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Depuratore di Molfetta impianto a mezzo servizio
15 aprile 2012

Confermati gli scarichi aziendali abusivi  Una “macchina succhia soldi”, l’impianto di depurazione di Molfetta, costato nel 2002 quasi 5milioni di euro. Ingoia reflui e soldi pubblici. Prima il risarcimento danni di 1,85milioni di euro reclamato dall’ATI Eurodepuratori per il protrarsi dei lavori di adeguamento e potenziamento dell’impianto (a quanto pare, ci sarebbe stata una transazione tra ATI e Comune). Poi 150mila euro richiesti dalla stessa ATI a luglio 2011 per la manutenzione straordinaria extraconvenzione di «somma urgenza» per alcune «anomalie» riscontrate nella parte dell’impianto non interessata dai lavori di adeguamento (anticipo di 92mila euro da parte del Comune di Molfetta, da recuperare quest’anno dall’AQP). In aggiunta, il corrispettivo versato dall’AQP al Comune di Molfetta e poi girato all’ATI, dopo il passaggio di gestione formalizzato nel 2004 e scaduto nel dicembre 2011: quasi 3,5milioni di euro in 7 anni (84mila euro bimestrali, secondo la delibera G.C. n.483/04). Infine, la perizia di variante da 504mila euro approvata nel febbraio 2006 per una serie di «circostanze impreviste e imprevedibili», a firma dell’ing. Giuseppe Parisi, ex dirigente del Settore Territorio, deceduto. Senza dimenticare i lavori affidati in via diretta all’ATI in liquidazione dopo il furto del dicembre 2010 (distrutta la cabina ENEL). Sono questi una parte dei quattrini fagocitati dall’impianto, perseguitato a fasi alterne da anomalie, adeguamenti, manutenzione e limitata operatività. IL TRATTAMENTO Fermo al trattamento secondario (il terziario permette di ottenere acqua potabile da reimettere nel ciclo biologico, soprattutto per l’agricoltura), l’impianto è spesso in manutenzione, nonostante i lavori di potenziamento da 3milioni di euro (1,4milioni a carico del Comune di Molfetta) appaltati nel giugno 2002 all’ATI Eurodepuratori. Perché Molfetta non può ancora usufruire del trattamento terziario? «Il depuratore è stato realizzato in quel modo dal Consorzio appulo- lucano - ha spiegato a Quindici l’ing. Enzo Balducci, dirigente ad interim del Settore Territorio - bisognerebbe discutere con l’Ato per un possibile affinamento a fini irrigui delle acque trattate, soprattutto per il periodo estivo e di siccità». Inoltre, «con i nuovi allacciamenti per l’espansione edilizia, la struttura attuale dell’impianto è insufficiente - ha sottolineato Balducci - e bisognerà nuovamente potenziarlo e adeguarlo con nuove tecnologie, ma a cura dell’AQP dopo il passaggio di gestione». Unico accorgimento per l’installazione di nuove vasche, la perimetrazione dell’Autorità di Bacino: quell’area è ad alta pericolosità idraulica e, già oggi, l’impianto taglia l’alveo di Lama Scorbeto. SVERSAMENTO IN MARE Fosfati ed elementi basici in mare a Torre Calderina, spiaggia ancora frequentata da bagnanti e pescatori. «Il processo di depurazione abbatte fosfati ed elementi basici», la precisazione a Quindici dell’ing. Enzo Balducci, Dirigente del Settore Lavori Pubblici. Anche se lo stesso ha ammesso, in un secondo momento, che sono in corso lavori di potenziamento e adeguamento, a conferma del non perfetto funzionamento dell’impianto. Ad esempio, il redigendo Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale già riconosce la criticità degli scarichi civili e industriali che, per molti anni, hanno riversato in mare reflui non trattati e prevede che i Comuni nell’elaborazione del futuro Piano Urbanistico Generale normino interventi per l’allacciamento alle reti fognarie e la messa a norma del sistema di depurazione delle acque. Se l’impianto avesse lavorato a singhiozzo negli ultimi anni, lo scarico in mare di reflui non depurati avrebbe potuto anche accrescere mucillagine e alga tossica? Dopo i gravi danni all’impianto provocati dal furto nel dicembre 2010, se i lavori di sistemazione sono iniziati a maggio 2011, le acque non trattate sono state sversate in mare? Del resto, la mucillagine, essudato cellulare delle microalghe prodotto da uno squilibrio del rapporto azoto/fosforo, dovrebbe essere una testimonianza indiretta dello sversamento in mare di acque ricche di fosfati e inquinanti. La stessa Procura di Trani ha avviato un’indagine sul fenomeno dell’alga tossica, che avrebbe una matrice non solo naturale, ma derivata anche da fattori inquinanti e/o dalla bonifica dei fondali. IMMISSIONI ABUSIVE L’ing. Balducci lo ha confermato a Quindici. Quello che a dicembre era un sospetto, è ora realtà: ci sono scarichi aziendali abusivi. Tutte le aziende sono state avvisate dal Comune con una comunicazione ufficiale. Infatti, dopo la denuncia del WWF alla Capitaneria di Porto per una chiazza di schiuma sporca e puzzolente a Torre Calderina (novembre 2011), il Comune aveva avviato un’indagine interna (come annunciato da Quindici sul numero di dicembre 2011). Ma chi avrebbe dovuto controllare? Gli uffici comunali o organi preposti? È evidente che quelle aziende che hanno scaricato reflui nella fogna pubblica, sovraccaricando l’impianto di depurazione, non solo non hanno eseguito un pretrattamento dei liquami, ma forse erano anche prive di permesso di scarico, come fissato dall’art. 152 del Regolamento edilizio comunale (RE). Inoltre, secondo il RE, non solo le attività d’industrie e stabilimenti non devono inquinare aria, acqua e suolo e produrre esalazioni nocive, moleste o pericolose, ma gli scarichi solidi maleodoranti, tossici e/o inquinanti devono essere trattati. Forse qualcuno ha voluto fare il furbo, intasando il depuratore e inquinando l’ambiente.

Autore: Giovanni Angione
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