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Allémmèrse, voglia di fare impresa nella propria terra contro violenti e ignoranti La storia
15 luglio 2014

Una situazione straniante, paradossale, Allémmèrse. Con qualsiasi aggettivo la si qualifichi, risulta ancora lontana dal descrivere la situazione stessa. Un giovane, un sogno, quattro risparmi in tasca, la voglia di ritornare nella propria terra e tener fede alla promessa con cui “BollentiSpiriti” inviava quel giovane nel mondo. Corrado Minervini credeva, e spera di poterci ancora credere, nel sogno di rivitalizzare il centro di Molfetta attraverso il suo locale “Allémmèrse Lab café” situato in Piazza Principe di Napoli (accanto alla posta centrale). Esso nasce, infatti, con l’intento di creare un luogo dove si respiri cultura, un luogo di scambio oltre che di intrattenimento. Ne sono esempio i libri posti all’entrata del locale, i giornali sui tavolini, i quadri sui muri. Inoltre, nel locale sono state organizzate attività culturali che esplicassero i diversi linguaggi dell’arte, dal teatro alle arti figurative, dalla danza alla lettura. Ma, a volte, un sogno non basta. A volte, c’è bisogno che la realtà circostante partecipi affinché quel sogno si realizzi. È un po’ questo quello che Corrado Minervini chiede. Chiede che la violenza psicologica e fisica contro il suo locale cessi. Questi episodi sono iniziati con una campagna denigratoria di diffamazione attraverso blog locali. In seguito, sono stati sempre più frequenti gli interventi dei carabinieri che hanno puntualmente registrato come non ci fosse alcun problema e i ritrovamenti sul dehor, lo spazio esterno, di acqua e feci, olio, acqua e pesci vecchi, acido. Ultimo di questi episodi un provvedimento che ha messo sotto sequestro l’impianto audio, nonostante venissero rispettati gli orari previsti e fosse stata effettuata una perizia fonometrica sull’impianto del locale tarando i volumi e ponendo i sigilli ai volumi che superassero l’impatto acustico previsto per legge. A Corrado Minervini non resta che ricorrere alla legge e forse anche al buon senso e al dovere civico di ognuno. Se c’è qualcuno che tenta di ostacolare il suo progetto, d’altra parte ha sentito la solidarietà dei tanti che ancora vogliono crederci e hanno scritto una petizione a sostegno del locale. Alla banale domanda “Ma sei felice della scelta fatta? La rifaresti?”, Corrado Minervini risponde di esserne convinto e che solo il tempo decreterà se in questo sogno ci sia stato qualcosa di sbagliato. L’uccisione di una città, l’uccisione della cultura, è far credere ai giovani che un sogno possa essere sbagliato.

Autore: Maria Nicola Stragapede
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