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Antonello Portento 12 anni e un talento artistico cristallino
15 gennaio 2016

È iniziato tutto un pomeriggio di aprile del 2014, per caso. Una tela, una matita, un disegno, degli studi di Leonardo da Vinci. Antonello Portento, oggi 12 anni, un’infanzia passata tra le corsie di un ospedale a causa di un brutto male che ora sembra avergli dato tregua, è partito così. E le sue prime opere, quelle che adesso lo rendono uno dei talenti più interessanti sullo scenario artistico locale e non solo, nascono di lì, dal malessere di un bambino costretto a crescere troppo in fretta. Ecco allora le prime rielaborazioni di Leonardo: un Dionisio un po’ altezzoso che sorseggia una Peroni, un nonno e un neonato abbracciati che fissano l’ignoto, una Madonna con i suoi bambini. Sono figure grigie, inquiete, tormentate da un disagio di fondo che non si vede ma è nell’aria, nei tratteggi del disegno. È la prima fase pittorica di Portento, rappresentata forse da un ritratto del giugno del 2014: un anziano che fissa lo spettatore con occhi tesi, vibranti, asciutti, comunque sofferenti. “Probabilmente è un signore dell’ospedale incrociato in qualche sala di aspetto che deve aver colpito Mimmo. In quel momento era esausto, frustrato per le continue visite, per l’infanzia negata. In quei mesi ha realizzato anche il ritratto di un uomo scheletrico che si porta le mani al viso in segno di disperazione, una delle sue opere più belle”. Domenico Portento detto Mimmo è il papà di Antonello, la sua guida discreta e premurosa, il genitore un po’ amico che ne ha incoraggiato il talento e alleviato le pene nei momenti più difficili. È lui ad accogliere parenti, amici e cittadini alla prima grande mostra personale di Antonello tenutasi nel mese di dicembre presso la chiesa della Morte e organizzata con la collaborazione del Comune di Molfetta: “ringrazio il sindaco Paola Natalicchio e l’assessore alla cultura Betta Mongelli per l’attenzione e la premura dedicata. E ringrazio su tutti mia moglie, una donna forte, viva, che ha lottato sempre al nostro fianco. La mostra è merito anche suo”. E dopo gli studi grigi e tormentati (ma sempre vivi e intensi) di Leonardo, arriva l’energia e l’ottimismo delle tele a colore. È la seconda fase di Portento: nature morte, soggetti religiosi e soprattutto bambini. Ridono, scherzano, osservano il mondo con occhi pieni, tondi, brillanti. La malattia si è smorzata, Antonello inizia a vivere, correre, sognare e allora anche le tele si riempiono di vita, colore, desideri: “nella mostra abbiamo potuto osservare le diverse fasi pittoriche di Antonello. È un bambino ma ne ha passate tante e i diversi soggetti che si susseguono sulle sue tele stanno a rappresentare i vari momenti della sua infanzia. Dopo le cure, l’angoscia della malattia, l’ansia e la paura, arriva la voglia di vivere, l’apertura al mondo, il desiderio di quotidiano. Ecco allora i bambini che sorridono, che si aprono agli altri, che esprimono la loro voglia di vivere” spiega ancora Mimmo Portento. Non mancano intelligenti guizzi polemici: ecco allora un bimbo davanti ad una ciotola piena zuppa, la mano regge un cucchiaio ma il dito è proteso verso la bocca come ad invitare al silenzio. Un messaggio ai colleghi pittori un po’ più grandi che nei giorni precedenti la mostra ne hanno messo in dubbio le qualità artistiche. Accanto ci sono delle astrazioni: due solerti samurai, rassicuranti e riflessivi che indossano pesanti armature medievali: un omaggio alle forze dell’ordine, ai valori della divisa. E poi c’è un ritratto di un assorto Bob Marley un omaggio al fratello fan e gli studi dell’artista Tamara de Lempicka. La pittrice polacca tra le più rappresentative dell’Art déco ha raccontato come poche altre dolore e smarrimento. E il ritratto di Antonello, una donna che urla pazza di dolore, è forse riconducibile ad un grave lutto famigliare, la morte di un caro parente. Eppure, dura poco: il dolore si traduce in nuovi stimoli, in nuovi fermenti: “Antonello ha deciso di rispondere aprendosi nuovamente alla vita e non chiudendosi” racconta il papà Mimmo. Ed ecco allora spiegato la splendida tela della donna con bambina. Sono entrambe di colore, sorridono scaldate da una gioia semplice e genuina. Sono bellissime. La madre indossa un copricapo a quadroni nero, la piccola invece, porta delle corte trecce e un vestito di jeans. È un’immagine intima, fresca, che trasmette la voglia di vivere di Portento ma anche la sensibilità alla cronaca più attuale. Sono molestissimi i ritratti di bimbi e donne provenienti dal terzo Mondo. L’ emi g r a z ione , tema spinoso e particolarmente disturbante oggi, diventa invece nelle tele di Portento un luminoso messaggio di speranza, un invito all’accoglienza, alla tolleranza. Nei suoi disegni traspare tutto il dolore della rottura delle radici, il collasso della propria storia, la perdita di ogni visione condivisa del futuro ma anche il desiderio di ripartire insieme, di aprirsi alla richiesta di accoglienza. E così mentre il 13 novembre Parigi viene sfregiata dagli attacchi terroristici dell’Isis, Antonello disegna il ritratto di una donna velata: gli occhi soffrono, ma lo sguardo è carico di speranza. Ora, mentre le corsie degli ospedali si sono fatte più lontane e c’è più spazio per lo studio, la pittura e la corsa (“una sua nuova passione da quando sta meglio” spiega papà Mimmo) nuovi orizzonti si aprono per il talento di Molfetta. La famiglia lo difende da apprezzamenti interessati (“non chiamatelo prodigio, è un bambino pieno di talento, ma deve crescere”) e per adesso la pittura è solo un percorso interiore e domani chissà. Intanto Antonello affina le sue abilità al fianco di Filippo Cacace maestro della cosiddetta tecnica della grisaglia e noto caravaggista. Il domani forse sarà per Antonello come uno di quei sorrisi che ama così tanto disegnare.

Autore: Onofrio Bellifemine
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