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Don Grittani, un prete dalla parte degli ultimi I resti del sacerdote degli accattoni traslati nella “sua” Opera
15 aprile 2003

Alcune settimane fa le spoglie mortali di Don Ambrogio Grittani (nella foto), traslate dal cimitero comunale, venivano deposte in una tomba in pietra locale appositamente costruita all'interno della cappella dell'Opera da lui voluta per assistere i suoi amati poveri. Nell'occasione, in ottemperanza a quanto disposto per coloro dei quali è in corso la causa di canonizzazione, è stata effettuata anche la ricognizione del corpo del sacerdote che è stato trovato praticamente intatto. Alla suggestiva cerimonia era presente anche il Vescovo della diocesi, Mons. Luigi Martella, che nell'annunciare l'evento ha scritto: “Don Grittani, sebbene siano passati oltre cinquant'anni dalla sua morte, vive ancora nella memoria di tanti. [...] Egli visse col grembiule ai fianchi per servire i poveri e gli accattoni e per riscattarli dalla miseria, dal degrado fisico, morale e sociale.” Queste parole raccolgono in estrema sintesi tutto l'impegno civile di questo sacerdote che, senza alcuna paura, amava definirsi “l'accattone di Dio” e sottolineano l'estrema modernità di questa figura che, ancora oggi, affascina e mette in crisi le strutture mentali di tanti “benpensanti”. Le idee “rivoluzionarie” Don Grittani aveva le idee chiare. Già il giorno della sua ordinazione sacerdotale scriveva alla sorella: “Difenderò i diritti di tutti gli oppressi”. Sicuramente un programma di vita secco e impegnativo che egli tentò di realizzare con grande impegno. Anche in campo più propriamente sociologico le sue affermazioni sembrano precorrere i tempi: figlio di una chiesa ancora lontana dalle aperture del Concilio Vaticano II, affermava chiaramente che la restituzione ai poveri della loro dignità rappresentava una pre-condizione rispetto alla loro formazione religiosa. Sul modo con cui ci si deve rapportare agli esclusi della storia è perentorio: “Essi devono essere rispettati nei loro diritti, il più sacro dei quali è la libertà”. La fondazione dell'Opera Nell'ottobre del 1941, in pieno conflitto mondiale e con le sacche di povertà che divenivano sempre più ampie nella nostra città, nasceva l'Opera fondata da Don Grittani per assistere gli accattoni di Molfetta. Egli stesso racconta l'episodio che da il via alla sua avventura assistenziale: “Ho visto un giorno in Molfetta un povero accattone che per i milioni di pidocchi suscitava il disprezzo di tutti. Tutti dicevano: attenzione, attenzione al pidocchioso, ma non ho sentito nessuno dire: come mai dobbiamo tollerare che un nostro concittadino debba vivere in questo barbaro modo?”. E' questo profondo desiderio di giustizia che fa nascere in quest'uomo esemplare il desiderio di dedicarsi completamente ai più sfortunati. Don Ambrogio comincia così ad organizzare una mensa per i poveri, ad offrire loro un ricovero ma soprattutto a trasmettere ai “suoi fratelli accattoni” quell'affetto e quel calore umano di cui avevano vitale bisogno. Un prete-prete Don Grittani ha lasciato in tutti coloro che hanno avuto modo di conoscerlo una impressione di profonda umanità e di sano pragmatismo. Mons. Ruppi, Arcivescovo di Lecce che è stato suo alunno negli anni del seminario, lo ricorda come un professore capace e profondamente competente, a tratti anche severo, ma sempre pienamente umano e disponibile. A proposito del modo con cui Don Ambrogio interpretava il suo essere sacerdote l'Arcivescovo è molto chiaro: “Il programma sacerdotale del Servo di Dio non si colloca sul versante del populismo di maniera. Egli non è il prete-sindacalista, il prete-rosso, che si scaraventa contro i ricchi, contro la società, ma è il prete-prete, l'uomo di Dio che lascia agli altri la filosofia e la sociologia e si china sulle miserie umane per redimerle e avviarle a salvamento”. I nuovi percorsi dell'Opera L'Opera fondata da Don Grittani, dopo la sua morte, non ha smesso di crescere e di sperimentare nuove iniziative per andare incontro alle povertà che avanzano in questo tempo pieno di contraddizioni in cui la miseria è tutt'altro che scomparsa. La congregazione delle Suore Oblate di S. Benedetto Labre, fondata da Don Ambrogio è ormai presente in numerose realtà italiane ed estere oltre che nella nostra città. “Da qualche anno abbiamo due missioni in Albania – dice a “QUINDICI” Suor Giovanna Pezzulla, madre generale della congregazione – e abbiamo istallato in quei villaggi poverissimi una scuola materna, un servizio infermieristico e anche uno studio dentistico.” Le intuizioni di questo grande uomo di fede sono, dunque, tutt'altro che estinte. Francesco Dell'Olio
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