Di edilizia si muore a Molfetta
Clamorosa svolta nelle indagini sul delitto Di Gioia
Clamorosa svolta nelle indagini per la morte di Domenico Di Gioia, il funzionario della Asl ucciso misteriosamente tre anni fa a colpi d'ascia nella sua villetta di Terlizzi. A provocare l'omicidio non sarebbe stata una lite con i confinanti, all'epoca indagati per il delitto, bensì la mancata concessione di un posto in una cooperativa edilizia.
Si tratta di una notizia sconvolgente: l'edilizia uccide a Molfetta. Non solo ha distrutto l'economia cittadina attraverso la speculazione e le rendite parassitarie, ma per avere una casa in cooperativa, si è arrivati anche ad uccidere un uomo. Questo la dice lunga sulla drammatica situazione della carenza di case e sulla disperazione della gente per i prezzi impossibili degli immobili. E su questa disperazione c'è ancora oggi chi tenta di speculare.
Ma torniamo alla notizia di cronaca. L'omicidio di Di Gioia avvenne il 25 aprile del '99. La vittima, oltre ad essere capo dell'ufficio concorsi della Asl, era anche presidente di una cooperativa edilizia. Oggi i magistrati che indagano sul delitto hanno iscritto nel registro degli indagati, con l'accusa di omicidio volontario, due persone che furono escluse dall'aggiudicazione degli appartamenti della cooperativa. L'ipotesi della Procura della Repubblica di Trani è che gli esclusi si sarebbero vendicati per non essere stati inseriti nella graduatoria necessaria per ottenere un appartamento in cooperativa.
La vittima Di Gioia avrebbe anche ricevuto minacce: una conferma si è avuta nel biglietto trovato nel suo portafogli e contenente una minaccia: “Morirai, dannato ladro”. Già in precedenza l'uomo aveva subito degli “avvertimenti”: il furto del ciclomotore del figlio e le gomme tagliate alla sua auto.
Sono stati, perciò, scagionati ora padre e figlio proprietari di un podere vicino, i quali avevano avuto in passato occasione di scontro verbale con la vittima per motivi di confine: a loro carico non è emerso nulla. A dare la clamorosa svolta alle indagini, sarebbe stata anche la “confidenza” di una persona informata dei fatti.
Resta l'amarezza di una vicenda che assume un risvolto inquietante proprio per la situazione della casa a Molfetta e che dovrebbe far riflettere coloro che spesso giocano con la pelle della gente: la casa è un bene di prima necessità, non si può approfittare della buona fede e della fiducia degli altri. Crediamo che alla luce di questo episodio sconvolgente, si debba aprire un serio dibattito in città che porti a più rigorosi criteri di assegnazione delle case, proprio perché di edilizia a Molfetta si può anche morire.
Felice de Sanctis