Recupero Password
Don Tonino Bello l'annuncio tanto atteso: via al processo di beatificazione Dal vescovo Mons. Martella una notizia della quale i fedeli erano certi da sempre
15 gennaio 2008

Quando Mons. Luigi Martella, vescovo di Molfetta, legge la notizia, in fondo Molfetta non scopre nulla di nuovo. Lo capisci dagli sguardi dei presenti prima dell'annuncio, trepidanti eppure certi, vogliono convincersi che “Sì, ci siamo”. Lo leggi nei commenti sul web, ma anche per la strada, nelle case che si preparano al Natale. Commenti che dicono, come in coro: “per noi, santo lo è da sempre”. C'è l'intero corpo sacerdotale della città, c'è la stampa, non solo locale, c'è anche qualche intrepido che, intuendo che è il gran giorno, ha sfidato la prima spruzzata di neve per essere in Seminario, quando il vescovo leggerà le parole di un comunicato diventato già storico, che qualcuno, neanche un mese dopo, recita già a memoria. “Carissimi, quanto è nelle attese e nel desiderio di molti – ha detto il vescovo Martella -, finalmente lo possiamo annunciare: la Diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, avendo ottenuto le necessarie approvazioni richieste dalla normativa canonica vigente, inizierà l'iter per la causa di beatificazione di Mons. Antonio Bello. Possiamo veramente dire che questo è un bell'annunzio natalizio. Siamo lieti che questo avvenga quasi in concomitanza di due ricorrenze importanti riguardanti la vita dell'indimenticabile e amato Pastore: il cinquantesimo di sacerdozio e il venticinquesimo di episcopato. A distanza di quasi quindici anni dalla sua morte avvenuta il 20 aprile 1993, la fama della sua santità si è diffusa e continua a diffondersi. Il suo ministero episcopale ha inciso profondamente con il dono della parola illuminante e affascinante, con la profezia dei gesti, con l'impegno per la pace, con l'attenzione privilegiata verso i poveri e gli emarginati. Il suo stile di vita semplice e coinvolgente, rispettoso ed amabile continua ad esercitare un benefico influsso su molti: giovani, adulti, persone consacrate, sacerdoti, e persino su persone che non condividono la stessa fede cristiana”. A muovere le mani dei presenti in un applauso non chiamato, non di rito, ma spontaneo, forte, liberatorio di commozione e di attesa, non è soltanto la fede cristiana, ma qualcosa che anche se più semplice, anche se più profano, forse è ancora più vicino a Dio. L'amore, semplicemente. L'eco di un amore che Don Tonino ha seminato e che non si è mai spenta, che forse, in una città così, inseparabile delle sue mediocrità non è stato magari il classico sasso nello stagno. Ma il segno di questo sacerdote, teologo, filosofo dal crocefisso in legno -“in grembiule”, gli piaceva dire -, c'è stato, ha ispirato pensieri di cui forse una cittadinanza non sapeva di essere capace, ha gettato il seme. Ha allontanato da droga, da cattive strade. Ha aperto la sua casa a chiunque ne avesse bisogno, anche per parlare, anche per una notte soltanto, ha ospitato senzatetto e immigrati. “Io non risolvo il problema degli sfrattati -disse una volta ospitando famiglie in vescovado -. Non spetta a me farlo, spetta alle istituzioni: però io ho posto un segno di condivisione che alla gente deve indicare traiettorie nuove, insinuare qualche scrupolo come un sassolino nella scarpa”. Ha guidato, già gravemente malato, una marcia nonviolenta a Sarajevo in un Paese in guerra. Militante, ancor più che se avesse avuto armi. Ha spinto chiunque ne sia entrato in contatto ad essere migliore. La sua opera, la sua predicazione di grandezza nell'umiltà è nei cuori e nelle teste, fa persino parlare di lui Don Ciotti sulle tv nazionali quando apparentemente si parla d'altro. Di quali altri miracoli ha bisogno per essere santo? Il soffio di santità c'è sempre stato, e ci sarà sempre. Istituzionalizzarlo come beato, come “servo di Dio” per definizione, non cambia molto. Servo di Dio, Don Tonino lo è sempre stato, nella maniera migliore, nella maniera giusta e, purtroppo, inimitabile. Nelle sue messe, nei suoi scritti, c'era poco latino, c'erano molte storie. Storie di gente, di vita. C'era Maria donna. C'erano poveri Cristi. Sì, a cavallo del terzo millennio, Don Tonino era quello che ancora guardava Gesù negli occhi di chiunque. “I poveri sono il luogo teologico dove Dio si manifesta e il roveto inconsumabile dal quale egli ci parla”. Era questo il credo di un uomo, ancora prima che vescovo, che raccoglieva attorno a sé gente diversa, dalle idee diverse, dalle diverse casacche. Di quale altra prova di santità si sentiva il bisogno? Per questo hanno ragione, coloro che ritengono che il processo di beatificazione non è iniziato il dicembre scorso. E' iniziato quel 20 aprile di quasi quindici anni fa. Era il vescovo della gente, e la gente lo ha già eletto e acclamato come ispirazione, motore, fonte dei sentimenti umani più belli e più puri. E anche se non era e non è ancora santo, e anche se questo iter per la beatificazione non condurrà a nulla, sant'uomo lo è da sempre.
Autore: Vincenzo Azzollini
Nominativo  
Email  
Messaggio  
Non verranno pubblicati commenti che:
  • Contengono offese di qualunque tipo
  • Sono contrari alle norme imperative dell’ordine pubblico e del buon costume
  • Contengono affermazioni non provate e/o non provabili e pertanto inattendibili
  • Contengono messaggi non pertinenti all’articolo al quale si riferiscono
  • Contengono messaggi pubblicitari
""
Quindici OnLine - Tutti i diritti riservati. Copyright © 1997 - 2024
Editore Associazione Culturale "Via Piazza" - Viale Pio XI, 11/A5 - 70056 Molfetta (BA) - P.IVA 04710470727 - ISSN 2612-758X
powered by PC Planet