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Continua lo scandalo del compostaggio 15 miliardi di lire abbandonati nell'agro molfettese e 20 dipendenti senza lavoro
15 giugno 2009

A chi non viene da sorridere pensando con nostalgia alle vecchie lire italiane? Non è per interrompere un piacevole ricordo ma certamente il sorriso si spegne se si associa l’immagine di 15 miliardi di lire di denaro pubblico che giacciono in completo stato di abbandono nell’agro molfettese, vittime dell’incu ria, degradati dal tempo, saccheggiati e devastati dai ladri: mi sto riferendo all’impianto di compostaggio di Molfetta. Tutti i molfettesi ne avranno sentito parlare, alcuni ne conoscono l’esatta ubicazione, pochi conoscono cosa vi è all’interno delle mura di cinta ma solo chi tra quelle mura vi ha lavorato ha l’esatta memoria storica dei fatti e unisce allo sdegno dello spreco, la rabbia e l’impotenza di chi, da più di quattro anni si trova disoccupato e assiste inerme alle vicende politico- giudiziarie ponendosi una sola domanda: “quando potrò tornare al mio posto di lavoro?” E’ giunto il momento di presentarmi: sono Carlo Muti, ex capoimpianto dello stabilimento di compostaggio ed ex dipendente della ditta Mazzitelli s.p.a. Sono entrato nell’organico aziendale nell’ottobre 2003, quando la direzione Mazzitelli aveva preso atto del fatto che la mala-gestione e le reiterate inosservanze alle normative ambientali avevano creato una situazione insostenibile, non era più possibile arginare il fiume in piena di proteste dei molfettesi per i miasmi che fuoriuscivano dall’impianto; quello che sarebbe dovuto essere uno stabilimento di trattamento rifiuti solidi urbani era in realtà una discarica a cielo aperto, con montagne di cumuli maleodoranti impossibili da lavorare in quanto i macchinari erano fermi per guasti e mancanza assoluta di manutenzione. Così, il 29 ottobre 2003, a distanza di nemmeno una settimana dal mio insediamento, il nucleo NOE dei carabinieri, coadiuvati dal Prof. Fracassi dell’Università di Bari, a seguito di un’ispezione, stabilirono che vi era un’emergenza ecologica e che erano presenti 20.854 tonnellate di rifiuto non trattato. A seguito di ciò fu inibito il conferimento di altro materiale e fu intimato lo sgombero del rifiuto presente nell’azienda. Nei mesi che seguirono cercai inutilmente di manifestare ai vertici della Mazzitelli l’estrema urgenza di stanziare fondi destinati al restauro dei macchinari e allo sgombero delle aie sia per scongiurare ulteriore rischio ambientale, sia per ottemperare a quanto richiesto dall’ordinanza di sgombero. Ma la politica aziendale della Mazzitelli non contemplava investimenti per cui il mio impegno si concentrò sul cercare di rattoppare alla meno peggio qualche macchinario ancora utilizzabile e organizzare la traduzione dei componenti esausti (sovvalli) alle discariche di bacino. Tutto ciò fu fatto estremamente a rilento in quanto la Mazzitelli si “dimenticava di pagare” le spese di conferimento alle discariche di Andria e Trani. Se qualcuno volesse avere riscontri di quanto ho scritto, conservo copia di tutto il lavoro svolto. Gli incendi del 9 e del 30 settembre 2004 pongono fine all’agonia dello stabilimento, con il suo definitivo sequestro. Questo quadro davvero sconfortante ha portato i dipendenti dell’impianto a trovarsi senza lavoro: oltre al danno di aver lavorato in un ambiente malsano, dove venivano colpevolmente ignorate le seppur minime norme di sicurezza sul lavoro (spesso i guanti e gli strumenti di protezione venivano acquistati dai dipendenti stessi con i loro soldi), è sopraggiunta la beffa del ritrovarsi disoccupati. Al termine della causa tra il Comune di Molfetta e la Mazzitelli s.p.a. il Tribunale di Molfetta dichiara che il De Flammineis (rappresentante legale) “non ha esitato a mettere a repentaglio l’ambiente, la popolazione ed il territorio, creando condizioni locali insopportabili per l’intera comunità”. Le evidenze ineluttabili dei fatti avrebbero consigliato di prendere atto della evidente incapacità della Mazzitelli a gestire questa attività, ma evidentemente non furono ritenute sufficienti in quanto nel 2007 la Giunta Comunale approva il provvedimento per ridare all’azienda la gestione dell’impianto fino al 2021. Fortunatamente gli impegni per riottenere l’impianto furono disattesi dalla Mazzitelli e l’accordo decadde. Non mi dilungo oltre nelle vicende giudiziarie e vengo a parlare dell’oggi. Sull’impianto di compostaggio di Molfetta sono stati versati fiumi di inchiostro su questa vicenda ma una domanda sorge spontanea: che fine ha fatto il progetto di riapertura? Non sono bastate le sentenze dei giudici, non è stato sufficiente il lodo arbitrale; ancora oggi i dipendenti della Mazzitelli continuano ad accedere allo stabilimento, di fatto il Comune non ne ha ancora il completo possesso e non esiste ancora un accordo con l’A.T.O. (autorità di bacino) su chi ne avrà la gestione. E’ senza dubbio apprezzabile lo sforzo dell’amministrazione di rendere, con le isole ecologiche interrate, più efficiente il servizio di igiene urbana, ma queste devono essere inserite in un progetto organizzato e avere, come ultimo tassello, un impianto di trattamento del rifiuto differenziato che permetta di lavorare sul territorio quanto raccolto. All’interno dell’A.S.M. vi sono persone estremamente competenti e preparate sulle tematiche ecologiche e che conoscono perfettamente la realtà del comune di Molfetta; con l’utilizzo delle tecnologie più aggiornate a basso impatto ambientale, si potrebbe creare un circolo virtuoso che si tradurrebbe in una migliore qualità della vita su tutto il territorio. Le foto allegate dimostrano come una cattiva gestione possa tradurre in un grave danno ciò che dovrebbe essere una grossa risorsa… penso sia ragionevole evitare il perpetrarsi degli errori gestionali del passato. Il metro per la valutazione di un territorio è la qualità dei servizi che offre; è cronaca di questi giorni la situazione tragica dei rifiuti a Palermo e ancora non si è spenta la eco di Napoli, intervenire prima dell’emergenza consentirebbe di pianificare con i tempi necessari l’entrata in esercizio dell’impianto e poter fare una serena valutazione riguardo le tecnologie da impiegare che consentano unitamente all’efficienza operativa anche un risparmio energetico. Tali iniziative permetterebbero inoltre agli ex dipendenti dell’impianto (attualmente ancora disoccupati e senza ammortizzatori sociali) di poter tornare, dopo più di quattro anni, alle loro mansioni portando sollievo alla situazione finanziaria che opprime le loro famiglie. E’ notizia di questi giorni lo stanziamento di 2,3 milioni di euro per il restauro e la rimessa in opera dell’impianto che appartiene al Comune di Molfetta. Quali prospettive occupazionali ci sono per gli ex dipendenti? Fu firmato un accordo con il Comune nel quale si diceva che sarebbe stato reintegrato il personale presente al momento del sequestro… E’ possibile avere riscontri in questo senso? Vogliamo mettere la parola fine ad una vicenda grottesca e surreale che fino ad oggi ha prodotto più carte legali di quelle che l’impianto ha trattato nei suoi cicli di lavorazione? Confido nel buon senso di tutte le parti politiche, vi esorto a tenere conto anche dei risparmi in termini finanziari che una buona gestione dell’impianto produrrebbe, abbattendo gli onerosi costi di conferimento nelle discariche di bacino che si tradurrebbero in maggiori risorse da investire nella tutela del territorio. Da parte mia posso confermare la ferma volontà tornare al mio posto di lavoro e poter finalmente rendere produttiva questa grossa risorsa, avendo il know-how necessario per non ripetere i tragici errori avvenuti nel passato, contribuendo attivamente al benessere e alla pulizia del territorio molfettese.

Autore: Carlo Muti
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