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Confronto fra gli avanzi del Pd e dei Giovani democratici di Molfetta col destracentro di Tommaso Minervini alla ricerca di una giustificazione politica al loro trasformismo
19 aprile 2017

MOLFETTA – La coalizione di destracentro di Tommaso Minervini continua il suo percorso alla ricerca di una legittimità (e di una verginità) politica che possa nascondere ai potenziali elettori il pastrocchio politico di un miscuglio di liste civiche di diversa estrazione.

Un’operazione di trasformismo in piena regola che vede oggi la parte restante del Pd legata ad Emiliano e la parte restante dei Giovani democratici aderire a quello che “Quindici” ha definito il ciambotto politico che ha necessità di giustificare se stesso e così con il solito politichese caro a Minervini, si parla di confronto con i Giovani Democratici, anch’essi alla ricerca di salvare la faccia essendosi schierati a destra. Nel confronto sarebbe «emersa la necessità di un nuovo linguaggio e la necessità di guidare con mano sicura ed equilibrata le energie e le responsabilità in grado di smuovere il panorama politico sin’ora immobile. Per una legittimità democratica a diventare guida verso un futuro sereno della città e poter così intervenire realmente nella soluzione dei problemi è necessario ora, in questa fase della storia cittadina, un progetto di rigenerazione (ecco la ricerca di una nuova verginità, ndr) e di coesione sociale, realizzando così una vera e larga forma di democrazia partecipata (tradotto dal politichese: ciambotto o armata brancaleone, ndr)».

Quindici traduce dal politichese per i lettori: «Il problema infatti è realizzare una forma di democrazia sostanziale capace di generare soluzioni immediate, efficaci e risolutive per la città. Non di un “apparato politico” contrapposto all’altro. Quindi la nuova alleanza amministrativa chiama Molfetta ad abbandonare le astrazioni teoriche, i veleni, i calcoli individualistici e lo scontro tra “apparati” contrapposti. Chiama alla responsabilità che unisce», in pratica dopo aver creato divisioni politiche, scontri e quant’altro, si va alla ricerca di una giustificazione a tali comportamenti attribuiti ad altri e non al ciambotto. Il proverbio direbbe: il bue dice cornuto all’asino.

«È necessaria ora un’alleanza responsabile, aperta, centrata sulle emergenze della città, che ne conosca le particolarità, i pregi, i difetti, i problemi e le soluzioni – continua il comunicato, inviato solo agli amici, confermando l’incapacità di confronto e dell’accettazione delle regole della democrazia, che i cittadini hanno già avvertito e che si percepisce anche dalle successive parole, ndr - . Sappia esattamente dove mettere le mani in virtuosa collaborazione con la Regione, la Città Metropolitana e le altre istituzioni dello Stato. Ed insieme sappia preparare i giovani all’esperienza amministrativa». La santa alleanza del ciambotto quindi, si dichiara di sapere esattamente dove mettere le mani, con non poca presunzione.

E ancora alla ricerca di legittimazione: «Con l’unità tra l’area di impegno civico, il PD (quello che resta, ndr) ed i Giovani democratici (la parte residua, ndr) si concretizza quel senso di responsabilità che tanti cittadini molfettesi di diverse generazioni e culture da più tempo stanno chiedendo».

E per giustificare il ciambotto si parla di «confronto delle diverse identità culturali e politiche (?!) ha portato responsabilmente alla necessità di mettere al primo posto le emergenze della città».

E per giustificare ancora il trasformismo da sinistra a destra si fa rilevare che «è stato osservato che la identità politica dell’ “apparato del centro sinistra”, presente nella precedente amministrazione ad un anno dalle dimissioni è ancora frantumato, senza idee e senza nemmeno un candidato unitario. Stessa considerazione per le amministrazioni dell’ “apparato del centro destra” che presentavano una guida monocratica assolutista eppure ciò non ha impedito paralisi amministrativa ed interventi della giustizia (ricordando gli arresti e i processi ancora in corso che riguardano il porto e vedono coinvolto l’ex sindaco sen. Antonio Azzollini)».

Insomma, “noi siamo i migliori”, “non si salva nessuno a destra e a sinistra”, affermano con arroganza e presunzione i protagonisti del ciambotto, cercando di nascondere una coda di paglia che dal comunicato appare, invece, molto evidente.  

E non poteva mancare la legittimazione del gruppo di Saverio Tammacco, “traditore” con gli altri ex colonnelli del centrodestra del senatore di Forza Italia già alle elezioni regionali, con un’operazione che definire trasformistica sarebbe perfino politicamente nobile: «La stessa variegata area civica aveva già scelto la priorità dei bisogni della città sin dal 2015, con le elezioni della nuova legislatura regionale». E qui si tira in ballo, indirettamente, il governatore Michele Emiliano, per dare una bandiera politica di sinistra alla coalizione.

E così recuperata, a loro parere,  la verginità politica agli occhi di elettori e cittadini «in questo importante, decisivo e fondativo confronto» (dove sia finito l’orgoglio dei Giovani democratici, nessuno sa spiegarlo, ndr) il candidato sindaco Minervini annuncia la diffusione del programma amministrativo ai cittadini dell’armata brancaleone, unica pura e responsabile e attenta ai bisogni della città: «Si definisce così la più ampia area unitaria di responsabilità concentrata sui bisogni di Molfetta. Quando la propria città è in crisi i cittadini responsabili uniscono le proprie risorse ed uniscono le generazioni per consegnare ai giovani non una città decadente, piena di veleni, di personalismi e disgregata. Bensì una città fecondamente coesa ed orgogliosa di riprendersi il senso di appartenenza laboriosa ed utile alla propria comunità».

Quanto potrà durare questa coalizione di teste diverse? Già Cicerone, come ci ricorda Terenzio, ammoniva: Quot capita, tot sententiae, tante teste, tanti pareri? Il rischio di crisi e di ingovernabilità, con nuovo ritorno al commissariamento della città appare concreto, anche alla base delle esperienze politiche e personali dei personaggi protagonisti di quest’ultima operazione di trasformismo.

Ma i ciambottisti assicurano la città sulla stabilità. Con quali garanzie? Quelle personali e politiche delle varie teste in campo?

Il messaggio politico che si cerca di trasmettere, leggendo fra le righe, appare questo: mentre tutti gli altri litigano, sono divisi, hanno giovani decadenti, politici malati di protagonismo (senti chi parla!), diffondono veleni, noi del ciambotto vi garantiamo una zuppa di qualità che, cucinando insieme le esperienze politiche di tutti, promette la nuova era di prosperità e benessere per il prossimo ventennio.

Una delega in bianco? Il voto come un referendum alla Erdogan?

Quindici, quello che gli altri non dicono.

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