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Brandelli di vestiti e frammenti dello scafo, gli unici reperti dal Francesco Padre
15 ottobre 2011

Dopo 17 anni a 254 mt di profondità. Repertati da un palombaro brandelli di vestiti e frammenti dello scafo. Poco, ma indispensabili per ricostruire l’affondamento del motopesca Francesco Padre nella notte tra il 3 e il 4 novembre del 1994 in acque internazionali (a circa 20 miglia a Sud-Ovest della città montenegrina di Budva). I reperti sono stati conservati in due contenitori sigillati e a disposizione dell’autorità giudiziaria. Conclusa l’operazione di sopralluogo, riprese fi lmate e prelievo di parti del relitto del motopeschereccio. Le operazioni di ricognizione, iniziate lo scorso 5 settembre, sono state eseguite con l’ausilio di Nave Anteo (24mila euro al giorno), supportata dal cacciamine Viareggio della Marina Militare. Usato un minisommergibile fi loguidato con due operatori a bordo, un r.o.v. (remotely operated vehicle), un operatore subacqueo con a.d.s. (atmospheric diving suite) e gli operatori subacquei in saturazione del nucleo Sdai (Servizio Difesa Antimezzi Insidiosi) di Taranto, per compiere attività di ispezione, videoripresa e recupero reperti. Le immagini del Rov mostrano il relitto coperto da reti da pesca e materiale, con intorno fango e detriti. Svanisce il proposito di recuperare i resti mortali delle vittime? Si esclude per ora l’immersione di altri sub, per gli elevati rischi. Missione conclusa? Sarà possibile far luce sulla tragedia per ottenere quella verità che giace da quasi 17 anni in fondo al mare? Le nuove riprese e i reperti aggiuntivi saranno suffi cienti per svelare il “mistero” del Francesco Padre? I famigliari delle 5 vittime (il comandante Giovanni Pansini, il motorista Luigi De Giglio, il pescatore Saverio Gadaleta, il capopesca Francesco Zaza, il marinaio Mario De Nicolo), la città e la marineria di Molfetta attendono la verità cancellare l’”infamia” delle indagini precedenti archiviate nel 1997, secondo cui l’esplosione sarebbe avvenuta all’interno del motopeschereccio per la presenza a bordo di materiale esplodete. La Procura di Trani indaga contro ignoti, anche se l’obiettivo è risalire ai responsabili. Infatti, la perizia sarà svolta nelle forme dell’accertamento tecnico irripetibile, dunque nel contraddittorio delle parti. Due le ipotesi fi nora formulate. La prima, la ritorsione montenegrina dopo la denuncia pubblica del comandante Pansini, che a Telemontecarlo aveva rivelato il trasbordo illegale del pescato da navi montenegrine e serbe su pescherecci molfettesi (30 ottobre 1994). Caldeggiano questa congettura il sequestro di un marinaio laziale, imbarcato su un peschereccio uffi cialmente diretto a Anzio, ma partito da Molfetta verso il Montenegro, e l’attacco serbomontenegrino al peschereccio di Manfredonia Antonio e Sipontina il 2 giugno 1993 (morto il molfettese Antonio Gigante, ferito Crescenzo Minervini). La seconda, la pista militare, come suppone il giornalista Gianni Lannes nel libro«Nato: colpito e affondato. La tragedia insabbiata del Francesco Padre». Secondo Lannes, gettate le reti a circa 20 miglia dalla costa montenegrina in direzione nord-est, il Francesco Padre sarebbe stato accerchiato da una dozzina di unità aeronavali da guerra Nato, poi bombardato perché scambiato per un motopesca che in quell’area silurava i sommergibili occidentali. Episodi affi ni il caso del motopeschereccio Sino che ha rischiato di essere trascinato in fondo al mare da un sommergibile della Nato rimasto impigliato nelle sue reti, mentre il Modesto Senior nel novembre ’94 è stato mitragliato per errore da un velivolo Nato

Autore: . Nicola Squeo
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