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Cantiere del porto: un arresto e due sospensioni, blitz della Guardia di Finanza Ancora presunti illeciti: frode nelle pubbliche forniture, truffa, gestione illecita di rifiuti. Tutti i nomi
15 novembre 2023

Ancora problemi di presunti illeciti al cantiere del nuovo porto commerciale di Molfetta, un cantiere infinito che non trova pace tra interruzioni, sequestri vari e indagini della magistratura. I militari della Guardia di Finanza di Molfetta, coadiuvati da personale del I Gruppo Bari e dal Reparto Operativo Aeronavale del capoluogo hanno dato esecuzione, nelle province di Bari e Barletta- Andria-Trani, a misure cautelari nei confronti del rappresentante legale della società fornitrice di materiale lapideo per i lavori di messa in sicurezza del nuovo porto commerciale di Molfetta, Giuseppe Dell’Erba, 45 anni di Trani. L’uomo è stato posto agli arresti domiciliari. Sospesi invece il direttore operativo dell’ufficio della direzione dei lavori, l’ing. Giuseppe Loliva, 50 anni di Castellana Grotte (già coinvolto in precedenti indagini giudiziarie sul porto), e un dirigente dell’Ente locale responsabile del procedimento, l’ing. Alessandro Binetti, 54 anni di Molfetta. Tutti non potranno esercitare pubblici uffici e servizi insieme al divieto temporaneo di esercitare l’attività professionale per il tempo massimo consentito dalla legge (successivamente è stata revocata l’inderdizione per Binetti). Oltre a loro sono indagati: Marck Bravaccini e Marcello Calandrini, rispettivamente direttore del cantiere e capocantiere della Cmc; Serafina Dell’Erba, sorella di Giuseppe e rappresentante legale di una società di famiglia; Renato Marconi, direttore dei lavori per la messa in sicurezza del porto. I reati, contestati a vario titolo, sono frode nelle pubbliche forniture, truffa e gestione illecita di rifiuti. Disposto nei confronti di due società (fornitrice e subappaltatrice del materiale) e del rappresentante legale di una di esse il sequestro del profitto dei reati contestati, quantificato complessivamente in 250mila euro tra beni e disponibilità finanziarie, insieme al sequestro impeditivo delle aziende e delle quote societarie delle società il cui attivo patrimoniale complessivo è stato stimato in circa 10 milioni di euro. I reati contestati sono frode nelle pubbliche forniture, truffa, gestione illecita di rifiuti. Numerosi gli elementi di prova (anche video) acquisiti che hanno finora consentito di ritenere le operazioni di carico dei materiali, sui camion e il loro conferimento all’interno del cantiere del nuovo porto, non conformi. Inoltre, il Giudice per le Indagini Preliminari Carmen Anna Lidia Corvino, ha disposto il sequestro impeditivo delle aziende e delle quote societarie delle suindicate società il cui attivo patrimoniale complessivo è stato stimato in circa 10 milioni di euro. I reati contestati sono: artt. 356 (Frode nelle pubbliche forniture) e 640 comma 2, n. 1 c.p. (Truffa); art. 256 commi 1 e 2 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (gestione illecita di rifiuti); art. 5, comma 1, lett. a), art. 6 comma 1, art. 24 (in relazione all’art. 356 c.p.) e art. 25 undecies (in relazione all’art. 256 D.Lgs. n. 152/06) del D.Lgs. n. 231/01 (responsabilità dell’ente per Illecito amministrativo dipendente da reato). Il provvedimento costituisce l’epilogo di una complessa ed articolata indagine di polizia giudiziaria, effettuata dalla Compagnia di Molfetta, avviata nell’ottobre del 2021, attraverso l’esecuzione di appostamenti, pedinamenti, intercettazioni telefoniche, l’installazione di numerose telecamere e l’analisi della copiosa documentazione acquisita, acquisita presso il cantiere nel febbraio 2022. L’inchiesta ha messo in luce un collaudato sistema di frode nell’ambito dell’opera di completamento del molo di sopraflutto (“diga a gettata per proteggere il bacino portuale, consistente nella posa di più strati in blocchi, naturali o artificiali. I materiali richiesti dovevano essere chimicamente inalterabili e meccanicamente resistenti, compatti e con un elevato peso specifico, come desumibile dal Capitolato Speciale di Appalto ed era prevista la fornitura e posa in opera di circa 106 tonnellate di materiale da cava, dei quali circa il 60% costituito da tout venant necessario per la costruzione del nucleo e il restante 40% da massi in scogliera”). In particolare, è stato accertato che anziché fornire il materiale previsto dal capitolato speciale d’appalto, è stato utilizzato anche attraverso l’ausilio di documenti di trasporto falsi, materiale riveniente da scavi eseguiti su terreni privati, materiale vegetale nonché materiale di dubbia provenienza (si parla di terra rossa), incluso materiale qualificato nella ordinanza cautelare (anche sulla base degli esiti di specifica consulenza tecnica) come rifiuto speciale. Il materiale illecitamente impiegato sarebbe pari a circa 40mila tonnellate. Le investigazioni hanno consentito di acquisire gravi indizi, sulla base dei quali sono state iscritte, nel registro degli indagati, complessivamente, nove persone fisiche (tra le quali, oltre i destinatari dell’ordinanza, il direttore dei lavori, il direttore del cantiere ed il capocantiere) e le suindicate società, prive di un modello di organizzazione idoneo a prevenire la commissione di reati, previsto dal decreto legislativo n. 231/2001 (accertamento compiuto nella fase delle indagini preliminari che necessita della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa). Numerosi gli elementi probatori (anche video) acquisiti che hanno finora consentito di ritenere le operazioni di carico dei materiali non conformi sui camion e il loro conferimento all’interno del cantiere del nuovo porto. Così come, ulteriore conferma è stata acquisita dalle conversazioni telefoniche intercettate: “… le intercettazioni telefoniche hanno, altresì, documentato il conferimento di “terra”, materiale non conforme al capitolato: in alcuni casi è stato mischiato materiale roccioso con “terra”, in altri, addirittura, è stata fornita solo “terra”…” come si legge nell’ordinanza cautelare e decreto di sequestro disposti dal GIP, il quale ancora scrive “…sin dalle prime conversazioni intercettate, emerge che oltre al tout – venant (il materiale conforme al capitolato) viene trasportato qualcosa di diverso …” e in ultimo osserva che “…le forniture in eccesso di materiale non conforme, ormai note a tutti gli indagati, provocavano lamentele…” a tal punto, che gli indagati in riferimento all’eccesso di materiale roccioso evidenziavano il colore rosso dello specchio d’acqua limitrofo ai lavori. Ulteriori frasi indiziarie sono state captate all’atto dell’accesso al cantiere da parte dei finanzieri. In particolare, mentre era in corso l’acquisizione documentale della Guardia di Finanza, gli indagati si adoperavano, fattivamente, per cercare di occultare le prove che potevano condurre alle loro responsabilità. Ecco alcune frasi intercettate: «Ho la finanza in cantiere, facciamo fermare il materiale»: parlavano così il 16 febbraio 2022 il capocantiere dell’intervento per la realizzazione del molo sopraflutto del porto commerciale di Molfetta e un operaio della ditta Trani scavi (subappaltatrice della Cmc di Ravenna, impresa appaltatrice). Non sapevano che la Guardia di Finanza li stava intercettando su ordine della Procura di Trani né che gli investigatori avessero ascoltato anche altre conversazioni dello stesso tenore: «Ti ho detto che stanno quelli della Finanza, il materiale è rosso e questi mo’ stanno vedendo tutto», dicevano. E ancora: «Facciamo spostare il materiale da qualche altra parte». Altre frasi intercettate: «Stanno esagerando e succederà il terremoto» diceva un dipendente della Trani Scavi; e un altro replicava: «Qua non esiste la roba bianca, è tutta terra». Lo stesso capocantiere, in un’altra circostanza, urlava: «Io mi vergogno di mettere questo materiale. Non si può neanche guardare, ma stiamo scherzando… Deve venire qualcuno qui e dobbiamo passare i guai? Quanto prima me ne vado, mi sono veramente schifato». Ma alla fine restavano tutti. E anche Loliva, che – ricorda la gip Carmen Anna Lidia Corvino – era stato già coinvolto nella prima inchiesta sul porto, constatava l’utilizzo di materiale errato ma non lo impediva: «Sono andato sul molo e ho trovato materiale di me... ». Frasi emblematiche – secondo la giudice Anna Lidia Corvino – di una frode che si è consumata dal 2021 nella costruzione di un’importante opera pubblica, il porto di Molfetta, già in passato finita al centro di un sequestro e di un lungo processo. L’operazione relativa ai lavori del nuovo porto, costituisce un’ulteriore testimonianza del costante presidio alla legalità esercitato dalla Procura della Repubblica in stretta sinergia con la Guardia di Finanza, per la repressione dei reati contro la pubblica amministrazione con particolare riferimento alla gestione degli appalti pubblici, finalizzata alla salvaguardia degli investimenti pubblici, in modo da assicurare le condizioni di concorrenza necessarie a tutelare le imprese sane e rispettose delle regole nonché garantire l’accesso a migliori servizi, lavori e forniture.

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