MOLFETTA - «Educare, oggi, vuol dire portar fuori quello che c’è nell’altro» è questo il fine fondamentale dell’educazione, secondo don Luigi Ciotti, relatore della conferenza «Sfide educative per l’Italia di oggi». Don Ciotti racconta che, quando fu nominato sacerdote da Padre Pellegrino, questo gli disse: «la tua parrocchia sarà la strada». Impegnato costantemente ad affrontare i duri problemi della realtà di oggi, come la droga e la mafia, don Ciotti ha sempre avuto la strada come suo punto di riferimento. Nel 1986 partecipa alla Fondazione della Lega italiana contro la mafia, negli anni’90 intensifica la lotta contro la mafia e diventa direttore del giornale «Narcomafia», nel 1985 nasce «Libera», l’associazione contro la mafia, presieduta proprio da don Ciotti. La strada, come lui stesso afferma, è la realtà più difficile, più complessa, è luogo d’incontro, accoglie le storie, le persone, i volti, è teatro di tutte le problematiche che tormentano la nostra società.
È in una realtà difficile come la nostra che l’educazione deve acquisire un ruolo centrale. Il testamento lasciatoci da Paolo VI è il documento che esprime in modo significativo il vero senso dell’educazione, parlando del mondo dice: «non si creda di giovargli assumendo i pensieri, i costumi, i gusti, ma studiandolo, amandolo e servendolo».Ciò è proprio quello che siamo chiamati noi a fare: dobbiamo studiare il mondo, leggerne i cambiamenti, le trasformazioni; amarlo perché è il luogo che ci permette di crescere, di diventare veri e soprattutto amarlo«. Il mondo non è una realtà solo da fuggire, ma anche da amare» ribadisce don Ciotti. Questa deve diventare la nostra sfida educativa da trasmettere ai nostri giovani.
Con tutte le difficoltà che caratterizzano i nostri tempi, tutti noi abbiamo una grande responsabilità educativa. «Dobbiamo stimolare gli interessi, le aspirazioni dei nostri ragazzi, favorirne la creatività, il protagonismo. Questo significa educare» sostiene don Ciotti. I giovani oggi hanno bisogno di adulti non perfetti, ma veri, autentici, che non dicano loro cosa fare, ma li aiutino a capire i problemi e a cercare insieme delle vie d’uscita. «Educare è un atto d’amore, mai di potere, ci si educa insieme, facendo prevalere la dimensione del “noi”» dichiara don Ciotti.
In quest’epoca di grande smarrimento c’è bisogno di creare un nuovo patto educativo: «tutti noi dobbiamo sentire una passione nel processo educativo come energia trainante» .In un’ enciclica Benedetto VI riassume in sette elementi tutti i problemi da affrontare nell’età della globalizzazione: fame sete e disuguaglianza, precarietà del lavoro; emigrazioni; finanza speculativa; omologazione culturale; svalorizzazione della vita e mancanza di libertà religiosa. È un quadro preciso in cui leggere la realtà di oggi.
La nostra società è tormentata da un grande impoverimento sociale. Come ricorda don Ciotti, sono stati cancellati recentemente fondi per gli asili nido, per le pari opportunità, sono stati chiusi molti dormitori a Torino. L’impoverimento sociale è aggravato dall’impoverimento della cultura. Oggi assistiamo a una stagnazione della cultura,« oggi ci si accontenta di un sapere di seconda mano, per sentito dire, non autentico» tuona don Ciotti. A tutto ciò si aggiunge l’impoverimento della moralità pubblica: l’indignazione oggi, secondo il relatore, è diventata una moda, non basta più essere indignati, bisogna provare disgusto. Tutto ciò porta a tre ricadute psicologiche: limitazione, sfiducia e ribellione. È nostro dovere intercettare questi segnali e trasformare le ribellioni in impegno, ma soprattutto è nostro dovere incentivare la cultura, la conoscenza, la documentazione seria e attenta, mai faziosa e demagogica, perché, come afferma il relatore, senza verità non si costruisce la giustizia.
Ad acuire tale situazione di crisi concorre l’impoverimento della speranza. In questi ultimi anni si è triplicato l’uso degli antidepressivi, il consumismo ci sta divorando: l’anno scorso sono state sprecate 25.000.000 di tonnellate di alimentari, precisa don Ciotti, oltre 3.000.000 di persone sono attualmente coinvolte in gravi problemi come l’anoressia e la bulimia. Tutti chiari segnali di sofferenza e fragilità.
Per tutti questi motivi, secondo don Ciotti, deve assumere un ruolo centrale nella nostra vita il valore della libertà, «la vita affida un impegno a ciascuno di noi che è impegnare la nostra libertà per liberare chi libero non è». Oggi ci sono migliaia di persone non libere: gli immigranti, i disoccupati, gli anziani malati. Tutti noi dobbiamo impegnarci per difendere non solo la libertà, ma i diritti fondamentali di ogni persona. Il Vangelo e la Costituzione devono costituire i nostri riferimenti assoluti. «La nostra Costituzione deve diventare la nostra cultura e il nostro costume »chiarisce don Ciotti. Altro elemento imprescindibile dal nostro tempo, secondo il relatore, è la legalità: il rispetto e la pratica delle leggi, fondamentali per la costruzione del bene comune e della vita sociale.« Non c’è legalità senza uguaglianza» afferma don Ciotti. Se ognuno di noi non è riconosciuto nei suoi diritti e doveri, la legalità diventa una forma di potere, di discriminazione. Le leggi sono un mezzo per costruire la giustizia, per questo diventa necessario educarci alle responsabilità.
«Il Vangelo è incompatibile con l’illegalità, con la mafia, con la violenza» tuona don Ciotti e ricorda le parole di don Tonino Bello: «la Chiesa è per il mondo, non per se stessa». Anche la Chiesa deve impegnarsi, dunque, per la giustizia, deve combattere le violenze, deve interferire nella mafia. Sono queste le grandi sfide educative di oggi, le quali devono sempre avere come riferimenti imprescindibili il Vangelo e la nostra Costituzione.
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