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Dall’ammirazione all’imitazione, mettere in gioco la propria vita per essere “uomini fino in cima”
15 maggio 2018

Se luogo più suggestivo prospiciente il porto non poteva esserci per far risuonare la profezia del nostro amato Don Tonino a 25 anni dal suo pasquale dies natalis, la visita di Papa Francesco ha saldato nell’unica Chiesa due progetti sognati e disegnati nel loro intenso ministero pastorale, inteso, questo, al processo di ressurcement in una società rinchiusa in spazi rasserenanti per essere lanciati in quelli della utopia evangelica. Il 20 aprile, ad Alessano come a Molfetta, la Chiesa di Papa Bergoglio è stata voce, volto e sentiero di quella di don Tonino, incredibilmente vivente tra noi per l’incanto della sua testimonianza. Stupendo è stato assistervi e vedere dal vivo Papa Francesco, solerte e grato pastore supremo, raggiungere Alessano per incontrare un prete – vescovo e qui ripercorrere i passi e le parole al fine di risvegliarne la freschezza dell’annuncio, sottolinearne l’importanza, mostrarne l’attualità. Altresì struggente ci è apparsa la sosta di Papa Francesco sulla tomba di don Tonino, una tomba non monumentale che non sale verso l’alto ma è distesa sulla terra: “Don Tonino seminato nella sua terra”. In verità, il suo è un corpo seminato per sbocciare come un fiore nella iridescenza della sua bellezza, un seme destinato sempre più a crescere. E lui, in gran quantità, ha sparso semi di fiducia e di speranza, di consolazione e condivisione nei solchi della vigna del Signore. Lui, come Francesco, ha fatto fruttificare i semi dell’Evangelo per far uscire Cristo, rinchiuso negli odoranti spazi del tempio e negli augusti schemi di una dottrina saccente, per farlo entrare nelle fibre vitali della gente attraverso una sapiente fluidità tra ecclesia e agorà, bandendo così ogni genere di ostilità. Come Francesco, don Tonino è sceso tra le strade abitando le periferie esistenziali, quelle ultime e degli ultimi della società. Per essi è vissuto e per essi si è svuotato totalmente fino a spossessarsi di sé. L’esultanza e il tripudio di un popolo in festa per la venuta del Papa a Molfetta, se per un verso costituisce il simbolo di una giornata storica, per l’altro non può non essere che una forte sollecitazione e una sfida che investe il vescovo e il clero, autorità e popolo credente, convinti qual siamo che all’ammirazione per la figura di don Tonino deve far seguito l’imitazione, mettendo in gioco la propria vita per essere “uomini fino in cima”. In tal senso, si tratterà di conservare il patrimonio di vita cristiana e di fede eroica che don Tonino ha lasciato alla nostra comunità, declinandolo nella quotidianità. D’altronde, la visita del Papa con i suoi pronunciamenti ha confermato l’essenza del messaggio di don Tonino: ciò esige da parte di tutti, credenti ed estimatori, che la sua testimonianza di vita evangelica debba essere coerentemente accolta e vissuta. Urge perciò passare dalle parole e dagli slogan ai fatti. “Dopo la messa, ha detto il Papa, non si vive più per sé stessi ma per gli altri. Don Tonino ha vissuto così: tra voi è stato un vescovo servo, un pastore fattosi popolo”. A noi molfettesi, amanti forse più delle tradizioni che della Tradizione con la “T” maiuscola il Papa, rifacendosi a don Tonino, è venuto a sollecitarci a “diventare non solo fedeli devoti, ma veri e propri innamorati del Signore con l’ardore del sogno, lo slancio del dono, l’audacia di non fermarsi alle mezze misure”. A quanti poi amano discettare e “teorizzare sulla povertà”, Francesco, appellandosi ancora al nostro don Tonino, ci ha richiamati “a stare loro vicino, come ha fatto Gesù per noi”. E se capire i poveri era per don Tonino la vera ricchezza – i poveri sì, sono realmente la ricchezza della Chiesa – Papa Bergoglio rivolgendosi a lui afferma: “Ricordacelo ancora, don Tonino, di fronte alla tentazione ricorrente di accodarci dietro ai potenti di turno, di ricercare i privilegi, di adagiarci in una vita comoda”; aiutaci ad essere una chiesa per il mondo, non mondana […], monda di autoreferenzialità ed “estroversa, protesa, non avviluppata dentro di sé[…], mai assopita nelle nostalgie del passato, ma accesa d’amore per l’oggi”. Francesco, venendo a Molfetta, ha intonato un canto a don Tonino sulla melodia delle sue parole e sulla limpidezza della sua vita. Commentare con un pensiero quanto egli ha fatto, detto e scritto, vuol dire perdere l’incanto della sua testimonianza. Lasciamoci invece raggiungere dal profumo dell’intera sua esistenza e, per quanto sarà possibile, cerchiamo di imitarlo. Sarà così davvero contento. + don Felice, vescovo © Riproduzione riservata

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