Ci sono vite che passano e non lasciano segno né traccia di sé: sono le piccole vite di tutti noi, spese soprattutto ad inseguire sogni e desideri personali, costruite su progetti ed esigenze che riguardano noi e noi soltanto ed il raggiungimento delle“nostre” aspettative. Ci sono poi vite speciali, oseremmo dire illuminate, che scrivono storie indelebili, destinate ad essere ricordate, osservate, rilette perché parlano di percorsi umani non facili, intrapresi da chi, intercettati i bisogni primari delle masse, li ha fatti suoi e, in maniera concreta, ha lottato non poco per poterli soddisfare. Si tratta di persone che, per un credo politico, storico o religioso, sono riuscite a mettere in atto gran parte delle idee in cui credevano, e a realizzarle, non senza fatica, cambiando, in qualche maniera, la sorte di diseredati, sofferenti, emarginati, di quelle frange sociali che non interessano a nessuno e non fanno storia né notizia. Queste vite, anche per chi ha una visione totalmente laica del mondo, rappresentano esempi da esplorare perché raccontano l'energia e la forza della passione, di qualsiasi tipo o genere essa sia, l'ostinazione e la fermezza che spesso l'accompagnano, le diffi coltà e gli ostacoli contro cui essa s'infrange ogni qual volta tenta di apportare cambiamenti o mutamenti che possono ribaltare o solo minare sicuri e tranquilli schemi sociali. La passione di Don Ambrogio Grittani furono i poveri, coloro che non hanno una vita, né affetti o case a cui tornare, sono privi di presente e di futuro, ingombri di un passato da cui fuggire o, magari, da ritrovare. Li vide, non li ignorò, li accolse, li riconobbe come persone, si disse più volte arricchito dalla loro presenza nella sua vita. Li amò così come, a volte, amiamo chi ha bisogno di noi. A Molfetta, parlare di Don Ambrogio Grittani è come rievocare una persona cara che non c'è più e che si ricorda sempre con affetto e commozione. Il nome di questo prete, nato nel 1907 a Ceglie del Campo e morto nel 1951, che face dell'amore per i “poveri” della Puglia lo scopo della sua esistenza, è stampato nella memoria collettiva e storica della città: i più anziani (alcuni lo hanno addirittura conosciuto) citano con orgoglio la casa di riposo da lui fondata ed ubicata in Via don Minzoni e narrano aneddoti che lo riguardano oscillanti tra storia e fantasia, mentre le ultime generazioni che ne hanno sentito parlare in diversi contesti ed occasioni, appaiono incuriosite e quasi conquistate dalla sua fi gura singolare e, per certi versi, attuale. Un ragazzo in particolare (ventitreenne, laureando), da noi intervistato, ha dichiarato di aver letto una sua biografi a che “circolava da tempo per casa” e di essere rimasto colpito dalla determinazione con cui Don Ambrogio Grittani riuscì a realizzare il progetto d'amore e di solidarietà che lo aveva avvicinato ai cosiddetti “accattoni” per poter dare loro assistenza, conforto e soprattutto dignità. Alla domanda “Come defi niresti questo sacerdote?” il ragazzo ha risposto: “Non lo considero utopista né idealista ma un vero e proprio rivoluzionario con i piedi ben piantati a terra perché, anche se tra mille diffi - coltà, riuscì a gestire gli aspetti pratici della realizzazione del suo sogno. Non deve essere stato facile, visti i tempi e la rigidità degli ambienti ecclesiastici…” . In realtà, Don Grittani, più che idealista e sognatore, venne considerato da molti eccentrico ed esibizionista e dovette combattere contro le incomprensioni, le opposizioni, l'invidia, lo scetticismo di chi, dietro la sua lotta al notabilato ed ai poteri della chiesa, alle discriminazioni ideologiche, alla condanna del capitalismo, vedeva imperscrutabili disegni di affermazione ed ambizione personale. Ciò che colpiva di questo prete estremamente colto (si laureò prima in teologia e poi il lettere classiche dopo aver studiato nel seminario arcivescovile di Bari e nel Pontifi cio Seminario Regionale di Molfetta dove, in seguito, insegnò a lungo latino) era il senso di pietà e carità che “davvero” avvertiva per quella parte di popolazione più umile e sofferente, il carattere aperto e gioviale, lo stile di vita sobrio e radicale, la genialità delle iniziative, la capacità di integrare formazione culturale e sensibilità religiosa. Spendendo tutto il suo patrimonio e tutte le sue energie fi siche in favore di quel sottoproletariato meridionale a cui nessuno badava in un'epoca sconvolta e degradata dalla guerra, egli svolse un'importante azione sociale che contribuì ad eliminare in Puglia e nell'intero Mezzogiorno il fenomeno dell'accattonaggio. Stabilendo con essi un rapporto tenero e diretto, riconoscendo la loro dignità di persone, coinvolgendoli nelle attività parrocchiali nonostante se ne mostrassero restii, assicurando un po' a tutti il cibo ed il tetto che mancavano, Don Grittani riuscì a rendere vero e tangibile l'amore che provava per i “poveri”. Ed è proprio questo amore che i suoi occhi esprimono nelle numerose foto che lo ritraggono in mezzo ai suoi “accattoni”, affi sse alle pareti del suo studio nella casa di riposo “Istituto Suore Oblate di S. Benedetto G. Labre” da lui fondata nel 1951. Ci rechiamo in una mattina fredda e nebbiosa e notiamo i grandi spazi verdi, la pineta, il campo di bocce, le vetrate ampie e luminose, le panchine vuote dove di sicuro gli ospiti sostano con piacere ed in compagnia quando il tempo lo consente. Passiamo davanti alla cappella dove dal 2003 è conservato il corpo di Don Grittani e ci soffermiamo ad immaginare questo luogo alla sua nascita, quando era un semplice centro di accoglienza ed assicurava solo pasti e pulizia a coloro che ne avevano bisogno. Oggi è diventato una casa di riposo per anziani che ospita 70 persone di cui 60 donne e dove operano 10 suore più 12 esterne che si occupano di cucina, pulizia, economato; ha tre piani fuori terra e dispone di ambulatorio, fi sioterapia, ascensore, sala di lettura, sala TV. Per una camera doppia si pagano 900 euro, per una singola 1400: insomma una vera e propria struttura privata che opera nel sociale. Chiediamo alla madre superiora, suor Giovanna Pezzulla, cosa è rimasto di quel coraggioso messaggio d'amore lanciato da Don Ambrogio Grittani in anni duri e disperati così simili ai nostri ancora affollati di gente sola, affamata, priva di sogni e dignità. Mi risponde che quel messaggio è ancora intatto ma che sono cambiate molte cose da allora, persino il concetto di povertà: i costi economici da sostenere oggi, per la gestione della casa, sono molto alti, gli ospiti più esigenti, le normative del settore più rigide e severe. “A coloro che non possono permettersi di pagare la retta noi consigliamo di rivolgersi al Comune che valuterà la situazione di ognuno e provvederà magari ad un'integrazione. Tenga presente che per la messa a norma di impianti e dispositivi antincendio abbiamo dovuto affrontare di recente una spesa di 100 mila euro e che gli imprevisti, di vario genere, non mancano mai. Il nostro patrimonio non è ingente come si crede ed abbiamo dei conti da far quadrare” continua con tono pratico e concreto mentre fi nalmente arriva il tecnico per riparare la fotocopiatrice ed alcuni ragazzi la salutano cordialmente prima di andar via. Era proprio così che Don Grittani voleva fossero le sue suore “oblate” cioè donate: donne forti e sorridenti, attive ed inserite nel mondo, pronte ad affrontare rischi e disagi, pur avendo nel cuore il riserbo ed il raccoglimento della clausura. Suor Giovanna ci parla anche dei suoi ospiti che vanno da un minimo di 70 anni e superano i 90. «Penso che siano soprattutto la solitudine e la “povertà affettiva” a rendere fragili queste persone, più che i malanni fi sici. Spesso preferiscono rimanere nelle loro stanze e seguire la Messa in tivù o ascoltare la radio. Anche se la nostra è una struttura aperta e sono liberi di andare e venire, molti di loro soffrono per la lontananza dai fi gli o perché non hanno più nessuno, altri faticano ad accettare un tipo di vita basato, in parte, sulla condivisione di orari ed abitudini». Ci invita a visitare la struttura (“siamo abituati alle continue ed improvvise incursioni dei NAS” dice) ed in parte lo facciamo ma preferiamo non disturbare a quest'ora gli anziani nelle loro camere: magari torneremo in un giorno meno freddo, quando anche loro saranno felici d'incontrarci. Salutiamo Suor Giovanna mentre dall'asilo che funziona all'interno dell'istituto arrivano grida festose di bambini: anche questo è un sogno voluto da Don Grittani che amò allo stesso modo poveri e bambini tanto da volerli insieme nella sua casa.
Autore: Beatrice De Gennaro