MOLFETTA - «G. Gimma: l’architetto del borgo», il tema discusso alla sede sociale dell’ANEB di Molfetta (Associazione Nazionale Educatori Benemeriti), altra tappa del percorso di approfondimento culturale realizzato dalla stessa associazione (l’iniziativa è stata promossa dai presidenti Damiano d’Elia e Anna La Candia). Chiara ed esauriente a precisa e significativa presentazione delle opere architettoniche dell’ingegnere Giuseppe Gimma da parte dell’arch. ing. Valerio de Pinto, con l’ausilio della tecnica multimediale.
«È giusto conoscere i nostri architetti», secondo l’arch. de Pinto, che ha sintetizzato la biografia di Gimma. Gimma (1747-1829), nato a Polignano a Mare, conseguì la laurea presso l’Istituto di Belle Arti a Napoli divenendo così architetto-ingegnere. Si trasferì a Bari tra il 1779 e il 1787 e in questi anni fu direttore di vari lavori di costruzione o di restauro di numerosi palazzi, strade e monumenti per conto dello Stato, dei Comuni e di privati, ricoprendo gli incarichi pubblici più prestigiosi durante la parentesi della Rivoluzione francese. Gimma, come ingegnere, si occupò della costruzione della vecchia strada consolare di Puglia che possiamo identificare nella SS 16bis (si conserva ancora il progetto del tratto Bovino-Lecce, mentre quello Bovino-Napoli è andato perduto). Disegnò, inoltre, una piantina della strada che percorre la costa pugliese in maniera assiale.
Nel 1809 Gimma, nominato ingegnere capo della provincia di Bari, realizzò il porto di Bari, di Mola e di Bisceglie, ma l’opera per cui è ricordato maggiormente è il progetto sulla città di Bari del 1812. È necessario precisare che la “città di Bari” un tempo non era altro che “Bari vecchia”, il cui primo ampliamento è del 1790. Infatti, dopo l’abbandono del progetto preliminare per alcune discrasie all’interno della classe borghese, nell’aprile del 1813 fu conferito a Gimma l’incarico. L’ingegnere aveva già pronti tutti i disegni del progetto. La piazza di Bari doveva ricoprire un ruolo rappresentativo e attrattivo, come del resto tutte le piazze parigine. Gimma conservò i tre ingressi della città vecchia, costruendo attraverso l’impianto a scacchiera (o ippodameo) una grande piazza al cui centro doveva esserci una piramide. Costruì strade rettilinee per garantire luce e aria alle facciate dei palazzi. Gli ingressi principali erano sormontati da archi a tutto sesto, mentre le botteghe da archi ribassati.
Gimma, grazie alle citate costruzioni, acquisì grande fama. Suo è il restauro della Cattedrale di Molfetta, che all’epoca apparteneva all’ordine dei Gesuiti: ha disegnato il coro, i capitelli, i festoni, l’Assunta, le balaustre e l’acquasantiera (col particolare della conchiglia e del pitone nella parte inferiore). La cupola è emiciclica con lanterna centrale, permettendo così la diffusione della luce dal centro, caratteristica dell’arte barocca.
Invece, la chiesa di san Gennaro di Molfetta è stata progettata completamente da Gimma: a croce greca, ha una navata centrale che permette l’irradiarsi di una luce diffusa e omogenea. La cupola è di stile neoclassico, priva di decorazioni. La chiesa è priva di abside e ha solo il coro. Erano previsti altri due altari che furono collocati postumi cioè nella metà dell’Ottocento.
Inoltre, nel 1775, prima di laurearsi, Gimma fu chiamato per restaurare la vecchia chiesa Matrice di Cellamare risalente agli inizi del Seicento, ad aula unica in cui inserì una serie di elementi decorativi. Nel 1776 restaurò la cupola della chiesa Matrice di Rutigliano: non essendo possibile recuperarla, dovette costruirla “ex novo”. La lanterna è tipica dello stile roccocò. Altre chiese ritoccate da Gimma sono state quella di San Giorgio Martire di Locorotondo, quella di San Francesco Dipaola a Conversano e la chiesa di Santa Maria dell’Assunta (1816) risalente alla sua maturità.
L’incontro si è concluso con l’intervento della presidente La Candia che si è congratulata con l’arch. de Pinto, ringraziandolo per la sua relazione ricca di particolari e di informazioni interessanti per l’arte del nostro territorio.
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