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Don Tonino: Amo ergo sum intervento inedito dell'aprile 1992
15 aprile 2012

Amici miei, non vi abbandoni il principio speranza. Voi vivrete, voi sarete, nella misura in cui le vostre speranze arderanno nel cuore e le saprete additare anche ai giovani con coraggio. Uno dei passaggi più significativi dell’inedito discorso che il vescovo, mons. Antonio Bello, tenne durante la visita al tronco autostradale Bari Sud il 28 aprile del 1992, un anno prima della morte (20 aprile 1993). Con questo inedito, gelosamente conservato dall’ing. Girolamo Altomare, “Quindici” come ogni anno vuole ricordare il nostro indimenticabile Vescovo a 19 anni dalla sua morte. La riflessione di don Tonino è tutta centrata sull’uomo e sull’attualità del Vangelo, unica arma che da opporre all’omologazione della società contemporanea, segnata dallo stress, dalla prigionia dell’agenda, dalla secolarizzazione, dall’uomo ridotto a «cervello informatizzato ». Tutti i dissesti che avvengono nella nostra società sono provocati, secondo don Tonino, dalla smania del denaro, dall’accumulo e del possesso e conducono solo alla “morte dell’uomo”. È il caso dell’usura, che don Tonino denuncia come una delle piaghe più pericolose e criminose per Molfetta fra gli anni ’80 e 90’, e del potere, considerato «il salire sulle spalle dell’altro per crescere ». Nel suo modo di parlare, nelle sue tonalità, nella sua ironia evangelica si riconosce tutta la potenza della santità di don Tonino, esempio che le istituzioni amministrative e politiche attuali dovrebbero rincorrere sia nell’opposizione concreta al potere costituito e alle organizzazioni criminali, sia nell’applicazione dei principi evangelici per arginare la smania di protagonismo e indirizzare le scelte politico-amministrative verso il bene della collettività e non del singolo. Come giungere alla “città della pace”? Con una disarmante semplicità cristiana, simile a quel sibilo percepito tra le pagine del Vangelo, don Tonino parte dal “credo ergo sum”, il credere non solo in Dio, ma nei valori della vita, nella centralità e dignità dell’uomo. Perché, spiega don Tonino, ripercorrendo il salmo VIII, «quando vi presenterete di fronte al Signore, lui vi dirà “vieni perché mi hai voluto bene nell’uomo, hai amato tuo fratello”, ma è chiaro che per fare questo nella vita bisogna ascoltare la sua parola, farne rifornimento, quindi andare a messa». Poi, “spero ergo sum”: «il principio di speranza non vi abbandoni mai – l’augurio di don Tonino – non lasciatevi scalfire, mordere dalle previsioni tristi che i contemporanei ci rifilano ogni momento ». «La speranza significa che io e te domani mattina faremo esplodere il mondo»: significa «essere certi che il futuro dell’uomo sarà sen’altro migliore del nostro presente e che possiamo realizzare già nel tempo presente possiamo realizzare le nostre calde utopie, come la pace, un frutto e un bene che noi potremmo raggiungere e mordere». Quelle di don Tonino sono vere e proprie impennate di entusiasmo evangelico: «non c’è tenebra da cui non si possa uscire, tomba da cui non si risorga, macchia che non possa essere lavata, non ci sono gramaglie nere che non possano diventare abiti di notte, non ci sono nenie lugubri, tristi, funeree che non possano avere nelle loro cadenze i primi accenni dell’alleluia pasquale». Numerosi gli aneddoti, le citazioni di poesie e canzoni (es. Trilussa, Rodari, Vecchioni, san Francesco), dai quali traspare il profondo amore per la grandezza dell’uomo, inteso come la creatura del creatore che, pur se poco meno di niente, ama e si dona continuamente ai suoi figli. «Dio non è un computer, non è un grande magazziniere dei nostri nomi e neppure l’archivista supremo che per ogni uomo custodisce un dossier riservato. Non è l’infallibile memorizzatore di fatti e misfatti che il giorno del giudizio userà come prove di merito o come capi d’imputazione nei nostri confronti»: «non immaginate Dio come uno che sta lì per contare, a inseguirci per tirare i bilanci», la preghiera che don Tonino rivolge anche a noi, oggi. «Vogliateli bene, perché lui ve ne vuole tantissimo. State tranquilli, perché se voi volete bene a Dio, difficilmente sbaglierete e peccherete». Dio è provvidente, si fa carico di noi, si prendere cura di noi: «non gli basta darci un letto, ma la notte si alza per rimboccarci le coperte, ha sollecitudine, è inquieto per noi, si preoccupa e non solo per gli uomini in generale, ma del singolo». Infine, “amo ergo sum”: «noi uomini ci manteniamo in piedi solo se il nostro baricentro cade al di fuori di noi, solo allora ci manteniamo in piedi, solo allora si vive, solo allora amare significa veramente bruciare la propria vita per l’altro». Questo «l’amore oblativo», come lo definisce don Tonino, l’amore per la gente, per i poveri, per coloro che soffrono, per coloro che si trovano in difficoltà, per i reietti dalla vita, per chi è allo sbando: non ablativo, marcato dal «delirio di possesso» Quell’intervento, rimasto in un cassetto per quasi 15 anni, è una delle pagine di Vangelo più profonde e irripetibili, non riportate nelle sacre scritture: l’annuncio del Vangelo «non è proclamare la premura di Dio, ma la grandezza dell’uomo, non consiste nel rivelare la condiscenda del creatore, ma nell’esaltare il prestigio della creatura, non si riduce a glorificare la tenerezza divina per ogni volto umano, ma punta a mettere in luce il fascino di quel volto che riesce a stregare perfino il cuore di Dio».

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