Cultura come potere, cultura come narrazione
Lettere Persiane
Nella realtà contemporanea esistono due forme di cultura, la cultura come potere che viene esercitata per controllare le masse, la vecchia formula panem et circenses, pane e giochi da circo (la cultura esercitata dalle reti Mediaset e dalla Rai nel corso degli ultimi anni) e la cultura come narrazione, come racconto, la cultura proposta da alcuni intellettuali del dissenso nella seconda metà del secolo scorso. Mi riferisco sia agli intellettuali dissenzienti del blocco sovietico sia agli scrittori della beat generation. Sul piano filosofico i pensatori che hanno proposto una narrazione sono stati i post-strutturalisti francesi (vedi scheda) e fra questi F. Lyotard che ha espresso il suo pensiero in due opere ormai famose, La condizione postmoderna e Rudimenti pagani. Specialmente nella prima si denuncia la mancanza di una narrazione nel mondo post-moderno e viene avanzata l’esigenza di proporre nuove visioni del mondo, narrazioni che rappresentano la cultura dei popoli; narrazioni che in passato hanno costituito il tessuto connettivo della società occidentale e che oggi sono scomparse anche dalle sedi in cui venivano trasmesse, le scuole e le università. Attraverso le narrazioni erano definiti i rapporti fra le classi sociali, l’organizzazione della cultura e della società. F. Lyotard, nel testo citato, ha isolato alcune forme di narrazione legittimante: la narrazione dei rivoluzionari francesi (se preti e tiranni impediscono al popolo l’accesso alla cultura bisogna opporsi al loro potere) (Settecento) la narrazione dell’idealismo tedesco che ha costituito l’impianto dell’università tedesca delineato da W. von Humbolt a cui si sono adeguate tutte le accademie e le strutture formative agli alti livelli di qualificazione (lo Spirito nomina, enuncia se stesso nelle università e al suo sapere si conformano i saperi parziali elaborati nei politecnici) (Ottocento) la narrazione del marxismo, la narrazione prevalente del Novecento che ha accompagnato le lotte di liberazione dei popoli la narrazione di Heidegger che si è coniugata con i regimi totalitari (la lotta contro il depotenziamento dello Spirito europeo schiacciato dal pensiero pragmatico e imperiale americano da una parte, dal marxismo sovietico dall’altra). Oggi le moltitudini sono alla ricerca di una narrazione, bisogna costruirla attraverso la filosofia, una filosofia dell’essere contro. Papa Francesco ci sta provando, mentre il pensiero laico sta segnando pesanti battute d’arresto sempre più arroccato su riflessioni organizzate intorno ai paradigmi del monetarismo e dei patti di stabilità che rallentano i processi di equa distribuzione delle risorse. E’ vero all’ordine del giorno esiste il problema di garantire la vita dei soggetti, ma non è vita quella dei giovani che stiamo condannando all’emigrazione. In 10 anni centomila studenti non si sono iscritti all’Università, mentre stanno chiudendo interi corsi di laurea. Energie dissipate dalla politica sbagliata dei governi che si sono ispirati al liberismo. La Casa delle scienze dell’uomo deve diventare il luogo della narrazione in cui si deve presentare la storia dell’umanità come la storia dei movimenti di liberazione che nel corso di duemila anni hanno occupato la scena del mondo; la storia degli esclusi, dei vinti, l’inquietudine del negativo, l’inquiétude du négatif, le manque, quello che mi manca, mi hanno distrutto, ma qualcosa ancora mi manca e sono vivo. Le figlie sono partite, ho perduto i compagni, non posso più insegnare, ma sono vivo e riesco ancora a pensare. L’inquietudine del negativo, il divenire, l’essere un soggetto, un soggetto che decide di pensare se stesso come infinito, che decide di non attenersi ad alcuna forma finita di essere. La negatività, lo scarto, la differenza che si rapporta a se stessa e che si apre ad uno spazio infinito. Eppure ci abbiamo provato a creare un mondo diverso, ancora oggi mi chiedo perché non ci siamo riusciti. La filosofia al lavoro che ho cercato di insegnare in tutta la mia vita. L’unità dello spirito è un movimento infinito, è l’unità degli uni che vanno verso gli altri; questo andare all’altro è stata la cifra del filosofare dopo il’68 – Dreamers. Mantenere in vita quella strana cosa che è diventata la filosofia, una preghiera della ragione, un poema del pensiero. Alla ricerca dell’Altro, degli altri, di dio perché come aveva intuito Lévinas altri assomiglia a dio.