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Antonio Dikele Distefano incontra i suoi fan a Molfetta e presenta “Chi sta male non lo dice”
11 luglio 2017

MOLFETTA - Gremita di ragazzi la galleria Patrioti Molfettesi, ribattezzata “piazza dei libri e dei lettori” in occasione del Festival letterario “Storie Italiane” organizzato dalla libreria “Il Ghigno”, che giovedì 6 luglio accoglie un giovane scrittore che coltiva anche la passione per la recitazione e per la musica: si tratta di Antonio Dikele Distefano, ventiquattrenne di origini angolane autore di tre romanzi molto amati dagli adolescenti, ultimo fra i quali “Chi sta male non lo dice”.

«Questo libro ha segnato la mia carriera da scrittore e mi ha dato la possibilità di capire appieno che taglio dare ai miei testi». è così che l’ospite avvia l’incontro, dopo aver precisato di aver iniziato a scrivere per puro caso all’età di cinque anni.

È alla professoressa Isa de Marco, con cui l’autore dialoga, che nasce la prima curiosità inerente al suo rapporto con la scuola e con la droga, che egli, nel suo romanzo, definisce due aspetti altamente negativi della vita. Antonio DikeleD istefano precisa di non essere contro la scuola intesa come istituzione, ma contro la scuola che lui stesso ha frequentato.

«Premetto che non amo spiegare cosa scrivo: io scrivo per non essere interrotto, per poter parlare con tutti senza parlare con nessuno. Le spiegazioni delle frasi, a mio parere, fanno perdere la magia della scrittura. Nel romanzo è Ifem a parlare, ma in realtà a parlare sono io: sin da piccolo amavo scrivere, si può quasi dire che non mi dedicassi ad altro; eppure nessuno degli insegnanti che ho conosciuto, nonostante trascorressi più tempo a scuola che a casa, ha saputo riconoscere in me questo talento. Mi hanno sempre consigliato un indirizzo professionale che mi avrebbe portato a diventare un operaio».

Ed è a questo punto che gli viene spontaneo ammettere la fortuna nell’aver incontrato, all’età di diciannove anni, una persona che leggendo ciò che scriveva ha creduto in lui e lo ha spinto a pubblicare il suo primo libro: un sogno diventato realtà grazie alla casa editrice Mondadori, che ha sempre avuto fiducia nelle sue potenzialità anche artistiche, per quanto riguarda titoli e copertine, concedendogli quell’autonomia che lo ha aiutato a migliorare.

Per quanto concerne la droga, l’autore sottolinea come quest’ultima abbia dimezzato il suo gruppo di amici, eliminando dalla sua vita gli importanti punti di riferimento di un adolescente.

Un altro aspetto che viene preso in considerazione dallo scrittore è la situazione economica, la quale influisce sulle scelte di vita che una persona compie. Antonio Dikele Distefano racconta come, essendo vissuto in un quartiere periferico, conosca benissimo i valori della parsimonia e del sacrificio e come, talvolta, sia difficile stare con una persona che si ama sapendo di non poterle dare nulla a livello materiale; ma la vita gli ha insegnato come l’amore non prescinda dal denaro o dagli oggetti, ma è un sentimento che trova risposta in ognuno di noi.La risposta che l’autore ha trovato la si evince nel corso di “Chi sta male non lo dice”, più precisamente nella storia d’amore tra Yanic e Ifem: il primo è davvero innamorato della ragazza che, a sua volta, prende questo rapporto più come una sfida e vuole a tutti i costi cambiare l’altra persona. Lo scrittore non ha trovato la definizione dell’amore, ma ha compreso cosa l’amore non è: voler cambiare una persona significa amarla per come la si immagina, non per com’è davvero.

Viene toccata anche la questione dell’emigrazione: a questo proposito il giovane ospite osserva che l’Europa non è in grado di favorire il destino dei rifugiati, probabilmente perché, sebbene su Internet si possano trovare tante di quelle informazioni,non si chiede neanche la ragione per cui così tante persone fuggono da luoghi in cui lo svantaggio economico e sociale è implicato dall’eccessiva fortuna di cui godono i Paesi più agiati.

Diversi gli interventi dei giovani presenti, cui Antonio Dikele Distefano soddisfa curiosità di tutti i generi, a partire dai titoli dei suoi romanzi sino ai messaggi che vuole trasmettere. Tra tutti spicca l’intervento di un genitore, che riconosce nei suoi testi romanzi di formazione adolescenziale che non possono che insegnare qualcosa ai ragazzi.

«Certe cose vanno trasmesse, non tutto va dato per scontato- conclude l’autore - Nessuno mi ha insegnato a capire le mie potenzialità ed è per questo che ci tengo ad aiutare gli altri a scoprirle».

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