Cogito ergo protesto i docenti molfettesi a Roma per lo sciopero
Mercoledì 29 ottobre, ore 23,30: la città è già chiaramente immersa nel sonnolento silenzio che la contraddistingue nei giorni infrasettimanali a quest'ora. Strade deserte, semafori già lampeggianti. Non si dorme però, o meglio non tutti: di fronte all'ospedale, in zona 167, comincia a radunarsi una comitiva di gente in attesa di alcuni pullman. Non si tratta di una gita, come potrebbero pensare quelli che passano ignari e che vedono il gruppo diventare sempre più numeroso, bensì del gruppo di docenti (molfettesi e non) in partenza per Roma per partecipare alla grandissima manifestazione indetta da tutte le sigle sindacali per protestare contro il decreto del ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini. Decreto già approvato, e questo non manca di essere materia di conversazione costante, ma nessuno ci sta a tirarsi indietro e a non manifestare e, ciò che stupisce di più, è che in partenza non sono solo gli insegnanti precari – anzi loro solo una minoranza – ma sono i docenti di ruolo delle scuole di ogni ordine e grado, solidali nel difendere il futuro di quella realtà che loro per primi hanno contribuito e contribuiscono a creare giorno per giorno con il loro lavoro. Si parte dunque: da Molfetta i pullman dei docenti sono ben tre. Sarebbe bene riposarsi un po' visto che il giovedì che attende tutti sarà piuttosto faticoso: il viaggio, subito il corteo per tutta la mattinata, e il ritorno. Venerdì c'è scuola e si manifesta consapevoli di quelli che sono i propri diritti e i propri doveri e nessuno ci sta a dare ragione al ministro Renato Brunetta. Niente fannulloni! Pochi riescono a chiudere gli occhi perché l'emozione di quello che sarà a Roma è già molto forte: in autostrada poi i pullman con la stessa destinazione sono davvero numerosi e molte sono le stazioni di servizio dove non c'è nemmeno un pertugio per sostare. Tanti, tantissimi…piano piano ci si rende conto e si cominciano a fare stime sui numeri della manifestazione. All'alba si giunge in zona Eur a Roma. La capitale ci accoglie con una fitta pioggia: dagli zaini e dalle borse escono gli ombrelli e i k-way per ripararsi e affrontare attrezzati la manifestazione la cui partenza è prevista alle 9,30 dalla piazza della Repubblica vicino la stazione Termini che raggiungiamo con autobus e metro. C'è tempo appena per la colazione e per comprare un quotidiano – numero da conservare! – e il clamore della piazza e dei tantissimi riuniti già riempie le orecchie di tutti. Ciò che colpisce prima di qualunque cosa, oltre al numero incommensurabile, sono i numerosissimi e fantasiosi striscioni, gli slogan, i volti, i colori di quello che si annuncia come un vero e proprio evento e soprattutto la tranquillità con cui tutti stanno interpretando la manifestazione: l'eco degli scontri del giorno prima a piazza Navona non si è ancora spento, ma nessuno vuole ripetere quella follia. La violenza non ha nulla a che fare con ciò per cui si protesta. Più di un'ora di attesa senza che il corteo accenni a partire: “ma cosa è successo? come mai non si muovono?” Seguendo i corridoi laterali che dalla piazza si immettono su via Barberini cominciamo a capire qualcosa a cui davvero si stenta a credere: il corteo “non parte” perché tutto il percorso previsto è già completamente pieno di manifestanti fino a piazza del Popolo, punto d'arrivo della manifestazione e dove sono previsti gli interventi degli esponenti dei sindacati organizzatori della manifestazione. La piazza in pratica si può raggiungere solo se ci si tiene ai margini del corteo o si imboccano vie laterali. Quanti? Quanti? Uno striscione ironizza contro il direttore del Tg4: «Emilio quanti siamo? ». Giunti a fatica a piazza del Popolo riusciamo solo a intuire ciò che al centro sta avvenendo: a partire dal Pincio, sulle discese laterali, e fino a via del Corso i partecipanti fanno blocco unico, a guardarli non si riesce nemmeno a distinguere le individualità. Proviamo a chiamare a casa per chiedere che numeri riportano i telegiornali… un milione! Non fa spavento questa cifra, ma esalta ed emoziona: gli sguardi si incrociano contenti, nessuno ha fretta di tornare a casa per respirare ancora tutto quello che accade, per fissare le parole e le immagini di una giornata la cui eco non si esaurirà presto. La scuola non ci sta ad essere maltrattata dai numeri della finanziaria e dall'imperizia di un giovane ed inesperto ministro e se sceglie di farsi sentire attraverso il clamore della piazza è perché pensa al paese, alla democrazia, agli italiani di domani che al grembiule devono rispondere con la cultura che, da sempre, fa rima con libertà.
Autore: Francesca Lunanova