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Campionato Italiano a Squadre di Scacchi 2013. Sconfitta la squadra di Molfetta
23 aprile 2013

BARI - Si è concluso domenica 21 aprile il campionato italiano a squadre di scacchi. Per la prima volta in assoluto la nostra città è riuscita a schierare una propria rappresentativa nella serie C, grazie agli sforzi dell'associazione "Vincenzo Massari". Per orgoglio campanilistico, a differenza di quanto fatto nel 2012, la squadra si è presentata senza sponsor, con la semplice denominazione "Molfetta". Purtroppo l'epilogo è stato amaro. Andati a Bari per vincere l'ultima gara ed assicurarsi la salvezza, i nostri sono ritornati mestamente sconfitti per 4-0, ultimi in classifica e retrocessi. Di fronte ad un risultato così netto, non ci può essere spazio per rimpianti: evidentemente non eravamo pronti per la serie C. Qualcosa di meglio si poteva certamente fare, ma la retrocessione era comunque inevitabile.

La formazione quest'anno era composta, nell'ordine, da Vincenzo Fiorentino (1), Giovanni Airoldi, Giuseppe Balacco (0.5) e Cosmo De Gioia (0.5), con Pasquale La Forgia come prima riserva. Fra parentesi i punti individuali messi a segno da ciascuno giocatore nel corso del torneo.
Ed ora? Forse l'anno prossimo si riparte dalla promozione, ma c'è il rischio che la storia finisca qui. Non basta trovare 4 giocatori per iscrivere una squadra, è anche necessario avere una base di tesserati. Giusto per capirci, proviamo a contestualizzare. Quest'anno i campionati studenteschi, sia provinciali che regionali, si sono svolti proprio dietro casa nostra, a Corato il 23 marzo e ad Andria il 13 aprile. La partecipazione è stata rilevante (solo i finalisti erano oltre 350 fra ragazzi
e ragazze) malgrado la crisi economica (la cosa bella della crisi è che la puoi tirare in ballo per giustificare la tua pigrizia; in realtà i giochi sportivi studenteschi sono finanziati dal CONI, quindi le scuole dovevano solo trovare qualche genitore disposto a mettere la benzina). Quanti istituti di
Molfetta hanno partecipato? Nessuno. Se il contesto è questo, senza alcun ricambio generazionale, con una fobia ingiustificata per quello che è il gioco più celebrato e famoso (600 milioni i giocatori nel mondo), allora l'essere riusciti a disputare un campionato di serie C rimane comunque un risultato da incorniciare. Quando tutti gli altri hanno paura a mettersi in gioco, quei pochissimi che hanno il coraggio di farlo, pur preventivando di rimediare delle metaforiche sberle, sono da prendere come esempio.
 
La formazione quest'anno era composta, nell'ordine, da Vincenzo Fiorentino (1), Giovanni Airoldi, Giuseppe Balacco (0.5) e Cosmo De Gioia (0.5), con Pasquale La Forgia come prima riserva. Fra parentesi i punti individuali messi a segno da ciascuno giocatore nel corso del torneo.
Ed ora? Forse l'anno prossimo si riparte dalla promozione, ma c'è il rischio che la storia finisca qui. Non basta trovare 4 giocatori per iscrivere una squadra, è anche necessario avere una base di tesserati. Giusto per capirci, proviamo a contestualizzare. Quest'anno i campionati studenteschi, sia provinciali che regionali, si sono svolti proprio dietro casa nostra, a Corato il 23 marzo e ad Andria il 13 aprile. La partecipazione è stata rilevante (solo i finalisti erano oltre 350 fra ragazzi
e ragazze) malgrado la crisi economica (la cosa bella della crisi è che la puoi tirare in ballo per giustificare la tua pigrizia; in realtà i giochi sportivi studenteschi sono finanziati dal CONI, quindi le scuole dovevano solo trovare qualche genitore disposto a mettere la benzina). Quanti istituti di
Molfetta hanno partecipato? Nessuno. Se il contesto è questo, senza alcun ricambio generazionale, con una fobia ingiustificata per quello che è il gioco più celebrato e famoso (600 milioni i giocatori nel mondo), allora l'essere riusciti a disputare un campionato di serie C rimane comunque un risultato da incorniciare. Quando tutti gli altri hanno paura a mettersi in gioco, quei pochissimi che hanno il coraggio di farlo, pur preventivando di rimediare delle metaforiche sberle, sono da prendere come esempio.
 
 
 
 
 
 
 
 
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Credo ci sia un grosso equivoco. L'associazione scacchistica molfettese non ha fra i suoi scopi sociali la vittoria. Non è un circolo chiuso. Rispetta integralmente il proprio statuto che dice chiaramente, fra l'altro: L'associazione, che è basata sui principi solidaristici e di aggregazione sociale e non ha scopi di lucro, si propone di offrire agli associati quanto necessario alle loro esigenze sportive, ricreative e culturali nel campo del gioco degli scacchi. L' Associazione assume i seguenti compiti: a) perseguire esclusivamente finalità sportive dilettantistiche e culturali attraverso la gestione di attività nei campi dell'informazione, della cultura, dello sport, dello spettacolo e della ricreazione in genere, anche attraverso strutture scolastiche pubbliche e private; b) organizzare in proprio ovvero partecipare attivamente all'approntamento, all'organizzazione e alla gestione delle attività connesse alla promozione, allo svolgimento di gare, manifestazioni ed incontri di natura sportiva - ricreativa e culturale nel campo del gioco degli scacchi; c) gestire e promuovere corsi di istruzione per il gioco degli scacchi. Il numero dei Soci è illimitato. Possono far parte dell'Associazione le persone fisiche che ne condividono gli scopi e che si impegnano a realizzarli. Possono essere causa di rifiuto esclusivamente la condanna a reati penali contro la persona, la radiazione o l'interdizione temporanea all'iscrizione da parte della Federazione Scacchistica Italiana.
UNA PROSPETTIVA MODERNA-…Solo lo studio ANALITICO delle partite del passato trasforma uno spingilegno in SCACCHISTA. Il nostro gioco sta attraversando un periodo difficile. Da una parte ha raggiunto un alto livello, dall'altra ha fatto sorgere un freddo pragmatismo. La gente dovrebbe imparare a distinguere la vera ARTE dal suo falso corrispettivo, la CREATIVITA' dalla routine. Più analizzo le partite dei Grandi Maestri odierni (es. Caruana) e più constato che l'elemento sportivo negli scacchi stia soffocando tutto il resto. Il contenuto CREATIVO delle partite si è rarefatto, vengono giocate poche partite coerenti, ed i sacrifici calcolati a fondo, nonché le combinazioni, sono rari. Lo “spirito aritmetico”, inoltre, sta inficiando anche la vera essenza degli scacchi: i processi di pensiero sulle mosse. Anche lo studio, con l'uso dei software è stato completamente stravolto trascurando completamente il LAVORO ANALITICO intendendo con ciò non l'analisi di questa o quella variante ma la penetrazione profonda nell'essenza della lotta sulla scacchiera, della formazione del piano con i suoi micro piani, del cercare le potenzialità combinative più riposte. Questo lavoro specifico, che tutti i re degli scacchi hanno svolto, dà la possibilità di scoprire i difetti del proprio gioco, di comprendere al meglio i segreti della partita e di allargare la propria erudizione in materia. E, allora, in presenza del DEGRADO del gioco attuale c'è da rispondere alla fatidica domanda: è sempre possibile circoscrivere la propria scelta di mosse a quelle sicure, e giocare senza rischio, limitandosi a manovre puramente tecniche? La risposta è riposta nel PASSATO. Se studiaste le partite dei grandi giocatori classici, dovreste concludere che il metodo COMBINATIVO, la ricerca della bellezza, in definitiva il RISCHIO, non solo migliorano gli scacchi, ma danno anche possibilità di vittoria in posizioni dove l'approccio tecnico porterebbe, molto probabilmente, solo ad una patta incolore. Signori, per citare Tartakower…gli sono per ARTISTI RIBELLI!!

LE VERITA' DEL PASSATO-… perché analizzare le partite ante-72?? Semplicemente perché ritengo che rispetto a quelle odierne le partite del passato mostravano un sentimento estetico elevato che riguarda tutti i fruitori del gioco, ciascuno al proprio livello. La BELLEZZA negli scacchi attiene allo Stupore, alla Precisione, alla Perfezione, al Rigore. Non è un caso che alcuni scontri bellissimi vengano dimenticati in un particolare periodo storico per poi ritornare in auge in un altro, come “riscoperte”. In esse, semplicemente, torna a catalizzarsi l'attenzione perché nuovamente rilevanti per la comunità scacchistica. O, per vederla sotto un profilo individuale, alcuni riconsiderano quelle mosse, prima considerate “brutte” o “insoddisfacenti”, sotto una nuova luce perché le loro cognizioni, le nuove credenze lo consentono. Ritornando al concreto, caro Balacco, sai cosa non condivido del tuo ragionamento? Nel ritenere che sia la vittoria nel gioco lo scopo finale degli scacchi, quando, invece, esso è solo la scusa per stare meglio in mezzo agli altri e con gli altri. Bisogna riflettere sul problema sociale, bisogna assolutamente prendere più sul serio anche quei giocatori che vanno nei circoli solo perché ritengono che gli scacchi siano un buon modo di passare il tempo con le altre persone perché essi creano quelle basi sociali necessarie per lo sviluppo di un movimento scacchistico più pervasivo, più consapevole, più democratico e più forte. In questi tempi, contraddistinti dalla mancanza di ideali universali il vuoto emotivo lascia aperta la strada al nichilismo, alla massificazione dell'individuo, all'egoismo. Ma c'è lo spazio, in questo momento di vuoto, per creare alternative, per dare risposte, anche nel nostro piccolo, ad un mondo che, invece, può essere cambiato per il meglio. E gli scacchi, in quanto FENOMENO SOCIALE, possono dare tanto alla gente. Quanto sia variegata la natura degli interessi scacchistici e quanto essi possano essere costanti, profondi lo mostra la storia della letteratura scacchistica stessa e di quanto prestigio essi abbiano, solo dal peso delle pubblicazioni di persone che di scacchi non ne sanno nulla. Scrivo tutto ciò solo per mostrare fino a che punto gli scacchi costituiscano un punto di riferimento per tutti, giocatori e non; e quanto questo amore sia condiviso, sostenuto e creduto perché NON SI PUO' AMARE QUALCOSA IN CUI NON SI CREDE. Gli scacchi sono uno strumento di piacere che rende la nostra vita migliore. La nostra, insieme a quella di tutti gli altri.
[seconda parte] Se si volessero ottenere risultati migliori bisognerebbe fare come a Barletta, dove hanno iscritto ben sette squadre ai vari campionati, contro la nostra unica. Una città poco più grande della nostra, ma che conta ben 66 tesserati. Gente che non si nasconde dietro ad un nick ma ci mette la faccia ed i soldi. Tu dirai: "Ma lì c'è una tradizione che noi non abbiamo e poi stiamo parlando di un capoluogo di provincia". Allora ti faccio un esempio diverso. Triggiano, una città molto più piccola di Molfetta e con una associazione nata appena sei mesi fa: 39 tesserati e due squadre iscritte al campionato. A livello giovanile hanno portato altre due squadre alla finale nazionale dei giochi studenteschi, di cui una è già campione regionale. Anche a Molfetta c'è una scuola che ogni anno fa un progetto degli scacchi, ma a modo loro, senza neanche giocare. A 20 metri dalla scuola c'è una parrocchia dove lo scorso anno organizzammo un piccolo torneo amatoriale aperto a tutti. Per incentivare la partecipazione dei più giovani garantivamo un premio del valore di almeno 5 euro a tutti i bambini iscritti, a fronte di una quota di iscrizione di appena 2 euro. Un guadagno sicuro del 150%. Ebbene, di quella scuola non si iscrisse neanche un bambino. Quest'anno mi ero messo d'accordo con un'altra scuola elementare per insegnare gli scacchi a nove classi, completamente gratis sia per me che per i bambini. La scuola ci metteva solo le aule. Era tutto pronto, anche il materiale. Il progetto era già stato approvato dal consiglio di istituto ma non è mai partito perché mancavano i fondi. Hai capito? Non si possono fare i progetti gratuiti perché mancano i soldi. Al che bisogna chiedersi se quella che stiamo attraversando sia una crisi economica o una crisi di buonsenso. Nelle altre città si passa all'azione, a Molfetta ci si nasconde dietro ad un nick e si parla di Tarrasch ed Alekhine.

IL GIOCO DEI RE-…la bellezza degli scacchi è per palati raffinati, anche se alla portata di tutti. Essa segue molto da vicino il senso estetico presente in matematica e logica, dove la BELLEZZA è il risultato dell'armonia, della precisione, della concisione incisiva. Una bellissima partita a scacchi ci ricorda molto l'armonia celeste della rotazione dei pianeti attorno ad una calda stella gialla che, lenta o veloce, va avanti da millenni, in quell'immenso spazio vuoto e nero che costituisce la grande parte dell'Universo. Sto esagerando? Assolutamente no. Di scacchi non si parla mai, e quelle poche volte che se ne parla emergono luoghi comuni e pregiudizi: un gioco noioso, per intellettuali, per professoroni, per gente dal sangue freddo. Gli SCACCHISTI invece sanno bene che è vero l'esatto contrario. Esiste ben poco di paragonabile all'emozione, alla tensione che provano due giocatori nelle ultime mosse di una partita decisiva durata lunghe ore, quando la scelta tra una mossa e l'altra può condurre alla sconfitta o alla vittoria. Il mondo esterno non esiste più, il tempo nemmeno, i minuti passano veloci come secondi, mentre la mente calcola vorticosamente tutte le possibilità e tenta disperatamente di restare lucida, più lucida di quella dell'avversario. Una volta TARRASCH affermò:” Gli scacchi, come l'amore e la musica hanno il potere di rendere felici gli uomini”. Mai pensiero fu così vicino alla verità! E proprio come l'amore e la musica, possono trasformarsi in un'ossessione, in una passione che più viene frustrata, più diventa potente. Nove decimi degli scacchisti giocano tutta la vita sapendo perfettamente che non diventeranno mai davvero bravi o forti, ma solo per vivere l'emozione VIOLENTA di una vittoria o una sconfitta che dipende solo ed esclusivamente dalla propria abilità, dalla propria tenacia, dal proprio intuito. Chi si mette davanti a una scacchiera sa che dovrà affrontare da solo un'avventura imprevedibile, che sarà mille volte in pericolo e nessuno potrà aiutarlo, non la società, non un amico, non la fortuna, neanche Dio. Ci saranno solo lui e l'avversario, avvinghiati in una lotta mortale, attenuata appena dal fatto che a combattere e perire sono dei pezzi di legno. “Si vivono più avventure su una scacchiera che in tutti i mari del mondo”, ebbe a dire lo scrittore e artista francese giramondo Pierre Mac Orlan. Un giorno, in treno, nel mentre ingannavo la noia del lungo viaggio con lo studio di una splendida partita del mio “idolo”, il Mago di Riga (n.d.r. TAL), mi si avvicinò una splendida donna che con fare intrigante mi chiese:” Ma perché spendere tanto tempo ed energie per qualcosa del genere? Cosa provi quando giochi a scacchi?” Allora le presi la mano e le sussurrai: “ E' un gioco per chi crede che sentirsi DEI per qualche ora non faccia male a nessun dio”. Da allora siamo diventati una cosa sola….P.S. Effettivamente due patte e una vittoria sono pochine ma bisogna vedere con quali colori sono state ottenute. Comunque, ragazzi, poco male. Un consiglio per ritemprarvi…analizzate e studiate un paio di partite di Tal o Alekhine o la sesta partita tra Fischer e Spassky nel' 72 e passa la paura. E, poi con il Nero siate sfacciati, magari con una BENONI ma attaccate perché “ nella moderna Benoni il Bianco vincerebbe sempre se Dio giocasse contro Dio; basta però che i due avversari siano leggermente più deboli e la partita si apre a qualsiasi risultato” … AD MAIORA!!!


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