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Chiudere i progetti di accoglienza Sprar, il grande errore di Salvini
15 ottobre 2018

«Non è ancora possibile quantificare i danni che l’eliminazione dei centri SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) potrebbe causare agli ospiti di tutti i centri di accoglienza (in particolare quelli di Molfetta, Barletta, Bisceglie e Trani). La volontà di Salvini e della sua nuova legge è proprio quella di comprimere in maniera significativa il sistema SPRAR il quale è un sistema assolutamente efficiente e razionale, esiste da oltre sedici anni ed è stato considerato da tutti i governi italiani, un modello da presentare in Europa, insomma un “biglietto da visita” per tutti coloro che arrivano da paesi poveri o in guerra. I centri SPRAR hanno anche degli standard rigorosi di erogazione di servizi, insieme ad un controllo estremamente rigido delle spese, per cui c’è pochissimo margine all’interno del sistema SPRAR per gli enti gestori per aver dei guadagni aggiuntivi. L’accoglienza, all’interno dello SPRAR prevede la sistemazione degli ospiti in appartamenti, quindi di tipo diffuso, con personale qualificato e con una distribuzione adeguata dei richiedenti asilo e dei rifugiati sul territorio. Questo sistema, consente una reale integrazione delle persone all’interno dei progetti, e soprattutto la conquista dell’autonomia da parte dei richiedenti. Questo orientamento verso l’autonomia e l’indipendenza consente di ridurre la possibilità di tensioni sociali e forme alle quali tende l’attuale decreto Salvini, il quale intende invece depotenziare i progetti SPRAR che sono a titolarità dell’ente locale, quindi di soggetti che hanno piena consapevolezza di quelli che sono i bisogni dei territori nei quali affieriscono i progetti, a favore del tipo di accoglienza che è stata straordinaria fino ad ora (che diventerebbe quindi ordinaria) all’interno di grandi strutture, con l’esclusione degli enti locali, offrendo un tipo di accoglienza non diffusa, ma concentrata (si parla quindi di grandi strutture dove si concentrano tutti i richiedenti asilo), dove le persone ricevono un tipo di accoglienza basica, dove quindi non viene più privilegiato l’interesse del singolo. Il tipo di accoglienza diffusa, rende gli ospiti molto più autonomi poiché il progetto SPRAR è orientato anche all’ambientazione abitativa e lavorativa, al fine di rendere gli ospiti autonomi nel minor tempo possibile». Queste sono le parole di Marcella Chiapperino, coordinatrice SPRAR della cooperativa sociale Oasi 2, la quale è ovviamente contro la legge Salvini. “Quindici” ha intervistato lei, insieme ad altri responsabili e alcuni dei beneficiari del servizio SPRAR. Abbiamo, così, avuto la possibilità di comprendere le caratteristiche principali di questo grande sistema, e avere la risposta ad una domanda che tutti, negli ultimi tempi, si stanno ponendo: Quali modifiche ci saranno a causa del decreto Salvini? Il sistema SPRAR subirà una importantissima contrazione, poiché, stando al decreto ufficiale, il progetto SPRAR potrà accogliere solo i rifugiati, quindi i richiedenti asilo e i titolari di protezione umanitaria (riconosciuto in Europa, permesso per il quale una commissione territoriale che esamina le richieste di protezione internazionale non intravedono delle motivazioni valide per riconoscere lo stato di rifugiato, ma raccomandano al questore il rilascio di questo particolare permesso; tra i provvedimenti della legge Salvini l’abolizione di questo permesso è uno dei più gravi) saranno esclusi dal progetto. E purtroppo pare che ci siano tutte le basi perché tutto questo diventi realtà. In tanti pensano che questo tipo di dispositivo all’interno del decreto sia altamente lesivo della libertà delle persone che accedono alla protezione internazionale. Alla domanda «Se la chiusura dei centri dovesse essere definitiva, quale sarebbe il vostro impegno nei confronti dei richiedenti asilo?», Marcella ha risposto che continueranno a rappresentare senza dubbio un presidio all’interno dei territori in cui ci sono i centri accoglienza, poiché l’associazione Oasi2 non si occupa soltanto di SPRAR o CAS (centri di accoglienza straordinaria), bensì anche di altri servizi per persone straniere che vivono nel territorio, ma non vengono seguite all’interno di centri (come ad esempio gli sportelli immigrazione), inoltre continueranno ad occuparsi delle persone singolarmente e rispondere alle esigenze di ciascuno, continuando allo stesso tempo ad esercitare pressioni (insieme ad altri enti che si occupano di questi temi) affinché siano rispettati i diritti di tutti. Alla conversazione hanno partecipato anche alcuni degli ospiti del servizio SPRAR di Molfetta, Kalusha, Erica e Farhan, insieme a Ibra, un mediatore linguistico del centro di accoglienza di Molfetta. Loro hanno vissuto tutti delle esperienze diverse, ma hanno tutti lo stesso obiettivo: trovare un lavoro che possa permettere loro di essere autonomi. Kalusha ha subito affermato di essere molto grato al servizio SPRAR e alle persone che lavorano all’interno, poiché lo hanno aiutato ad ambientarsi e a intraprendere un percorso verso il lavoro, lui è consapevole che senza il progetto accoglienza molti rifugiati non avrebbero la capacità di ambientarsi da soli, infatti prima di arrivare a Molfetta, Kalusha è stato ospitato in altri centri, dove molti dei suoi compagni, non essendo seguiti e guidati costantemente, non riuscivano ad adattarsi o a capire cosa è giusto e cosa è sbagliato. «Io sono fortunato – dice il ragazzo – perché sono stato aiutato e guidato dai membri dell’equipe del centro SPRAR di Molfetta che mi hanno permesso di comprendere come muovermi all’interno della società, ho paura per gli altri che ci saranno dopo di me. Non tutti sanno parlare italiano, non tutti sanno come raggiungere un obiettivo o trovare un lavoro e a volte non si hanno nemmeno le possibilità economiche, non so chi potrebbe aiutarli se i centri dovessero realmente chiudere». Ora Kalusha sta frequentando un corso di tirocinio di design, ma nel suo cassetto custodisce il sogno di diventare un calciatore. Farhan vorrebbe avere una famiglia e vivere una vita normale, e si sta già impegnando per raggiungere il suo obiettivo poiché è tirocinante in un’azienda di ristorazione. Il punto di vista dell’equipe è rappresentato dalle parole del responsabile del centro di Molfetta, Onofrio Depalma: «Il nostro modo di lavorare con le persone non cambierà modificando le regole di inserimento negli SPRAR, però se questi centri dovessero chiudere perderemmo l’opportunità di proteggere le persone dai rischi di sfruttamento lavorativo, che aumenteranno in maniera esponenziale». In realtà, è proprio interrompendo il processo d’integrazione, che si rischia di creare l’allarme sociale che in questo momento non esiste in Italia. Il decreto Salvini, produrrà esattamente questo: scatterà l’allarme sociale che si sta cercando di evitare. Si è lavorato tanto sul buon funzionamento di questi centri, specialmente nel Comune di Molfetta. Il centro SPRAR è un ente che si sposa perfettamente con il sistema della città, è complementare a tutte le altre attività, è un valore aggiunto, ma che s’integra molto bene con la città e tutti i suoi sistemi. La legge Salvini andrebbe ad influire sulla condizione delle persone che hanno lo SPRAR come punto di riferimento. In Italia, la situazione dei migranti non è una delle migliori, quindi la domanda fondamentale è: perché porre fine all’unico sistema efficiente che aiuta i richiedenti asilo ad integrarsi nella società, a trovare un lavoro, creare una famiglia e vivere una vita felice? © Riproduzione riservata

Autore: Sara Mitoli
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