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Allarme sicurezza a Molfetta: Collettivo Student* Molfettesi in Lotta, è ora di risvegliare le coscienze
29 marzo 2012

MOLFETTA - «Molfetta assiste nel suo solito torpore all'ennesimo atto di microcriminalità della sua storia, dal quale pareva essersi svegliata dopo l'omicidio del suo primo cittadino nel '92.Incendi di autovetture, scippi a pensionati e pensionate che hanno appena riscosso il poco di cui devono vivere, rapine ai supermercati e agli esercizi commerciali, baby-gang che seminano terrore in diverse zone della nostra città sono ormai all'ordine del giorno». Anche il Collettivo Student* Molfettesi in Lotta commenta lo straripante degrado sociale di Molfetta, riproponendo l’allarme sicurezza dopo i numerosi incendi di autovetture (ben 29 in appena 3 mesi)
«C'è effettivamente il rischio che tutto ciò sia avvertito davvero come "ordinario" dalla cittadinanza: è invece scoccata l'ora di risvegliare le nostre coscienze, prima che sia troppo tardi, come ci insegna il compagno Peppino Impastato, simbolo della lotta antimafia militante». Infatti, a parte i comunicati propaganda, l’amministrazione Azzollini non ha ancora programmato seri provvedimenti per arginare la criminalità locale (non sappiamo ancora se sia solo locale).
Secondo il Collettivo, presente anche in occasione della Giornata della Memoria delle vittime della mafia, non ci si può fermare a denunciare i livelli più bassi del cancro mafioso: «in pochi si ergono contro la "Mafia di Stato", l'omertà, di cui si fanno attivi portavoce i massmedia, gli appalti multimilionari del Ponte sullo Stretto e della TAV e la progressiva perdita dei diritti sul lavoro da parte di lavoratori e lavoratrici».
Contestata per quell’evento pubblico l’assenza di quasi tutte le forze politiche e giovanili, «brave a parole, ma non pervenute nei fatti, dentro e fuori dalle campagne elettorali». Ma il Collettivo punta il dito contro gli atteggiamenti di oscurantismo politico e informativo nei confronti dei casi dell'affondamento del motopeschereccio Francesco Padre in acque croate durante la guerra nell'ex-Jugoslavia e della "strage della solidarietà" consumatasi nella Truck Center quattro anni fa.
«Riteniamo sterile l'incremento di forze e mezzi al servizio dell'ordine pubblico, ma rilanciamo proposte più radicali di quello che può essere una risposta unicamente legalitaria: la strada delle riforme conduce a risultati parziali, lo insegna la storia recente - la posizione del Collettivo -. Bisogna rivoluzionare culturalmente e dal basso la nostra società, ripristinando in pieno la funzione civile degli istituti scolastici, limitata da scelte didattiche ministeriali, portate avanti indistintamente da governi di centrodestra e centrosinistra, ostaggio di scelte più propagandistiche che finalizzate alla crescita complessiva dello studente: lo studio della Costituzione è sempre più subordinato alle necessità dei professori di terminare i programmi ministeriali, sarebbe invece auspicabile affiancare, alla sua lettura ed interpretazione, una sua pratica reale nella società».
«Siamo contrari alla repressione e al costoso ordine sociale fine a se stesso - si conclude il comunicato -: la cultura è per noi la migliore ed unica arma, gratuita, per combattere la criminalità».
 
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La CULTURA! Il concetto di cultura degli ultimi decenni contiene in sé una conturbante ambiguità: se vogliamo comprendere le radici, dobbiamo tracciare la storia di questo termine nella progressione delle sue applicazioni. Esso apparve nella Grecia del VII e VI secolo prima di cristo, allorchè Archiloco, Saffo, e Anacreonte fecero per la prima volta esperienza della “divergenza tra desiderio e dovere, e tra dovere e necessità” e trasformarono le loro esperienze personali, mediante la poesia lirica, in un fenomeno sociale; allorchè un essere umano incominciò a venire considerato come una “persona” o come “in possesso di una personalità” e i greci, domando la natura, svilupparono la loro “techne”, l'arte della manipolazione e della trasformazione, del formare e dello strutturare, che li mise in grado di agire su tutte le cose, compresa la personalità dell'uomo. Gli antichi greci furono la prima, e, se consideriamo l'originalità della loro scoperta, la sola civiltà a guardare il mondo, compreso il mondo dello spirito, come un oggetto di coltivare. Il concetto greco di cultura venne reso immortale da Plutarco nella sua celebre metafora: la terra produce frutti dolci e maturi solo quando è coltivata da un colono abile e diligente che con costanza e fatica selezione il seme della qualità migliore. Analogamente, anche l'uomo richiede il seme migliore e la coltivazione più meticolosa. Mediante la coltivazione, sia che si tratti di “agri” che di “animi”, possiamo trasformare il deserto in terra fertile, ciò che è primitivo in perfetto, e ciò che è selvatico in addomesticato. Attraverso la coltivazione il suolo può essere in un uliveto o in una vigna; l'essere umano diventa uomo attraverso l'educazione, e questo processo viene compiuto dal mentore, che plasma l'uomo a partire dalla materia primitiva fornita dalla natura. Il mentore pianta il nobile seme del modo umano di vita e si dà cura della maturazione dei frutti: sono le sue cure e il seme che egli adopera a costituire i due elementi della “cultura animi”. Sappiamo tutti quello che accade in questa nostra società post-moderna! Il contrario di tutto e di tutti: il danaro la fa da padrone! Una società divisa in servi e padroni è destinata a soccombere.
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