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Don Tonino e Guglielmo vivono nella quotidianità del cammino
15 aprile 2018

Innanzitutto non parliamo al passato. Don Tonino e Guglielmo vivono oggi. Me li ritrovi accanto, qualche volta li chiamo al telefono, qualche altra volta sono loro che chiamano me! Questa sorprendente presenza nella quotidianità del cammino è il segno dell’energia e della forza provenienti dal loro esempio e dal loro insegnamento. Attuali più che mai i messaggi di attenzione e cura dell’uomo come anche, per lo stesso scopo, le loro preghiere e le loro azioni. Tra mistica e politica Guglielmo e don Tonino sono vivi perché sono in cammino insieme sulle strade del giorno e svegli e veloci nel guardare la “notte” delle città e dei suoi abitanti. Nella “notte” per guardare e misurare il bisogno di salvezza ed essere attenti analisti e acuti osservatori. Nel “giorno” per misurare il bisogno di speranza ed essere bravi organizzatori e lungimiranti pianificatori. Pronti a costruire piani di intervento come gli amici del paralitico di Cafarnao “Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico…” I portatori del paralitico. Grandi amici: forti, fantasiosi, tenaci, creativi come Guglielmo e don Tonino. Strappano l’ammirazione del Maestro: “Gesù vista la loro fede...” la loro, quella dei quattro portatori, non del paralitico. Gesù vede e ammira una fede che si fa carico, con intelligenza operosa, del dolore e della speranza di un altro. Questa è la missione! Dunque, alzatevi, muovetevi, svegliatevi! Questa forza di scuotimento, tipica degli inviti dei nostri padri contadini quando si chiamava al mattino presto per andare nei campi ancora ghiacciati di rugiada, ci chiama al lavoro. Già al mattino presto come instancabili costruttori. In piedi costruttori! Non demolitori, lamentatori incalliti, distruttori di sogni, ma sviluppatori di idee, di visioni e di progetti. Amplificatori di voci buone, di grida di protesta e di calde utopie. Costruttori di terre ed edifici di pace fatti di mattoni di tenerezza, di premura, di sensibilità, di protezione, di entusiasmo, di audacia, di comprensione, di accoglienza, di ascolto, di aiuto, di abbraccio e carezza, di allegria. Vive oggi il “prete col grembiule”. Operoso, operativo e operaio nel cantiere della pace sempre aperto, giorno e notte. Vive oggi il “politico col grembiule” piccolo esile ma tanto carico di forza creativa, innovativa e generativa di “bollenti spiriti “e “bollenti utopie”. Don Tonino e Guglielmo ci invitano ancor oggi ad andare a scuola di pace e a scuola di “scuotimento”. Ci invitano a restare vicini agli androni dei palazzi e agli angoli delle città dove si consuma l’ingiustizia e la povertà formandoci alla solidarietà e alla politica del grembiule. Vescovi col grembiule, preti col grembiule, manager col grembiule, medici col grembiule, insegnanti col grembiule, politici col grembiule… Queste sono le icone di riferimento. Testimoni di “disarmo”, rivoluzionari e profeti sull’iperbole della Carità. Infatti, la curva dell’iperbole sintetizza in maniera immediata due direzioni di infinito. Una direzione verso l’infinito della pace, dell’amore, della carità e l’altra direzione verso l’infinito della violenza, dell’odio e dell’indifferenza. Cammini nuovi, cammini controcorrente. L’iperbole di don Tonino traccia il cammino della perdita del potere verso il servizio all’uomo (il grembiule), verso Dio, verso la pace, verso la carità e verso i poveri. L’iperbole di Guglielmo traccia il cammino della perdita del potere verso una politica generativa di creatività, di partecipazione e di atti concreti di aiuto e di vicinanza all’Uomo. Don Tonino maestro - Guglielmo allievo. Si sono arricchiti vicendevolmente intenti tutti e due a trasmettere con i gesti, con le parole e con le espressioni l’emozione dell’accoglienza e l’innamoramento delle vicende umane a volte tristi e a volte desiderose di futuro. Don Tonino e Guglielmo accomunati. Con il minimo comune multiplo. La capacità dell’ascolto dell’altro. Ascolto che accoglie, che aiuta e che abbraccia. Con il massimo comune divisore. Il coraggio della frontiera, della periferia e del limite sempre alla ricerca di povertà palesi e di miserie mai emerse costruendo spazi nuovi di accoglienza. E poi accomunati dall’infinito. Traguardo dell’iperbole quando nel “cammino delle perdite” del potere e del denaro ci si avvicina allo zero lì dove il “chicco di frumento porta frutto”: Il massimo comune multiplo. L’innamoramento della persona. L’infinito di Dio raggiunto con il coraggio della “Charitas sine modo”, amore senza limiti, amore senza misure. Questo è l’insegnamento di don Tonino di cui ci siamo nutriti tutti, anche Guglielmo: “Chiedete al Signore il fuoco della festa, Per incendiare il mondo con le vampe della profezia e incenerire gli schemi della sua logica antica”. Il fuoco della poesia e la tenerezza dello sguardo “scongela” le potenzialità di chi ascolta don Tonino oggi e riattiva percorsi operativi di cose e piani di lavoro carichi di massimo comune multiplo. Il coraggio del samaritano. Nella Bibbia è scritto che le stelle rispondono a Dio risplendendo di luce e dicono: eccoci. È questa Luce l’energia e la forza di scuotimento di don Tonino maestro. “Se c’è conversione che dobbiamo chiedere alle nostre comunità è quella di essere capaci di liberare Speranza di saperla organizzare, di dare carne e sangue agli aneliti dei piccoli, dei poveri: di disegnare per loro i percorsi concreti per raggiungere le cime utopiche”. Eccoci, dunque, è la risposta senza se e senza ma della “Charitas sine modo” e dell’infinito provenienti dalla forza del dono di sé. Don Tonino racconta questo infinito chiedendo alla poesia un contributo creativo e rivelativo. Le sue ispirazioni sovrastano tutto e un’influenza che viene dal di fuori si impadronisce di lui: una potenza divina penetra in lui e lo porta a creare certe immagini perfette attraverso le quali cerca di spiegare la quotidiana presenza di Dio. Alda Merini scrive: I poeti lavorano di notte quando il tempo non urge su di loro, quando tace il rumore della folla e termina il linciaggio delle ore. I poeti lavorano nel buio come falchi notturni od usignoli dal dolcissimo canto e temono di offendere Iddio. Ma i poeti, nel loro silenzio fanno ben più rumore di una dorata cupola di stelle. Nella culla della poesia e nel silenzio del cuore, come fecero i padri del deserto, Guglielmo e don Tonino ci propongono le tracce di lavoro concreto del grande impegno sociale che ci attende. Protesta. Allontanarsi da uno stile non più improntato al vero messaggio della solidarietà. Penitenza. Accettare un serio cammino di rivisitazione dei comportamenti. Pazienza. Saper aspettare che la comunicazione del cambiamento si irradi. Preghiera. Concentrarsi sul bisogno di interiorità e di etica. Progetto. Elaborare piani operativi e di azione che ridisegnino il binomio Ethos e Polis. Questa rivoluzione ci attende! Don Tonino prima e Guglielmo insieme sono le avanguardie e le sentinelle del domani! Per questi miei due amici, compagni di viaggio che sento più volte al giorno, la loro vita si è impastata con quella mia e con quella di tanti altri. Tutti intenti a trasformare gli strumenti di guerra in attrezzi di pace: “Le spade diventeranno aratri, e le lance, falci”, tutti convinti che: “Il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso”. Questo impasto è ancora fresco. Dobbiamo ancora scuotere, dobbiamo ancora essere svegli di notte e dobbiamo ancora essere salvezza per molti. Questo è il cammino nuovo. Questo è il pane fresco da servire alla tavola di questa magnifica avventura che è la vita. © Riproduzione riservata

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