Colori di donna, l'impegno nella vita pubblica: la Consulta femminile contro le discriminazioni di genere
MOLFETTA - In occasione della “Giornata internazionale dei diritti delle donne”, la Consulta Femminile ha presentato “Colori di donna, L’impegno nella vita pubblica”, invitando a testimoniare quelle donne che, con determinazione e impegno, sono riuscite a realizzare i loro sogni e oggi ricoprono ruoli di primaria importanza nel tessuto sociale, ruoli che fino a qualche decennio fa erano ritenuti prettamente maschili.
La presidente della Consulta, Alina Gadaleta Caldarola (nella foto col magistrato De Palo), invita tutte le donne ad acquisire maggiore consapevolezza dei ruoli pubblici che possono svolgere e spiega che Colori di donna è una metafora che vuole evocare la bellezza di ogni donna che persegue i suoi obiettivi. Perché le donne hanno dovuto percorrere un cammino lungo e tortuoso che non può essere ridotto alla mera festa commerciale dell’8 marzo. C’è molto ancora di non fatto e la memoria non deve andare persa. Alina Gadaleta sottolinea che sono sei gli articoli della Costituzione che sanciscono i pari diritti e le pari opportunità, ma ad esempio la parità tra coniugi diviene effettiva solo nel ’75, quando la moglie può usare il proprio cognome e non quello del marito o addirittura solo nel ’96 la legge sulla violenza sessuale è riconosciuta come violenza contro la persona e non più contro la morale. Per non parlare dei tanti problemi irrisolti riguardanti il lavoro, come il basso tasso d’impiego femminile o sottopagato, la mancanza di donne ai vertici delle aziende, delle cariche elettive e rappresentanze parlamentari. Questo perché i pregiudizi fanno in modo che un uomo che ricopre una certa carica venga visto come meritevole e una donna invece, sia avvertita come una usurpatrice, avvantaggiata semmai per la sua bellezza o per particolari favori. Per fortuna ora le giovani donne non aspettano più il principe azzurro, ma cercano di ricoprire ruoli anche importanti con le loro sole forze.
Per portarci il suo esempio è intervenuta la Presidente del Tribunale dei minori di Bari, il Magistrato Rosa Anna Depalo. Racconta che l’ingresso delle donne in magistratura è recente e nel ‘63, anno del primo concorso a cui ebbero accesso, solo otto di loro entrarono, mentre oggi la percentuale supera il 60%. Resta comunque il fatto che il totale della presenza delle donne in magistratura si aggira attorno al 40%. Abbiamo una sola donna Presidente di Corte d’Appello di Brescia che adesso avrà circa settant’anni ma è dotata di un attivismo straordinario. Brescia è un modello da seguire anche perché nel Palazzo di Giustizia è stato aperto uno sportello dove avvocati, psicologi, assistenti sociali, ascoltano e accompagnano nel percorso giuridico vero e proprio, le donne vittime di violenza. Inoltre il Magistrato ci parla di sé e del difficile rapporto avuto con il padre che voleva per lei una posizione più tranquilla. Tante piccole battaglie che ha dovuto affrontare da sola fino a che, entrata in magistratura, non ha più incontrato palesi discriminazioni. La sua esperienza le ha insegnato che spesso sono le donne stesse le maggiori nemiche delle altre donne. E tali sono quelle donne che si sentono inadeguate e che ancora devono lavorare su loro stesse. “Però,” aggiunge, “è giusto combattere per le pari opportunità ma ciò che è indispensabile è cambiare la cultura: ho letto recentemente la sentenza di condanna per alcuni ragazzi colpevoli di uno stupro di gruppo e in aula, mentre leggevo le varie condanne, questi sgomitavano tra loro per l’anno di pena in più o in meno che avevano preso rispetto all’amico. Non erano ancora coscienti della gravità del gesto. E le loro madri venivano a dirmi che i loro ragazzi erano buoni e la responsabilità era piuttosto della ragazzina che “la dava” a tutti. Che donne sono queste madri?”.
Loredana Lezoche, imprenditrice di una piccola azienda locale, dichiara di essere un maschiaccio sin da piccola, ha praticato sport piuttosto maschili come il karate e l’hockey su pista. Ha studiato per realizzare i suoi progetti professionali ed è andata controcorrente quando ha deciso di andare a scuola a Milano, fino alla scelta di ritornare nella sua città. Loredana ha messo su un’azienda dal niente ma non ha rinunciato ad essere mamma di ben quattro figli, di cui due sono figli di suo marito vent’anni più grande di lei. “Ogni donna è quello che vuole essere. Riesce a fare tutto senza mai smettere di essere tale: donna, moglie, amante, mamma, amica, consigliera e lavoratrice. Nei miei uffici ho fatto una scelta di donne e se potessi assumere esclusivamente donne nella mia azienda, lo farei, ma ci sono dei compiti fisici che non mi sento di imporre loro”.
L’assessore alla cultura e al turismo, nonché alle pari opportunità e all’uguaglianza di genere Betta Mongelli, ritiene che l’esperienza scout nella sua vita sia stata fondamentale per formare in lei uno spirito “di servizio” e crede nel valore dell’amicizia. Non è mai stata competitiva nei confronti del sesso maschile. Per lei il ’68 è stato sì l’anno dell’occupazione delle Università, ma anche e soprattutto ha rappresentato gli anni della scoperta dei territori dell’emarginazione. Gli anni per le battaglie dei diritti, per i divorzi e gli aborti. La scuola è stata per lei il luogo dell’impegno, non certo la comoda occupazione che permette di lavorare mezza giornata, ed ora il ritorno alla politica con la nuova amministrazione. “Paola, giovane e fresca intelligenza, ha portato un progetto nuovo per questa città e noi ci stiamo scontrando ogni giorno con le difficoltà per realizzarlo. Nonostante ciò le nostre assessore subiscono minacce per il fatto stesso di essere donne. Ma c’è anche un'altra realtà nella nostra città ed è quella del mondo gay e trans e il nostro dovere è quello di promuovere una lotta seria contro l’omofobia. Abbiamo un piano sul progetto antiviolenza e di tutela verso tutto ciò che è diverso ma uguale a noi. Perché anche ad Ambra dobbiamo garantire il rispetto che merita”.
Colori di donna si è concluso con un pittoresco racconto inedito interpretato dal cantastorie Pietro Capurso che narra della discriminazione di una giovane insegnante molfettese nei primi anni del Novecento.
La discriminazione di genere è sempre esistita, ma si sta combattendo una dura lotta che può e deve essere vinta. Sono necessari però la partecipazione e il sostegno degli uomini oltre che delle donne e una nuova cultura che abbia il suo perno nel concetto di uguaglianza.
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