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Crisi della pesca, tra le cause anche l'indifferenza  
15 giugno 2007

Molfetta città doppia, spezzata fra quel fronte libertario affacciato sull'immenso mare e la campagna che si addentra statica nell'entroterra. Ma il porto l'ha sempre condizionata, in ogni suo aspetto, portando la gente ad affrontare quell'universo misterioso per essere fi era di sè, per andare oltre quell'orizzonte così lontano dagli occhi, vicino al cuore teso all'immenso. Così da sempre con gozzi e bilancelle i molfettesi hanno cercato di adattarsi ad un contesto così diverso e vario, specializzandosi nella sublime arte della pesca, portando la città a livelli sempre alti in questo ambito. E' da tempo però che si parla di crisi della pesca a Molfetta, di un calo evidente in questa attività, e in questo periodo il tema è stato maggiormente affrontato a proposito del progetto del nuovo porto presentato dal sindaco Antonio Azzollini, dell'inquinamento dovuto alla mucillaggine e non solo, e dei fondi FEP attivati dalla Provincia. Si è discusso dell'arretratezza delle strutture portuali, dello spazio esiguo e della necessità di una modernizzazione e di un ampliamento. In ciò il Sindaco si è impegnato discretamente nel suo progetto che è in via di iniziazione. Le cause della crisi della produttività e della qualità del settore della pesca a Molfetta sono però da rintracciare in ben altre ragioni, che hanno svilito la tipica nobiltà di un settore sempre fl orido, perchè interpretato sempre con passione da marinai e pescatori, da coloro che vivono in mare e vivono in simbiosi con esso, in un'attività all'insegna del rispetto. E' da tempo che si vedono barcaioli che dispongono le proprie reti nell'area portuale, sotto gli occhi della Capitaneria di porto, sempre ignara di tutto ciò (lo segnaliamo all'autorità marittima, ndr); in un'acqua portuale la cui composizione deprecabile è risaputa anche dalla gente comune, ma il cui inquinamento è ora assicurato non solo dai rifi uti umani e dal gasolio dei pescherecci, ma anche dagli sbocchi della fogna che riversa i propri aurei fl uidi nelle acque della Banchina San Domenico, prima dello scalo. Ma le grosse spigole che pullulano nel periodo estivo nelle acque portuali sono ottime esche per la gente vittima di una pratica infame. Come mai la Capitaneria di porto, così attenta verso qualche povero pescasportivo privo di permesso ma voglioso di pescare nel porto, non si è accorta di un'attività che mette in pericolo la vita della gente? Così come i due pontili galleggianti della stessa banchina, costruiti per i motoscafi e perfettamente funzionanti, sono stati abbandonati ai pochi privilegiati che riescono ad accordarsi per lasciare la propria barca, senza un minimo di monitoraggio, come se nulla esistesse, tutto lasciato a se stesso. Come può un pescatore onesto, di quelli che dispongono le reti ad un minimo di tre miglia di distanza dalla banchina, di quelli che ripettano le misure minime del pesce, di quelli che pagano il posteggio della propria barca, farsi strada in un contesto simile? Così anche le misure minime dei pesci (che per la triglia ad esempio corrisponde a 11 cm) sono un optional per i più ingenui, a cui evidentemente non interessa il profi tto. Perchè è questo il criterio di valutazione di tutto, il riscontro a cui prestare attenzione per ogni azione, il resto non importa, sentimenti e morale restano per aria, nella vita bisogna restare con i piedi per terra perchè è per terra che si trova il denaro, unica via per il tutto. Non importa il totale impoverimento della fauna ittica, l'inquinamento delle acque, la cattura di pesci viventi nelle imminenti vicinanze di acque inquinate come quelle portuali. E i rischi di un'opposizione ferrea sono troppo elevati, basta chiudere un occhio per evitare problemi, ed è questo che importa, i guai non li cerca nessuno. Basta che ognuno si faccia i fatti propri; la crisi della pesca non è certo dovuta a tutto ciò. E allora non è certo con un progetto seppur innovativo come quello di cui si è tanto discusso che si può porre fi ne al clima di indifferenza che compromette non solo i diretti protagonisti dell'attività, ma tutta la cittadinanza. E certo, i fondi FEP che saranno devoluti dalla Provincia a favore della piccola e grande pesca potranno aiutare coloro che lavorano onestamente in mare, ma tocca a noi combattere il degrado e lo sfruttamento delle acque marine. Si tratta infatti di una somma di denaro pari a 3.849 milioni di euro per il periodo 2007-2013 tesa a garantire la stabilità delle attività di pesca, favorire la conservazione e la tutela dell'ambiente e delle risorse marine, incentivare lo sviluppo sostenibile e migliorare le condizioni di vita nelle zone in cui vengono praticate attività nel settore della pesca. Soprattutto può fornire dei premi ai giovani pescatori che intendono acquistare il loro piccolo peschereccio. Sembra quindi che a grandi linee molti enti si stiano muovendo nell'incentivazione della pesca, ma sappiamo bene che non è certo con un pregevole progetto e con una bella somma di denaro che si risana tutto. Il clima di copertura deve essere denunciato, in ogni caso. E' la partecipazione che rende un individuo padrone di se stesso, l'abitudine e il cedimento non possono fare altro che plasmare la situazione verso prospettive meno fl oride. Non basta guardare, non basta nascondere tutto con qualche appariscente iniziativa, ricca di scenografi e ma povera di sostanza.
Autore: Giacomo Pisani
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