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Corteo antifascista a Molfetta per far rivivere la Liberazione d'Italia
25 aprile 2008

MOLFETTA - Domani, 25 Aprile, Molfetta celebra l'anniversario della Liberazione dell'Italia dal regime nazi-fascista. Lo farà dalle 9:00 di domattina, a partire dal lungomare (altezza rotonda). In un momento in cui i revisionismi avanzano proposte indebite nei confronti dell'alto valore insito nella giornata, è importante riconoscere il merito di una battaglia, quella della Resistenza, che ha portato l'Italia a vivere incondizionatamente la libertà. La libertà dalle forze tedesche, che cercarono in Italia il proprio “spazio vitale”, e che tentarono il controllo del Nord attraverso la Repubblica Sociale Italiana. La libertà dall'oppressione fisica e culturale del fascismo, che assoggettò l'individualità all'oppressione violenta di ogni divergenza, e che inquadrò le vedute, che la personale cultura e formazione offriva, entro precise forme demagogiche e unilaterali. E che, attraverso la costituzione della RSI, profondamente subordinata alla Germania nazista, fiancheggiò i tedeschi in operazioni di repressione, sterminio e rappresaglia contro i partigiani. Una causa, quella per l'autodeterminazione da una forma assoluta di potere e di razzismo, che trovò l'unione di anarchici, cattolici, comunisti, liberali, socialisti, azionisti, monarchici, e che coinvolse gran parte della gente inquadrata, durante il periodo fascista, sotto le istituzioni sociali e culturali del fascismo stesso. A testimoniare, quindi, una guerra di liberazione nazionale, molto distante dai connotati di “guerra civile” che qualcuno le vuole attribuire, come quelli che hanno contrassegnato la guerra spagnola. Un'insurrezione che, pur non coinvolgendo direttamente l'azione armata della maggioranza assoluta degli italiani, non vide opposte due parti italiane, ma i soldati e i combattenti italiani contro gli invasori tedeschi e i collaboratori repubblichini. La posizione italiana era già apertamente sciolta dalla rete assuefacente che il fascismo riuscì a tessere con la violenza e la propaganda, e mirava a smagliare il fitto sistema assolutistico verso una pluralità politica, liberale o socialista che fosse. La causa, vinta a spese della vita di uomini, donne e bambini, ha favorito la garanzia dei diritti fondamentali della gente nella Costituzione Italiana, democratica e antifascista. Un risultato che ha permesso a genti e politici di esplicare a pieno le proprie personali capacità e propensioni, oggettivandosi nella molteplicità delle situazioni sociali e politiche. E che, ora, proprio un politico, Silvio Berlusconi, per mezzo di Giordano Bruno Guerri, osa audacemente definire “una festa che divide”, e che trova la totale disapprovazione di Gustavo Selva, senatore uscente del PdL, deciso ad "abolire la festa nazionale del 25 aprile". Spesso, dunque, le battaglie contro poteri di assolutistica matrice che, a causa di situazioni storicamente determinate, impongono all'uomo la più totale passività di fronte all'ingiustizia e alla disuguaglianza, trovano, negli stessi portatori di certe nomee addirittura libertarie, terreno fertile per correzioni che fanno male allo spirito di una nazione e di una guerra contro l'oppressione. Allora, è bene ricordare con forza ancor maggiore il 25 Aprile, non tanto trovando lo specchio della libertà nella realtà che ci circonda, ma facendo rivivere ogni giorno il carattere rivoluzionario di quelle giornate, di quella ferrea opposizione. Che trovò in Italia il piacere della rivolta e il sapore di una condizione nuova, più umana. Nulla, però, è acquisito per natura e dunque statico, immutabile. Solo il continuo dinamismo può proiettare la posizione dell'individuo verso una posizione sempre più autonoma, verso un'identità vissuta non solo dentro noi stessi, ma anche all'esterno, nella società. Perché perdere qualsiasi originalità di prospettiva, qualunque riferimento indipendente da una logica sistematicamente imposta, condannare il pensiero a trovare in se stesso il proprio fine, non può far vivere alla propria identità quella briciola di unicità che ci fa essere Uomini. Dunque la giornata presenta una notevole sfumatura attivista, rivoluzionaria, che l'impegno di quegli uomini riaccende anche nella banalità di una realtà che rivendica persino l'infondatezza della giornata. E che, per altre posizioni destrose, dovrebbe ricordare tutti i caduti, anche quelli della opposta fazione “repubblichina”, in vista di una pacificazione nazionale. Per commemorare tutti i morti, la repubblica ha già istituito una data, quella del 2 novembre; e molte solo state le occasioni, politiche e letterarie, per separare gli aspetti umani, o forse umanitari, da quelli politici e storici della Liberazione, giungendo ad una più ragionevole pacificazione. Ma la memoria storica cede spesso il proprio importante livello alla sicurezza di ruoli talmente austeri da costruire la sicura illusione di potersi opporre ai basilari riferimenti delle conquiste collettive, in favore alle improduttive cause politiche. Ma, forse, chiamarle politiche sarebbe fin troppo benevolo. Il riscatto degli individui ha trovato nell'unione la propria opposizione universale, indipendente da bandiere e colori. E' proprio con questo grado di subordinazione dei riferimenti politici che la libertà, nella sua fondamentale caratteristica di emancipazione dalla naturalità della necessità e dagli “appetiti immaginari” che spesso ci vengono inculcati, deve essere tenuta in conto. Per questo, il 25 Aprile è molto più che una commemorazione, ma un continuo monito alla cultura, all'impegno, e alla condanna dell'indifferenza.
Autore: Giacomo Pisani
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