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Don Bosco ricordato a Molfetta nella Chiesa di S. Giuseppe
01 febbraio 2009

MOLFETTA - “Il divertimento è la concretizzazione della fede in Dio e dell'amorevolezza, termine coniato da don Bosco (foto) ad indicare l'amore nella sua accezione pratica, convinto della presenza del Signore nella gioia e nel sano divertimento. Don Bosco, un santo innamorato dei giovani adolescenti, era sicuro che il gioco fosse uno degli elementi basilari per l'educazione dei giovani, accanto alla formazione religiosa e scolastica”. Così don Mimmo ha voluto ricordare la figura del Santo, riconosciuto come esemplare per l'educazione giovanile, durante la festa in suo onore, che si svolge ogni anno nella Chiesa di San Giuseppe, sin dal gennaio del 1956, da quando fu costruita per merito di don Piacente ed affidata alla Congregazione dei Salesiani. In occasione dei 120 anni dalla sua morte, la messa vespertina è stata presieduta dal vescovo Mons. Luigi Martella che ha sottolineato il valore sociale dei salesiani a Molfetta da ormai 56 anni, la cui comunità, presente nell'oratorio della chiesa di San Giuseppe, “ha permesso la diffusione dei valori educativi espressi dal Santo. La storia di questi figli di Don Bosco, iniziata il 18 dicembre 1859, non ha mai conosciuto una fine, nonostante le tante difficoltà: oggi sono circa 16mila, in 129 nazioni, senza dimenticare il movimento femminile dei salesiani e i tanti operatori. E sono l'emblema dell'opera missionaria di questo santo grandioso”. La festa “Non basta amare, ma che sappiano di essere amati”, tenutasi nel Teatro Don Bosco, ha coinvolto tutti i giovani della parrocchia e non solo, dando vita ad una serata in allegria, che è la molla naturale che aggancia l'uomo al soprannaturale: “Devi sapere - spiegava Domenico Savio, reclutato proprio da Don Bosco - che qui facciamo consistere la santità nello stare molto allegri”. E l'entusiasmo ed il dinamismo di questa festa annuale, che si diffonde in modo capillare tra il pubblico, ci riporta alla mente la figura del Santo e il suo trinomio, su cui fondava la sua opera preventiva: ragione, religione, amorevolezza. E tutti i giovani che vi hanno preso parte hanno accolto in pieno il messaggio di san Giovanni Bosco, né anacoreta né formatore di anacoreti, ma costruttore di giovani santi. “L'innamorato di Dio, della Madonna - così lo ha definito Mons. Martella – il cui amore sconfinato era tutto indirizzato verso la gente e, soprattutto, verso la gioventù disorientata ed emarginata, che non va giudicata, ma educata”. San Giovanni Bosco deve essere il modello cui devono rifarsi genitori, educatori, insegnanti e sacerdoti, che hanno il compito di preparare i giovani, che sono impreparati alla vita: “occorrono personalità che siano innamorate di questa gioventù, come lo era Don Bosco: questo il segreto della sua santità”. Questa è la risposta che bisogna dare all'emergenza educativa, problema più volte evidenziato da Papa Benedetto XVI: “l'educazione si impartisce attraverso l'esempio, la testimonianza, bisogna essere testimoni, non semplici maestri” perché, di fronte alla degradazione di questo mondo, è necessario preservare il salvabile, “è necessario non spegnere i sogni dei giovani, ma riaccenderne l'entusiasmo verso il futuro”. In onore del Santo la manifestazione si è aperta e chiusa con due brani tratti dal musical “In maniche di camicia” (1988), ovvero “Non basta amare” e “Don Bosco”, tra i quali si sono realizzati numeri di danza della PGS, canzoni di musica leggera, scenette comiche realizzate da adulti e ragazzi della parrocchia e dalla VIS (Volontariato Internazionale per lo Sviluppo), una organizzazione Salesiana, che ha voluto trasmettere al pubblico la prospettiva missionaria dell'opera di Don Bosco, rappresentando il suo ultimo sogno, tra la notte del 9 e del 10 aprile 1886, in cui un pastorella gli descrive quella che sarà l'opera missionaria dei salesiani. Ci piace ricordare un aforisma del Santo, che oggigiorno assume un particolare significato, soprattutto per la nostra esistenza che dimentica, giorno dopo giorno, il suo reale significato: “Se vuoi farti buono, pratica queste tre cose e tutto andrà bene: allegria, studio, preghiera. E' questo il grande programma per vivere felice e fare molto bene all'anima tua e agli altri”.
Autore: Marcello la Forgia
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