporanea di imprese guidata dalla cooperativa Muratori & Cementisti (Cmc) di Ravenna. Importo: 57,6 milioni di euro con un ribasso del 10%. Sono trascorsi ben 17 anni ma l’opera giudicata la più grande ed importante d’Italia, dopo il Moses di Venezia, con l’aspirazione di diventare l’area logistica più importante d’Italia (e per qualcuno anche del Mediterraneo), contrariamente a ciò che dice la propaganda dell’attuale sindaco Tommaso Minervini, continuatore dell’opera di Azzollini, l’opera è ancora lontana dalla sua conclusione. Mancano, infatti, tutti gli interventi di collegamento, i collaudi e soprattutto un piano strategico sulla sua funzione e tanto altro ancora. Intanto, i lavori, con l’ultimazione della banchina a nord-ovest e poi il molo di sopraflutto, per garantire la sicurezza alla navigazione e all’ormeggio delle imbarcazioni, sono ripresi nel 2020, al termine della maxi inchiesta con 62 indagati che il 7 ottobre 2013, dopo una segnalazione dell’Authority per la Vigilanza, ha portato agli arresti del responsabile unico dell’appalto del porto, Vincenzo Balducci, e del procuratore speciale della Cmc, Giorgio Calderoni (poi assolti). Ma c’è stata anche l’accusa, per l’ex sindaco Azzollini (poi assolto), di truffa ai danni dello Stato, falso ideologico e in atto pubblico, abuso d’ufficio, violazione delle normative ambientali e della normativa sul lavoro, violenza e minaccia a pubblico ufficiale. Secondo la Procura di Trani, i lavori del nuovo porto erano lievitati fino alla cifra di 147 milioni di euro e erano stati appaltati nel 2007, senza aver ultimato la bonifica dei fondali marini dalla presenza dei tanti ordigni bellici che rendevano impossibile il dragaggio dell’area. Secondo la Procura, la maggior parte dei finanziamenti pubblici, sarebbero poi stati distratti dal Comune. In conclusione: lavori bloccati per 7 anni e processo concluso senza colpevoli il 20 dicembre 2019: il Tribunale di Trani ha assolto nel merito 28 imputati, tra i quali Azzollini e Balducci – i due rinunciarono alla prescrizione –, a seconda dei casi, con la formula piena del «fatto non sussiste» o «non costituisce reato». Gli altri reati sono andati prescritti, mentre il 15 maggio scorso, è iniziato il processo d’appello, a oltre tre anni dalla sentenza di primo grado. Tutte le tappe di una vicenda controversa giudiziaria, amministrativa e politica, che sono lontane dalla conclusione, ma sicuramente oggetto di confusione e delusione. © Riproduzione riservata