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Bocciata la mozione “Acqua bene comune”: rischio privatizzazione
15 novembre 2010

Il diritto all’acqua risulta quale estensione del diritto alla vita aff ermato dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Così recita la Risoluzione ONU del 29 luglio 2010, dove per la prima volta nella storia il diritto all’acqua è diventato universale e fondamentale. La risoluzione però non è vincolante in quanto raccomanda, ma non obbliga, gli Stati di garantire a tutti acqua potabile di qualità, accessibile e a prezzi economici. Il tema, ovvero la gestione pubblica del bene, è tornato di attualità in questi giorni prima a Molfetta, in Consiglio comunale, e poi in Regione dove due commissioni hanno iniziato la discussione sull’Acquedotto pugliese e quindi sul futuro del servizio. La maggioranza del Consiglio della cittadina ha bocciato la mozione ‘Acqua bene comune’, che avrebbe modifi cato nello Statuto comunale, il carattere dell’acqua ritenendolo un bene senza rilevanza economica. Un percorso già iniziato da altri Comuni baresi, in Italia oltre 130, come Altamura e Modugno, con governi comunali non certo allineati, che hanno già modifi cato il loro Statuto istituendo una commissione Consigliare sulla materia e affermando il carattere pubblico e una non rilevanza economica dell’acqua. Anche il Comune di Parigi, dopo 25 anni, ha scelto il ritorno alla gestione pubblica. Tutto ciò ovviamente per tutelarsi da future e pericolose trasformazioni del bene, da cui non dipende solo la vita umana, in ‘prodotto’ privato su cui speculare considerando le esperienze di altre città, come Aprilia (LT), Latina, dove le bollette erano lievitate non di poco, senza alcuna spiegazione razionale, e il principale azionista dell’azienda partecipata in caso di collasso delle casse comunali sarebbe diventato una banca tedesca. In Regione al contrario, si è iniziata una discussione sui principi di tutela, di gestione delle acque e delle disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio. Non c’è dunque alcuna coesione di idee tra il governo regionale e quello comunale, sulla problematica acqua. Ma aldilà delle divergenze ideologiche, che ovviamente portano a strade diverse nelle decisioni politiche quindi economiche, la via più giusta da intraprendere è quella che tuteli al massimo la cittadinanza nei suoi diritti e in quelli da acquisire sulla carta ma già stabiliti dalla ‘storia della vita’. Chi può assicurare un servizio giusto che tenga conto soprattutto anche delle diff erenze delle classi sociali e delle fasce disagiate? Il pubblico o il privato? Cosa accadrebbe a chi non riuscisse a pagare la bolletta? Vivere senza disponibilità di acqua? E’ inimmaginabile pensare di liquidare in poche parole un tema così delicato lasciando che il tutto diventi solo una questione economica. Tutto il mondo, da anni, nei vari forum internazionali, poco in quelli istituzionali, sta cercando di arrivare ad una decisione sociale e condivisa. Non ci si può arroccare su ideologie ma più di tutto destituire lo Stato da certe funzioni, aff ermando che come sistema gestionale è solo un salvadanaio bucato. A Molfetta esponenti del Pdl, Pd e Rifondazione Comunista hanno espresso il loro parere in consiglio chiarendo concetti chiave. «Bisogna evitare appalti privati, con il rischio di situazioni drammatiche come quella dell’ex Mazzitelli - ha spiegato Gianni Porta, consigliere di Rifondazione - L’Unione Europea non impone la privatizzazione e lascia ampi margini decisionali agli enti territoriali». C’è anche da dire che il ‘Comitato Acqua bene comune’ locale ha raccolto ben 2.300 fi rme, per ora ignorate, a cui si aggiunge il chiarimento del capogruppo Sel alla Regione, Michele Losappio, che ha ricordato a tutti che ‘la questione è un elemento qualifi - cante del programma e sul quale si è avuto il consenso della maggioranza dei pugliesi rinnovando la fi ducia al governo Vendola’. «E’ fondamentale e sarebbe un passo avanti – continua Porta – aff ermare nello Statuto che l’acqua è un bene pubblico e che la gestione dovrebbe essere affi data a consorzi pubblici o aziende speciali pubbliche, proprio per evitare una futura mercifi cazione del bene». In eff etti Porta, a diff erenza di molte posizioni della sinistra, guarda avanti in termini di garanzie sociali, che il privato non può garantire dovendo fare i conti con il profi tto, e in più mette in una sorta di ‘cassetta di sicurezza’ il bene in un mondo dove non ci sarebbe da stupirsi se un giorno qualcuno si inventasse una tassa sull’aria. Molti economisti già vedono l’acqua come il petrolio delle nuove generazioni. « Sono vere le lacune nella gestione dell’Acquedotto Pugliese – fa notare il consigliere del Pd Mino Salvemini - ma il privato deve ottenere profi tti e remunerare gli azionisti, altrimenti non avrebbe ragione di esistere. Di conseguenza applicherebbe tariff e superiori a quelle pubbliche». Il vicesindaco Pietro Uva, rifi utando ogni strumentalizzazione ideologica, ha defi nito ‘superfl uo riconfermare la pubblicità della gestione dell’acqua in uno statuto comunale’ ed è ricorso alla passata fallita gestione dell’Acquedotto aff ermando ‘che sarebbe un controsenso tornare ad una gestione che in precedenza ha portato ad un defi cit del 60%’. Rievocare fantasmi non è certo sintomo di ottimismo soprattutto quando a farlo è chi dovrebbe far sì che essi non tornino. Porta ha sottolineato che gli ultimi bilanci dell’AQP sono in attivo e che le notevoli perdite di acqua si stanno riducendo grazie ad una ristrutturazione capillare della rete idrica. Il silenzio del sindaco Antonio Azzolini al riguardo è parso una grave lacuna. Il consigliere del Pdl, Mauro Giancaspro, ha aggiunto che ‘il privato, sempre migliore del pubblico, garantisce effi cienza e ottimizzazione del servizio’; anche se poi gli è scappato che una gestione statale ‘corretta’ sarebbe la cosa più giusta, ma non la ritiene evidentemente possibile. Il cambiamento invece è possibile, anzi obbligatorio, quando il problema riguarda anche aspetti etici e morali come il rispetto per la vita. La norma locale deve collimare con quella nazionale, e non solo, e trovare accordo con quella legislativa, dopo il responso del referendum popolare sull’acqua. Il quadro generale non è ancora nitido dati i ricorsi alla Corte costituzionale che aveva stabilito la natura pubblica del bene e deliberato però che siano i comuni ad avere un ruolo di primo piano su questi temi cruciali. A causa della crescita delle attività umane, dovuta ad un modello di sviluppo non ancora sostenibile, la disponibilità di acqua potabile per persona sta diminuendo ogni anno e oltre 2 milioni e duecentomila persone, in maggioranza bambini, sono morte nel 2000 per malattie legate alla scarsità di acqua pulita. Per questo ci si aspetta dagli Stati nazionali un indirizzo di pensiero che non tenga conto solo dell’aspetto economico per non correre il rischio di trasformare il signifi cato simbolico della parola acqua, sinonimo di vita, nel suo contrario.

Autore: Domenico Sarrocco
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