Riceviamo e volentieri pubblichiamo una valutazione politica, nell’ambito del dibattito in corso nel centro-sinistra, sulle ultime elezioni a Molfetta
Il centrosinistra molfettese discute. Svolge quella che nell’ambito degli addetti ai lavori si definisce l’analisi del voto. In realtà si tratta di un’operazione non proprio accademica, come l’espressione vorrebbe far credere, né del tutto indolore. E’ una sorta di resa dei conti, che consiste nella possibilità di sciogliere finalmente i diversi nodi che via via sono venuti al pettine negli ultimi due anni di gestione politico-amministrativa di Guglielmo Minervini, individuando errori e responsabilità. Errori e responsabilità che portano innanzi tutto nella direzione di chi ha avuto la leadership del movimento nato nel ‘94 e poi di quelle forze politiche che poste di fronte al dilemma, quando è venuta meno la maggioranza nel corso del secondo mandato, se tornare a casa o accettare lo scandalo di operazioni trasformistiche, hanno preferito accogliere la volontà del leader e naufragare con lui nel mare della sconfitta.
Anche questo giornale, fatta salva qualche eccezione rara, ha sostenuto l’opportunità dei tentativi messi in atto da Guglielmo Minervini per rimanere in sella e non ha saputo cogliere ed amplificare quel diffuso mormorio di dissenso e di scontento, soprattutto di natura morale, che pur in questi due ultimi anni è stato presente in città, direi quasi clandestinamente. E non poteva essere altrimenti, perché chi si permetteva di dissentire era etichettato come irresponsabile e disfattista e quindi condannato a tacere in quanto la sua posizione finiva per definirsi in un imbarazzante giustapporsi di ragioni per tutto identiche a quelle degli avversari: insomma uno che pensa e parla come “quelli” e che è passato dall’altra parte.
Soltanto chi non ha avuto occhi per vedere e orecchie per sentire si sarà potuto stupire dei risultati elettorali, giacché a Molfetta a sanzionare la disfatta del centrosinistra hanno contribuito non solo la svolta a destra che si è registrata a livello nazionale, ma anche, e principalmente, l’effetto ripulsa nei confronti dell’ultima amministrazione di Guglielmo Minervini, ormai ampiamente screditata soprattutto presso quei settori di borghesia illuminata che precedentemente ne avevano sorretto le istanze di cambiamento.
Le prime iniziative
Che fare ora? Come riprendere il difficilissimo cammino di recuperare al centrosinistra la stima e la fiducia dei molfettesi che si sono sentiti traditi? E, soprattutto, come far recuperare spazi di consenso alla sinistra molfettese che, nonostante i risultati positivi dello SDI e di Rifondazione, risulta fortemente ridimensionata e senza la cui crescita il centrosinistra a Molfetta è destinato a rimanere zoppicante e minoritario?
Tra gli incontri che hanno destato maggiore attesa, vanno segnalati quelli che si riproponevano di porre la basi nella nostra città del costituendo “partito socialista europeo”, ma stando ai risultati emersi c’è da prendere atto, per ora, di un sostanziale nulla di fatto. Maggiore eco ha avuto l’iniziativa di un gruppo di cittadini di sinistra, che intendono muoversi nell’ambito dei Ds, di divulgare un appello (Rinascere), in cui si chiede ai “cittadini democratici che non si vogliono rassegnare” di ritornare all’impegno nelle file dei DS, per far “rinascere la sinistra, l’Ulivo e Molfetta”. La strada maestra per conseguire questo importante obiettivo è quella di ridare vita ai partiti.
Si tratta di iniziative interessanti, e v’è da augurarsi che diano frutti positivi. Intanto, in attesa che qualcosa di concreto e apprezzabile si profili all’orizzonte, non ci sembra inopportuno proporre ai lettori poche riflessioni di carattere generale, per quanto modeste e scontate esse possano essere.
Qualche modesta riflessione
In primo luogo, è opportuno riattivare la discussione politica, per troppo tempo mortificata, e fare in modo che esca dalle stanze dei direttivi o delle segreterie dei partiti: Non si tratta del solito ossequio ad un liberatorio rito assemblearistico, ma di compiere una valutazione approfondita dei sei anni di amministrazione di Guglielmo Minervini, per capire come muoversi in futuro, giacché il rischio, a questo punto, è di gettare con l’acqua sporca anche il bambino. Meglio sarebbe stato, se fosse stato fatto a settembre del 2000, ma le ragioni della chiarezza non sono mai tardive. L’ex sindaco e i suoi sostenitori hanno commesso errori politici rilevanti, ma c’è da chiedersi se tutti i contenuti dell’azione amministrativa siano da buttare alle ortiche. Certamente è possibile che questa discussione si risolva in lunghe e inutili tirate accademiche, ma è il prezzo da pagare se si vuole fare chiarezza fino in fondo e allontanare l’idea che tutto si risolve, semplicemente, nella ricerca del capro espiatorio.
In secondo luogo, è necessario che il centro sinistra, accanto alle sacrosante iniziative delle diverse forze che lo compongono, adotti una strategia comune e si muova all’unisono, e dica pubblicamente che cosa intende fare sulle questioni più importanti e come intende contrastare l’attuazione del programma della destra. Perché questo accada felicemente, è indispensabile che non si disconosca la leadership di Nino Sallustio che, sebbene abbia dovuto pagare lo scotto di essere riconosciuto come un uomo di Guglielmo Minervini (e, data la situazione, non poteva essere altrimenti), ha ora tutto il tempo, se avrà ancora il sostegno e la fiducia di chi ha accettato di candidarlo, per dimostrare le sue capacità e la sua integrità, che gli sono state riconosciute anche da quegli elettori che lo hanno preferito, pur avendo votato a liste dell’altra coalizione. Se può essere stato un errore candidare Nino Sallustio, sarebbe ora un errore ancor più grossolano emarginarne il ruolo e significherebbe per il centrosinistra, intento alla ricerca di un nuova leadership, riproporre una situazione non dissimile da quella vissuta per la scelta del candidato sindaco. E questo sarebbe una iattura.
In terzo luogo, la “rinascita” della sinistra non può significare soltanto la rinascita dei DS, e dei DS come partito. Che i DS debbano rinascere e accrescere i loro consensi è necessario e utile per il centrosinistra, ma è auspicabile una revisione dei loro contenuti politici, che da qualche anno a questa parte hanno peccato troppo di moderatismo, altrimenti la rinascita, per quanto concerne l’ambito locale in particolare, potrebbe somigliare, per così dire, a una temporanea trasfusione di sangue. Altresì, per l’immediato, in una situazione come quella molfettese, dove bisogna ripartire dalle fondamenta, è altrettanto importante che la sinistra ritrovi le ragioni della sua unità, evitando che ciascuno pensi troppo a rimarcare la propria identità: lì dove c’è il deserto, è inutile disquisire sul tipo di vegetazione da far crescere, è vitale far crescere la vegetazione. Non si vuole suggerire l’idea di un annacquamento delle proprie istanze politiche da parte delle diverse forze della sinistra e di un’improbabile omologazione, ma soltanto esprimere l’auspicio che, prima di distinguersi, la sinistra molfettese ritrovi un iniziale comun denominatore e individui poche istanze programmatiche e sociali grazie alle quali far capire chiaramente qual è il punto di vista di sinistra, e in che cosa e perché è diverso non solo da quello di destra ma anche da quello degli altri partner della coalizione, in modo da rendere possibile l’indispensabile riconoscimento sociale.
In quarto luogo, sarebbe bene evitare l’errore speculare a quello commesso nel ’94. Allora i partiti furono demonizzati e i movimenti esaltati. Oggi, la tendenza, a quanto pare, va nella direzione dell’esaltazione dei partiti: forse per rispetto della vichiana legge dei corsi e ricorsi storici, forse perché si ritiene (ma a torto) che i partiti abbiano avuto minori responsabilità nelle recenti vicende amministrative. Spesso però, secondo il racconto dei versi di un noto poeta, sulla terra e sotto il cielo vi sono più cose di quanto possiamo immaginare. Il bisogno di tornare ai partiti è forte, ma è altrettanto forte l’esigenza di molti cittadini a non vincolarsi ai partiti, accogliendone in toto idee comportamenti sensibilità, e a mobilitarsi su determinati progetti e obiettivi e quindi a fare riferimento a questo o quel gruppo, a questo o quel movimento, che nasce e vive, o muore, in relazione a quel progetto, a quell’obiettivo. Se nella nostra città il centrosinistra vedesse fiorire intorno a sé gruppi, movimenti, associazioni con progetti e obiettivi vicini al suo programma, la rinascita avrebbe più solide radici.
Arcangelo Ficco