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Beni confiscati alla mafia un convegno di Libera
15 giugno 2015

La pedalata della legalità, manifestazione di domenica 7 giugno scorso, patrocinata dal Comune e supportata dall’operoso impegno di tutte le sigle scout della città, che ha coinvolto i cittadini molfettesi in un’esperienza di mappatura e di conoscenza diretta di uno dei beni confiscati presenti in città da circa 15 anni: il fondo rustico in Contrada Piscina Messer Mauro, è l’occasione per restituire dignità e legalità a quella terra e per iniziare a immaginare insieme un futuro possibile riuso. Il tema dei beni confiscati alla criminalità era già stato affrontato a Molfetta. Beni confiscati alle mafie ed alla criminalità in genere, patrimoni finanziari o modeste proprietà, aziende, immobili, case, terreni frutto di proventi illeciti. Quale futuro dopo la confisca ed il definitivo sequestro? Esiste un elenco dei beni sequestrati e soprattutto la collettività è a conoscenza del sequestro dei medesimi beni? Di questi ed altri quesiti si è discusso nella sala Finocchiaro durante una conferenza cittadina di riflessione sulla problematica dei beni confiscati alla mafia. Il coordinatore del presidio Libera di Molfetta, Sergio Amato ha ricordato che la legge 109 del 1996 raccoglie la normativa in materia di riutilizzo sociale dei beni confiscati alle organizzazioni criminali: un traguardo raggiunto grazie a un milione di firme raccolte in seguito a una petizione popolare lanciata proprio dall’associazione contro le mafie, fondata l’anno prima, una legge che dopo venti anni, pur presentando ancora delle criticità, richiama a responsabilità istituzionali e sociali. Il sindaco Paola Natalicchio ha manifestato una gratitudine non formale per questa iniziativa che segue ad incontri tra gli amministratori comunali tra cui il vice sindaco e assessore al welfare ed alla legalità Bepi Maralfa e i rappresentanti di Libera, che hanno fatto il punto dei beni in possesso al Comune di Molfetta a seguito delle operazione Reset e Primavera che hanno colpito duramente i traffici di droga. Nel 2001 i beni confiscati, da atto demaniale, entrano a far parte delle proprietà del Comune di Molfetta. Nel 2002, giusta delibera, alcuni di essi vengono assegnati a nuclei in condizione di emergenza abitativa. I tre beni non assegnati, vengono lasciati all’abbandono. Nel 2007 l’assessore al patrimonio presenta richiesta di fondi alla Prefettura affinché fossero attuati gli interventi necessari ad un nuovo utilizzo dei beni. Dal 2007 ad oggi nulla si è mosso. Con atto di indirizzo, giusta Delibera di Giunta Comunale n.95 del 23/04/2015, è stato dato mandato al Dirigente del Settore Lavori Pubblici di recuperare i computi metrici inviati nel 2007 alla Prefettura ed effettuare l’atto propedeutico di voltura dei beni confiscati, presso l’Agenzia del Demanio ex Conservatoria dei Registri Immobiliari, attribuendone la piena disponibilità al Comune. La medesima delibera consentirà l’adozione di interventi di manutenzione straordinaria, la concessione temporanea dei locali al presidio “Libera” di Molfetta, l’apposizione di targhe di segnalazione di memoria di avvenuta confisca, l’istituzione di un orto parco presso il fondo rustico contrada Piscina Messer Mauro, intitolato al Sindaco Gianni Carnicella inaugurato il 7 giugno scorso, in occasione della Pedalata della Legalità, grazie anche al generoso contributo delle associazioni Scout cittadine. Nella sala Finocchiaro, Attilio Chimenti, responsabile regionale settore Beni confiscati di “Libera”, ha illustrato il difficile lavoro dell’Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati. L’agenzia, fortemente voluta da Libera, ha vissuto un percorso, dalla sua istituzione, molto tortuoso che ha visto un turn over di funzionari che non ha permesso continuità e stabilità. Nata nel 2010 con sede inizialmente a Reggio Calabria, ha visto il trasferimento degli uffici a Roma, sede dei numerosi ministeri coinvolti dalla legge 109. Attualmente in situazione di stabilità, gestisce progetti relativi ai beni confiscati ammessi al finanziamento poiché è giusto, in caso di non colpevolezza del proprietario del bene confiscato, che questi lo ritrovi nella medesima situazione sana e produttiva in cui lo ha lasciato. Sono circa 50.000 i beni confiscati in tutta Italia, attualmente 100 definitivamente sequestrati di cui 20 funzionanti e tra questi la società del gruppo barese Gasperini. “Libera” ha l’uso solo di alcuni luoghi simbolici come l’immobile nei pressi di piazza Venezia a Roma, sequestrati alla banda della Magliana o a Piazza San Pietro a Bari al clan della città vecchia. Mariangela Quatraro, amministratore giudiziario delle società del gruppo Gasperini, ha chiarito le notevoli differenze tra l’amministrazione di un immobile, per esempio un locale ad uso abitativo e un’azienda che è un coacervo di interessi che si sommano a quelli immobiliari. Il gruppo Gasperini, infatti, oltre che i diversi punti vendita del rinomato gelato, gestiva anche il bar delle ferrovie Bari Nord a piazza Aldo Moro a Bari, unico ad essere aperto 24/24 ore in piazza stazione, bar che ha una complessità gestoria enorme. I lavoratori delle due attività, gestite da due società diverse, sono circa sessanta. Nell’immediatezza del sequestro si è deciso di non chiudere, per dare continuità di salario ai dipendenti e sicurezza alle famiglie; l’attività, pertanto, è proseguita senza soluzione di continuità. I dipendenti, molti dei quali con contratti part-time o senza contratto, con turni di lavoro anche di 10 o 12 ore, sono stati “regolarizzati” poiché non è eticamente possibile gestire una società fondata sulla legalità senza “legalizzare” il lavoro. Ciò ha comportato un raddoppio dei costi del lavoro, definiti anche costi della legalità. Ciononostante le aziende del gruppo non hanno fatto ricorso ad indebitamento bancario grazie a giudici illuminati che hanno permesso il prosieguo delle attività e dei cittadini baresi che, avendo a cuore il futuro di oltre 60 famiglie dipendenti dal destino del gruppo Gasperini fondato negli anni Trenta, hanno continuato ad acquistarne il gelato. Alcune iniziali ritrosie a collaborare sono state manifestate dai fornitori i quali temevano di non vedere onorati i loro crediti ma, ottenute garanzie, anche questi ultimi non hanno fatto mancare il loro sostegno, accettando dilazioni e permettendo che la produzione proseguisse. La gestione produce ottimi risultati grazie ai quali presto si assisterà all’apertura di altri due bar, di cui uno all’interno della stazione delle ferrovie appulo-lucane e l’altro alle ferrovie Bari nord. Ma se è possibile registrare il successo dell’amministrazione giudiziaria del gruppo Gasperini, lo stesso non può dirsi per altre attività. La dott.ssa Quatraro ha riferito delle difficoltà del suo collega, amministratore di una società confiscata al clan della Murgia, che ha tra le proprietà anche una famosa sala ricevimenti a Gravina in Puglia. La sala è in grosse difficoltà avendo ricevuto numerosi annullamenti di ricevimenti per matrimoni e feste in genere poiché i festeggiati non vogliono legare i ricordi dei momenti più belli ad un immobile confiscato alla malavita. Questo ha comportato licenziamenti, perdita di posti di lavoro con gravi ripercussioni sulla già critica economia locale. Quando un bene viene confiscato, è indispensabile capire se questo bene può continuare ad essere produttivo senza i proventi dell’attività criminale. A Molfetta sono stati recentemente sequestrati beni per oltre 4,2 milioni di euro, beni tra i quali attività commerciali per i quali è stata garantita la prosecuzione dell’attività. Il vicesindaco, avvocato Bepi Maralfa, assessore alla legalità, ha sottolineato l’alto valore simbolico della restituzione alla città, dei beni confiscati. Per molti anni Molfetta è stata teatro di atti intimidatori, reati commessi dai clan che si contendevano il mercato del crimine. Per questo l’intitolazione di un orto parco intitolato a Gianni Carnicella, vittima di mafia e non di un individuo, vittima del dovere, non è solo un atto fortemente simbolico, ma buona pratica affinché il sacrificio dell’uomo non cada nell’oblio e possa essere attuato il monito di Papa Francesco ai giovani: Non guardate la vita dal balcone! Sarebbe uno sbaglio anche lasciarsi imprigionare dal pensiero debole e dal pensiero uniforme! Un monito che è anche insegnamento laico di vita.

Autore: Beatrice Trogu
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