Beni Comuni ripartire da economia e lavoro
A vostro nome, vi do il benvenuto all’assemblea. Così Patrizia Nappi ha introdotto il primo appuntamento dell’Assemblea per i Beni Comuni, organizzata da vari cittadini svincolati da qualsiasi movimento o partito politico e supportata da Rifondazione Comunista. L’assemblea è nata con lo scopo di puntare sul cittadino, farsi voce delle sue esigenze e ripartire dal basso in modo da ridefinire la figura di un sindaco “ideale”. Insomma, i cittadini diventano “politici” di se stessi. «Economia locale e lavoro» sono stati i temi discussi nell’assemblea. Dai questionari messi in circolazione prima dell’incontro pubblico è emersa la necessità di investire risorse ed energia nei settori caratterizzanti Molfetta, definendo un piano di commercio e pianificando strategicamente lo sviluppo industriale, oltre a prestare attenzione alle attività di piccole dimensioni e alle cooperative di giovani, a impegnarsi nel turismo per valorizzare i beni culturali e paesaggistici della città e a utilizzare forme di energia rinnovabile. In secondo piano, si è richiesto lo sviluppo del porto, la riduzione dei costi in politica e il rilancio della struttura ospedaliera. È intervenuto il sociologo dott. Leo Palmisano, descrivendo il quadro generale della situazione di Molfetta e provincia. I dati non sono confortanti: nei primi sei mesi del 2010, la Provincia di Bari ha perso duemila giovani di cui 585 molfettesi che preferiscono trasferirsi altrove in cerca di lavoro. L’economia cittadina è strozzata da quella delle grandi catene industriali e vede protagonisti un cospicuo numero di lavoratori a nero. Proprio le amare parole di Antonia Farallo, dipendente Exprivia e giovane laureata, sono state il simbolo della voce di migliaia di persone che, pur di avere uno stipendio a fine mese rimanendo nella propria città, sono costrette ad accettare un lavoro che non risponde assolutamente a ciò per cui hanno ambito e lavorato da anni. Ma Molfetta può ancora fare qualcosa. Innanzitutto, rigettando la politica delle “raccomandazioni” che non assicura né un personale qualificato, né l’ottenimento di un posto di lavoro per meritocrazia, come cita l’art. 34 della Costituzione. In secondo luogo, bisognerebbe incentivare l’attuazione di un piano commerciale che dia spazio alle piccole attività costituenti l’antica radice dell’economia molfettese, dal commercio a pesca e agricoltura. Come ha spiegato Corrado Camporeale, commerciante di tessuti al Corso Umberto, sono i piccoli cambiamenti a poter smuovere la situazione. Il corso, cuore pulsante e anima di ogni città, langue a Molfetta in uno stato di abiezione. È incoerente chiuderlo al traffico lasciando poi che le isole pedonali perdurino nella degradazione. Inoltre, l’illuminazione rimane spenta fin oltre le 19, riducendo notevolmente la visibilità dei negozi e il passeggio di cittadini e turisti. Tra l’altro, anche il turismo può diventare incentivo di commercio. Le bellezze culturali come il Duomo, singolare esempio dell’architettura romanico-pugliese, o quelle paesaggistiche, come la vista mozzafiato di Torre Gavettone, passano in secondo piano di fronte a semplici questioni burocratiche. Rivitalizzare l’economia significa anche dare impulso al turismo attraverso strutture ricettive che sappiano creare dialogo e accoglienza verso lo straniero. Molfetta appare agli occhi di tutti una macchina senza benzina: potenziale, ma ferma. La città ha dimenticato il suo passato di mani affioranti nella terra e piedi bagnati dall’acqua salata. Infatti, pesca e agricoltura non riescono più ad avere un dialogo con l’amministrazione, nonostante costituiscano il tesoro della città. Cosimo Roberto Sallustio, presidente Legambiente, ha attaccato la precedente amministrazione, giudicandola incapace per non aver inserito Molfetta in nessun gruppo d’azione locale e per aver trascurato questi due ambiti tradizionali dell’economia cittadina. «Il fotovoltaico, di cui la città ne è provvista in larga misura - ha aggiunto - può facilitare la costruzione di imprese che favoriscano l’energia rinnovabile e un procurino un conseguente risparmio». È su questa linea d’onda che Francesco Camporeale ha impostato la sua azienda agricola proponendo ai consumatori un modello alternativo di sviluppo che cauteli e rispetti l’ambiente attraverso l’acquisto di materie prime locali e l’utilizzo di prodotti chimici non nocivi. L’imprenditore molfettese ha trovato assurdo e in antitesi a ciò che è Molfetta non aver mai potuto avere un diretto ed efficiente contatto con l’amministrazione. Ma la sua azienda rappresenta la volontà di ripartire in modo sano e genuino dalla tradizione unendola ad innovazione e competenza. Significativo l’intervento di chi afferma che questa fragilità derivi non solo da incompetenza, ma anche dall’idea distorta che si ha della città. Dunque, è indispensabile che un confronto costante si perpetui nel tempo mettendo in campo azioni di sistema in una comunità mucillaginosa, troppo frammentaria e disorganizzata. Bisogna recuperare il concetto di democrazia che si risolve pienamente nell’esercizio dei propri diritti che, a partire dal voto, concernono con la soluzione delle proprie esigenze. Il dibattito rimane aperto in attesa di effettive soluzioni. Palesemente sfavorevoli alla precedente amministrazione, i cittadini non demordono e credono nel cambiamento. Tutti sono invitati a partecipare alla prossima assemblea sulle problematiche di illegalità e sicurezza.
Autore: Maria Nicola Stragapede