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Da Brera a Molfetta tre maestri in campo
15 ottobre 2013

Grande successo per l’esposizione dei maestri Natale Addamiano, Ignazio Gadaleta e Gaetano Grillo, allestita con il titolo Da Brera, presso la Galleria “54 Arte Contemporanea”, sita in via Baccarini. Il vernissage è stato tenuto a battesimo dal curatore Gaetano Centrone, autore anche dell’ariosa ed elegante introduzione al Catalogo, e si è svolto in presenza, oltre che degli artisti, del sindaco Paola Natalicchio e dell’assessore alla cultura, Betta Mongelli. Come evidenziato da Centrone, l’insegnamento a Brera, unitamente (ozioso ribadirlo) al legame con Molfetta, rappresenta il trait d’union tra questi itinerari artistici profondamente differenti, ma accomunati da inesausta tensione alla sperimentazione. Gaetano Grillo prosegue nel suo percorso personalissimo e squisitamente postmodernista. Rinchiuso in soffitta il mito dell’innocenza espressiva, il patchwork citazionista e l’arte combinatoria assurgono a chiavi di volta di un’utopia estetica che rilegge la storia della pittura, scoprendo convergenze tra esperienze in apparenza divergenti e irridendo la tradizionale separazione tra campo della cornice e opera tout court. Se nihil dictum quin prius dictum (e potremmo, senza stravolgimenti concettuali, sostituire il dictum con pictum), il già dipinto può essere reinventato con accostamenti arditi e ribattezzato per opera di un alfabeto segnico, che - sia di matrice araba, ebraica, greca o di qualunque altra civiltà, o anche frutto di pura invenzione - è figlio dello sguardo di un Adamo, che rinomina le cose, perché è come se le scorgesse per la prima volta. Ignazio Gadaleta conduce la sua coraggiosa ricerca, inquadrandola sul versante della pittura aniconica e muovendosi lungo direttrici espressive di notevole originalità. Da un lato, egli sembra voler disporre, come su un palcoscenico semideserto e apparentemente di grigia ordinarietà, gli strumenti del fare pittura, ammiccando al topos della still life e, al contempo, reinventandolo, in un silenzio fecondo di suggestioni. Tutto pare giocarsi nell’eterna dialettica di presenza e assenza, dando eco a costanti interrogativi su umbratili apparenze, che potrebbero non celare sostanza alcuna. Così, la possibilità di una pienezza, il mito della circolarità, sembra rivivere esclusivamente in una dimensione virtuale, a patto, però, che ci si sottragga all’inganno della fede nella simmetria. L’opera di Gadaleta “genera movimenti geometrico-luminosi evolventi in cui si ribalta il rapporto tradizionale che la piramide albertiana stabiliva fra spazio reale e virtualità luminosa”. Natale Addamiano espone per l’occasione alcune delle sue celebri gravine, tra i motivi in cui la sua tavolozza riluce maggiormente di gemmea purezza. Alternando oli su tela ad altri realizzati su sughero, egli intesse un inno d’amore alla luce e al paesaggio murgiano, declinandone le infinite potenzialità cromatiche, in amebeo tra sogno e scrupolosa osservazione della realtà. Lo studio del colore, che muta a seconda delle fasi orarie, è il vessillo di una pittura che, nel momento in cui indugia sul particolare, già l’ha trasfigurato, in un intenso e dinamicissimo ciclo metamorfico. L’azzurro, il barbaglio di luce, le macchie cromatiche squadernano il lirismo di una natura ancestrale e selvaggia, di cui la porosità del sughero, come evidenziato da Centrone, accentua l’asprezza. Eppure, tale natura impervia si traduce in dolcissima primavera dello sguardo, perché modellata dal sole e dall’imago mentis dell’artista in una sinfonia d’oro e di azzurri psichici.

Autore: Gianni Antonio Palumbo
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