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Buon compleanno, “Luce e Vita”! I festeggiamenti per l'importante traguardo del giornale diocesano
15 ottobre 2004

1924, 1° Congresso Eucaristico Interdiocesano, il desiderio di un vescovo, Mons. Gioia, di forgiarsi uno strumento per comunicare con i fedeli della diocesi: così nasceva il giornale “Luce e vita” e si avviava a un graduale sviluppo che, da un formato di sole 4 pagine, l'avrebbe condotto a un numero di facciate sempre crescente... E oggi, come una di quelle signore d'eleganza indiscutibile, ma non artificiosa, immune dal bisogno di belletti a nascondere i solchi impietosi scavati dal tempo, la testata festeggia gli 80 anni, sotto la guida del direttore responsabile, don Domenico Amato, figura d'un'umanità e d'un acume eccezionali. I festeggiamenti sono iniziati presso la Fabbrica di S. Domenico, dove la redazione ha allestito un'interessante mostra celebrativa, alle ore 18,30: al saluto di don Mimmo, che introduce i lavori e legge un messaggio della Federazione Italiana Stampa Cattolica, segue l'intervento del vescovo don Luigi Martella, che rimanda al fattivo contributo offerto dai suoi predecessori a “Luce e vita” e ne segnala la duplice funzione d'illustrazione delle attività diocesane e di scandaglio della realtà esterna. Poi la prolusione del prof. Marco Ignazio de Santis, illustre studioso molfettese e apprezzato collaboratore di “Quindici”, protagonista di un magistrale excursus sulla storia e l'attività di “Luce e vita”: dalla prima pietra del Seminario regionale al Concordato, al divieto dell'associazionismo al di fuori delle organizzazioni fasciste, alle sospensioni reiterate tra il '43 e il '45, ora per mancanza di carta, ora per le fasi cruciali della guerra, non senza aperture a fattori di costume, con 'castigationes' della moda femminile o delle 'bestemmie'. Poi il cammino riprende e nascono ramificazioni del giornale, come “Luce e vita documentazione” (Atti del Papa, conferenze episcopali), i “Quaderni di Luce e Vita”, sino alla stagione della fioritura rappresentata da Mons. Bello. Al timone si alternano laici ed ecclesiastici, come l'attuale direttore. Alla sobria relazione di de Santis, segue l'intervento del sindaco, Tommaso Minervini, che esprime la sua simpatia per “Luce e vita giovani”, pressoché unica voce, a suo dire (ovviamente), fresca e garbata in un coro di giovani grafomani molfettesi esibizionisti e abituati alla protesta scomposta. Dopo la torta, appuntamento al giorno dopo, con la tavola rotonda presso la Sala A. Salvucci: coordinatore il dott. Enzo Zanzarella, redattore del giornale; a intervenire il Dott. Lino Patruno, Direttore della “Gazzetta del Mezzogiorno”, suadente, carismatico, gran comunicatore, e il compassato e raffinato Dott. Paolo Bustaffa, Direttore dell'agenzia di stampa SIR (nella foto, un momento del dibattito). Il tema, interessantissimo: “Informazione locale, informazione nazionale, quale futuro”. Stupisce un po' la latitanza delle parrocchie, ma l'iniziativa riscuote successo e fornisce validi spunti di riflessione. Emerge la buona percentuale di lettori delle testate, anche locali, cui non corrisponde, tuttavia, un'altrettanto alta quantità di copie vendute in edicola. Soprattutto nel Mezzogiorno, fare informazione significa, sottolinea appassionatamente il Dott. Patruno, dar voce a una realtà complessa, discriminata là dove si prendono le decisioni che contano, quasi sempre a favore del Nord Italia secondo un antico malvezzo che affonda le sue radici nel post-unità del nostro Paese. Si discute sull'obbligo morale di informare in modo tale che ogni notizia non debba 'trasformarsi in una vera e propria campagna di stampa'. Soprattutto ci si interroga sulla possibilità di realizzare, al giorno d'oggi, un giornale libero. Molti sono i condizionamenti: dalle volontà degli editori a quel potere occulto e sornione che è la pubblicità, sino ad arrivare alle ingerenze di chi detiene il potere. La risposta è insita nella coscienza del giornalista: se è libero è onesto, renderà tale anche lo strumento di cui si avvale. C'è da chiedersi, aggiungo io, se l'estrinsecazione di questa 'libertà interiore' sia effettivamente possibile in una società incancrenita come quella in cui viviamo. “Luce e vita” rimane, comunque, una realtà del tutto peculiare, dotata di fascino innato. Osservo le fotografie in bella mostra sui pannelli allestiti nella Fabbrica di S. Domenico. Una grafica bellissima, che unisce la pregnanza contenutistica alla espressività delle immagini. Quelle dei manifesti della “Christifideles Laici”, con una mano ingigantita a contenere gente di tutte le razze e le etnie, contro la cultura dell'homo homini lupus e degli eccidi di massa, o con figure kafkiane, ingobbite, espressionisticamente deformate a guardare case e mondo circostanti. Fotografie in bianco e nero, come quella di una pagina su cui campeggia il titolo 'Roma liberata', quasi cartoline del tempo che fu, la gigantografia di Mons. Gioia, il sorriso di Don Tonino, che tante volte ha gridato dolore e amore da quelle pagine. Non è vero che “Luce e vita” non ha mai alzato la voce, che non abbia espresso l'urlo nero di una modernità smarrita. Gli inviti alla preghiera per Aldo Moro rapito, i reiterati, talvolta impopolari, appelli alla pace... Leggo gli articoli legati all'avvicendarsi di tre papi nel 1978: mi colpisce la vicenda di Papa Luciani. Una medesima foto fu pubblicata per segnalarne l'elezione dopo Paolo VI e, di lì a poco, la morte inattesa. Una storia amara, beffarda, esemplificatrice di tanti piccoli drammi e grandi misteri cui, per ottant'anni, “Luce e vita” ha prestato voce... Gianni Antonio Palumbo gianni.palumbo@quindici-molfetta.it
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